giovedì 27 giugno 2013

Sotto lo scudo. Davide Giacalone

Viaggiamo dritti verso la sottomissione alla tutela della Banca centrale europea e al Fondo monetario internazionale. Sarebbe stato saggio negoziare lo scudo e avrebbe dovuto farlo il governo Monti. Adesso ci arriviamo, ma nel modo meno opportuno. Ancora una volta sarà utilizzato il vincolo esterno come unica arma capace di smuovere l’ebete immobilismo interno. E ciò, prima ancora che sconveniente, è umiliante.

Sarà bene non sottovalutare la sceneggiata dell’Iva, anche perché l’hanno vista in mondovisione. La destra chiede che sia cancellato il punto in più, previsto a partire dal primo luglio. La sinistra afferma che quell’aumento sarebbe un suicidio dei consumi, già declinanti. Le opposizioni si oppongono all’aumento, quindi convergono con la maggioranza nel reclamarne il blocco. Insomma: non se ne trova uno che sostenga l’opportunità di quell’aumento. Eppure non ci si riesce. Al massimo, e solo per evitare crisi politiche, ci s’approssima a un rinvio di tre mesi, il cui solo significato è: siamo già in coma, già inerti, già incapaci di agire.

Dovendo coprire tre mesi di mancato gettito aggiuntivo Iva, che poi non sarebbe stato né gettito né aggiuntivo, perché se la gente compra e fattura meno l’Iva cala comunque, ma dovendo onorare un’ipotetica iscrizione a bilancio, la fantasia governativa si rivolge verso la sollecitazione di altro gettito. Vuoi da accise (alcool) o altri balzelli. Far calare le tasse alzando le tasse, questa la ricetta miracolosa. Ricorda Sigmund Freud quando sosteneva che la cocaina è ottima per disintossicare i dipendenti da morfina o eroina. Poi s’accorse che si diventava dipendenti da cocaina. Curare la droga con la droga e le tasse con le tasse.

Perché andiamo dritti verso lo scudo, senza più forza per negoziarlo decentemente? Perché basiamo i conti su numeri che già sappiamo essere fasulli. Sia il calcolo del deficit 2013 che quello relativo al 2014 si riferiscono a ipotesi di pil decisamente più rosee della realtà. Questo significa che forse sforiamo già quest’anno, mentre per il prossimo non sarà disponibile il tesoretto su cui il governo contava. Recessione chiama recessione, dunque, con il debito che cresce in valore assoluto e relativo, cresce anche il suo costo che, spinto anche dal rinculo di liquidità previsto sui mercati globali, a sua volta, pesa sul deficit. Siamo una famiglia che spende più di quel che guadagna, ma non acquista nulla di nuovo. Una famiglia con costi fissi troppo alti e una banda di strozzini da foraggiare. Che fa una famiglia saggia? Taglia i costi razionalizzando i consumi e taglia il debito vendendo parte di quel che ha. Ma la famiglia Italia ha stabilito che non si può tagliare nulla, perché manco sappiamo come cavolo sono composti i costi fissi (spesa corrente), né si può vendere nulla. E allora? Allora si tassa, cioè si prende a chi produce per dare a chi distrugge.

In tutto questo, però, organizziamo sollazzevoli scontri fra gladiatori che si scannano, inzaccherando il pubblico con straordinari schizzi di sangue, zampillante da squarci inferti con il gladio giudiziario. Ma non muore mai nessuno, da diciannove anni sono sempre gli stessi e il giorno dopo li ritrovi belli freschi, ancora nell’arena. E tutto a spese nostre. Mentre, nel frattempo, sono state effettivamente macellate legioni di cittadini incappati nella malagiustizia, siano essi imputati o parti civili, cui i costi dell’inferno giudiziario e la violenza dei provvedimenti cautelari stroncano la vita. Che per loro è una sola, mica plurima come quella dei gladiatori. E se osano lamentare la follia del sistema li si mette prontamente a tacere: incivile, negatore del diritto, nemico della collettività. O, peggio: berlusconiano. Sono gli stessi chiamati a pagare il conto dell’immobilismo, giacché i veri democratici, la gente con coscienza e istruzione, i dotati di sensibilità etica, sono i primi a sostenere che i governi cascano o durano solo in ragione delle vicende giudiziarie di uno solo, mica a seconda che sappiano governare o meno.

venerdì 21 giugno 2013

Il volto della nostra giustizia

di Valter Vecellio
21 giugno 2013
«Le nazioni hanno il volto della propria giustizia», scriveva Albert Camus, su “Combat” del 5 gennaio 1945. Che volto ha il nostro paese? Che volto mostra, da anni, all’Europa e al mondo, l’Italia? Basterebbe fare una semplice operazione d’archivio: prendere le relazioni in occasione dell’apertura dell’Anno Giudiziario dal 2000 a oggi. Cambiano i Procuratori Generali, ma il contenuto delle relazioni, nell’essenza, dicono sempre le stesse cose, denunciano la stessa, grave situazione… «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». La Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha disposto risarcimenti a persone riconosciute vittime di violazioni per 176 milioni di euro. Di questa rispettabile cifra, circa il 70 per cento (120 milioni di euro), sono a carico dell’Italia. Al secondo posto la Turchia, con 23 milioni: e poi la Russia, con 7 milioni di euro. Si tratta di cifre ufficiali contenute nel “Rapporto del Consiglio d'Europa sull'esecuzione delle sentenze della Corte” (Supervision of the execution of judgments and decisions of the European Court of Human Rights. 6th Annual Report of the Committee of Ministers).

Milioni di euro, e ovviamente chi paga è il contribuente. A causa delle sentenze inapplicate il nostro paese è inoltre nel gruppo di testa dei "sorvegliati speciali" dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. I 120 milioni di euro di indennizzo che l’Italia è condannata a pagare sono la cifra più alta mai pagata da uno dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa. L'Italia resta anche nel 2012 lo Stato membro del Consiglio d'Europa con il più alto numero di sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo ancora da eseguire: ben 2.569. Dietro il nostro paese ci sono la Turchia con 1.780 sentenze non eseguite, e la Russia con 1.087. «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». Il “piano” risale al giugno del 2010; poi è stato rivisto e attualizzato nel 2011, dal Comitato di indirizzo e controllo. Si prevedeva la programmazione di risorse per 675 milioni di euro e la conseguente realizzazione di 11 nuovi istituti (secondi padiglioni per complessivi 9.150 posti detentivi).

“Piano”, a quanto pare, abortito, comunque mai partito. Il CIPE ha tagliato i fondi e rimodulato il piano senza valutare l’urgenza che attiene al trattamento penitenziario. Inoltre sono stati eliminati i finanziamenti per la sopravvivenza degli istituti esistenti. Emblematico quanto denuncia la UIL Penitenziari Sicilia: “Nel 2012 la polizia penitenziaria siciliana ha effettuato 18.230 servizi di traduzione per un totale di 45.064 detenuti tradotti per un costo complessivo che si può prefigurare tra i 4 e i 4,5 milioni di euro”. Una movimentazione di carcerati enorme: più di quattro al giorno, domeniche e feste comprese. “Detenuti tradotti per motivi sanitari 7.566, per permessi con scorta 4.595. Le traduzioni con autoveicoli 17.374, quelle per via aerea 606, per via mare 171, pedonali 87.

I detenuti tradotti classificati comuni o a media sicurezza sono stati 30.398, quelli classificati ad Alta Sicurezza 13.739, i detenuti tradotti e sottoposti al 41-bis, 17, i collaboratori di giustizia o loro familiari 117, gli internati 810”. A fronte di questo colossale via-vai, le unità di polizia penitenziaria impiegate in servizi di scorta sono state 77.168: una media di 1,2 unità di polizia penitenziaria per detenuto tradotto. Non solo: circa l’60 per cento degli automezzi destinati alle traduzioni sono fuori uso, un altro 30 per cento è da considerarsi illegale perché privo dei collaudi di affidabilità o perché quei collaudi non sono stati superati: insomma in tutta la regione su 140 mezzi destinati, ne funzionano solo 50. Appunto: «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». (l'Opinione)
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21 giugno 2013

I giovani d’oggi che te la menano sul futuro incerto. Con tutti i privilegi che hanno. Cristo santo. Nati troppo tardi per ricordarsi la battaglia di Valle Giulia, i boat people, Giovanna Ralli che vendeva i carciofi con la scollatura fin qui, le serpentine di Lennart Skoglund dopo aver tracannato il suo paio di bourbon, la crisi dei missili a Cuba, le sviolinate a Vittorio Gregotti quando ideò quel cesso di Zen, mentre fischi a Gualtiero Jacopetti, perché non lisciava il pelo per il verso dovuto, e insomma, sono immemori di tutto questi giovani d’oggi, poi chiedi loro se s’interessino a qualcosa, se esista mai un argomento che li appassioni, e scopri che non stanno attenti nemmeno all’evoluzione del pensiero politico di Pippo Civati.

mercoledì 12 giugno 2013

La privacy del (te)Soro. Davide Giacalone

Dubito che dalle parti di Google, Facebook, Amazon, o Apple abbiano perso il sonno alla notizia che il garante della privacy italiano, Antonello Soro, ha deciso di limitare il loro potere. Si saranno domandati: who is iSoro? Non è escluso che convenga domandarcelo anche noi, facendo due conti su quel che costa e a cosa serve l’Autorità che presiede.

In poche parole Soro ha annunciato al Parlamento italiano che non si può andare avanti con i giganti del web che accumulano nostri dati personali, senza neanche consultare lui su come utilizzarli. Peccato, però, che i servizi offerti da quei soggetti non sono solo molto appetiti dal pubblico, ma comportino proprio una volontaria cessione di privacy. Non che la cosa non abbia profili delicati, naturalmente, ma vale la stessa inquietudine, ad esempio, per le carte di credito e le compagnie telefoniche, tutti operatori in possesso di dati rilevantissimi circa la nostra privacy. Eppure, fin qui, le varie Autorità non sono riuscite a fare altro che produrre montagne di moduli che ci tocca firmare, naturalmente senza mai averne letto il contenuto e senza nulla aspettarci dai loro effetti.

Per non farsi mancare nulla Soro ha anche detto che nei prossimi giorni arriverà un bel provvedimento sulle intercettazioni telefoniche, perché non è bello che siano così abbondantemente riprodotte dai media. Ha veramente ragione, ma dov’erano, lui e la sua Autorità, nel mentre venivano diffuse a pienissime mani? C’è notizia di un solo provvedimento che abbia impedito qualche cosa? Nulla. Sicché giungiamo alla prima conclusione: la relazione annuale, che l’Autorità per la riservatezza dei dati personali rende al Parlamento, è un obbligo di legge, una pura formalità, un atto dovuto. Nonché totalmente inutile.

Il primo garante della privacy fu Stefano Rodotà, già parlamentare, già presidente del Pds. Certo, anche professore di diritto. Il secondo fu Francesco Pizzetti, anch’egli professore di diritto, nonché consulente di Romano Prodi e vice sindaco di Torino. Una carriera politica di minore visibilità, ma eguale ricollocazione protetta e sicura, nonché un’efficacia altrettanto trascurabile. Il terzo è l’attuale, Soro, appunto, la cui specialità è la dermatologia e la cui carriera è quella di parlamentare dell’Ulivo. La seconda cosa è ammirevole, benché sia singolare che tutti i garanti vengano dalla stessa area politica, ma la prima porta ad una reazione epidermica. Accentuata da alcuni numeri.

Eccoli: le sanzioni comminate dall’Autorità ammontano a 3 milioni 800 mila euro; il costo (annuo) di presidente e collegio supera 1 milione; quello del personale si aggira sui 12; spese, coperte pressoché esclusivamente con soldi dell’erario, 30. Diciamo che ha una resa del 10%. So già che contesteranno tutto, ma spero non mi rimproverino di avere violato la loro privacy.

Porto il mio piccolo contributo scientifico: una cosa è controllare, altra spiare. Le telecamere per strada sono utilissime, come anche il sistema Tutor in autostrada. Monitorare quel che accade sul web aiuta a prevenire. La localizzazione dei telefoni cellulari può risultare preziosa. Tutto questo è controllo. Occuparsi dei fatti miei e usarli per sputtanarmi o ricattarmi è spiare. Dice Soro che non condivide il sistema Usa, dove si controlla molto e spia poco. In Italia si spia tanto e controlla poco. Così, a pelle, mi pare che quell’Autorità sia un costo inutile.

Pubblicato da Il Tempo

domenica 9 giugno 2013

Battiam battiam le mani. Aldo Reggiani


Quando eravamo piccini
la nostra maestrina
con la più gran disciplina
tutti faceva filar
lei ci metteva in riga
gridando “fate attenzion

adesso marcerete
cantando questa canzon”

Battiam battiam le mani
arriva il direttor
battiam battiam le mani
all’uomo di valor
gettiamo tulipani
e mazzolin di fior
cantiamo tutti in coro
evviva, evviva
ed una coppa d’oro
doniamo al direttor.
E finalmente a vent’anni
dicemmo è finita
ora ci porta la vita
giorni di felicità
ma presto tutti quanti
dovemmo constatar
che per andare avanti
sempre si deve cantar
Battiam battiam le mani
arriva il direttor…..”

Così recitava il testo della canzoncina Arriva il Direttore negli anni Cinquanta, portata al successo da Carla Boni e Gino Latilla, dal Quartetto Cetra e da Natalino Otto.
Ed ora è tutto un battiam battiam le mani a quel terrificante Direttorio Europeo – vedi La Grecia affamata e distrutta dalla Troika – che ci ha graziosamente tolto dalla procedura di infrazione, alzando però il ditino per raccomandarci di continuare il cosiddetto risanamento, sconsigliando l’abolizione dell’Imu e altri provvedimenti e di proseguire sulle riforme.
Non a caso il Draghi, prima delle ultime elezioni politiche, disse che poco importava chi le avrebbe vinte, poiché era stato inserito il “pilota automatico”.
Come, senza possibilità di fraintendimenti, denunciava a Ballarò l’economista Jean-Paul Fitoussi .
Lo stesso Draghi – uno della nidiata, per interderci, insieme al Prodi, al Monti, al Ricuccio Letta e ad altri, del Premiato Kinderheim “Bilderberg-Trilateral-Goldman Sachs” - che nel 1992 durante una riunione sul Panfilo Reale Britannia dava il via ad una prima svendita del Belpaese.
Previo sputtanamento dell’Italia da parte del combinato disposto delle Agenzie di Rating.
(Ricorda qualcosa?)
Operazione perfettamente riuscita, come da Lo strano caso di Mister Drake e da La privatizzazione dellIri negli anni Novanta e le sale bingo di D’Alema, durante quei Governi della Sinistra tra il 1996 e il 2001 del Prodi e del D’Alema dei quali pur si disse che a Palazzo Chigi si era installata l’unica Merchant Bank al mondo in cui non si parlava inglese.
Quel Prodi, dunque, che, come documenta Riccardo Ghezzi in De Benedetti e la sinistra, storia di un’alleanza che ha svenduto l’Italia, nel 2006, tornando a Palazzo Chigi, ci beneficiò per sovrammercato, anticipando l’arrivo di Monti, del primo Governo Goldman Sachs.
Completando lo sterminio del Sistema Italia, come impietosamente fotografava fin dal 2007, Marco Della Luna in La privatizzazione finale dello Stato .
E dire che il Mortadella – il miglior Presidente del Consiglio che l’Italia abbia mai avuto, come disse, all’epoca della sua nomination, aOmnibus, su La7, quel pur logorroico mostro d’intelligenza della Senatrice Pd Laura Puppato, senza che nessuno la prendesse a pernacchie – volevano mandarlo al Quirinale….
Ma tutta la sordida operazione che portò alla forzata defenestrazione del Cav nel 2011, che cercava di opporsi, pur tra cori di fischi, pernacchie e lancio di gatti morti in Italia e in Europa, ad un’altra rapina, la spiattelava Franco Bechis ne Il passo indietro di Berlusconi? Costretto da un ricatto per cui ad imporre il Monti piovve addirittura a Roma la marionetta dei Poteri Forti Van Rompuy: “«Non esiste alcuna possibilità di elezioni». Alfano è rimasto di sasso. Chi ha accompagnato Van Rompuy all’uscita si è sentito dire: «Il vostro tempo è fino a lunedì. All’apertura dei mercati se non avete risolto con Monti, ci sono grandi banche internazionali pronte ad offrire quantità impressionanti di titoli di Stato italiani. Sembra che lo faccia la China investment banking, la Goldman Sachs e altri… Gli spread schizzerebbero e l’Italia si avvierebbe alla situazione greca»”.
Come confermava, prendendo le parti al Parlamento europeo del Popolo italiano, l’orgoglioso suddito della Perfida Albione Nigel Farage: Governi fantoccio per Grecia e Italia, il piano di dominio Germanico , circa la “democrazicida”, ignobile operazione che non si era resa necessaria per imporre all’Italia quelle Riforme delle quali starnazzano a Bruxelles, bensì per motivi mooooooolto più prosaici.
Quelli che infatti Giuliano Ferrara spiegava in Fondamentali buoni, il resto merda laddove il 5 novembre 2011 scriveva “Giusto ieri un banchiere mi raccontava per filo e per segno come hanno fatto francesi e tedeschi a trasferire sul groppone del sistema bancario italiano il peso, insostenibile per le loro banche, del debito greco insolvente. Il G20 ha seguito. Con quella specie di amministrazione controllata che non ferisce l’orgoglio, peraltro scarseggiante, ma dà una indicazione che il paese si appresta a seguire con una probabile mascherata, malgrado un capo dello Stato indisponibile alle manovre di Palazzo troppo spinte. Giochi di alta finanza, un gioco da ragazzi. Siamo un paese solidissimo, ma ci siamo privati di un dettaglio: la guida politica”
E nel quale anticipava ciò che con il Monti, quello dei “compiti a casa”- do you remember? - dettati dalla Merkel, sarebbe accaduto: “Con un’Italia normalizzata, alla quale arriveranno le briciole impettite e tecniche di tutta questa merda, i tedeschi potranno riprendere a fare shopping in giro per il mondo e i francesi cureranno con i resti dei cugini la loro disoccupazione e il loro deficit, più alti del nostro, per non parlare, come dicevamo all’inizio, del risanamento finanziario e bancario a spese del patrimonio immobiliare degli italiani.”
Insomma, per la serie “Cavallo vincente non si cambia”, perché, hanno pensato gli Einstein delle Lobby europee e mondialiste, non ripetere l’operazione degli anni Novanta?
Tant’è che lo stesso Magdi Cristiano Allam, uno di quelli svegli che fin dall’inizio ha mangiato la foglia, in L’ombra della dittatura informatica rincarava la dose scrivendo: “La presenza di Monti ai vertici di Goldman Sachs, Moody’s, Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale e Centro studi Bruegel attesta senza ombra di dubbio la sua identità di uomo dei poteri finanziari forti che hanno creato il cancro dei titoli tossici e che controllano i governi e le banche. Monti, nonostante la più alta imposizione fiscale al mondo ha fatto salire il debito pubblico e fatto calare il Pil, sta condannando a morte le imprese, sta riducendo gli italiani in povertà e sta negando ai giovani certezza nel presente e speranza nel futuro.
Non accade perché Monti è un incompetente ma perché sta attuando rigorosamente la missione: salvare le banche e riciclare i titoli tossici, in una dittatura finanziaria in cui la persona viene ridotta a semplice strumento di produzione e consumo della materialità.”
T’è capì?
Per cui fino a quando non si prenderanno seri, duri e coraggiosi provvedimenti per riformare e democratizzare profondamente – come da sempre, per buona memoria, predica, inascoltato, il Cav – questa Europa dei Poteri Forti egemonizzata da una Germania che per prima trucca le carte, non se ne verrà fuori.
Come finalmente informava senza mezzi termini a Piazza pulita il 20-05-2013 Claudio Borghi .
Perché quelle indicate dal Borghi e dal Fitoussi, care le mie Bambole di Pannolenci, sono la vere cause delle miserande condizioni in cui ci ritroviamo.
Non solo noi, ma mezza Europa.
Il tutto - è intrigante notare – mentre i centosessanta e più adepti della sgrillettata “conventicola rivoluzionaria dove germina la rispettabilità dell’avvenire” (Niente di nuovo sotto il sole), dopo esser approdati al Parlamento forniti dell’ultimo modello, ancorché magari elettrico, di apriscatole, si stanno accapigliando in perfetto stile “all’italiana” (per spiegazioni sul doppio significato del termine vedi Una Boldrini all’italiana), sugli stipendi, sulle trasferte, sugli scontrini e sulle “spie” interne alla loro conventicola.
Laddove il loro Capataz, per la serie “Il Grillo è mobile, qual piuma al vento; muta d’accento e di pensiero“ scopre improvvisamente che due suoi candidati alla Presidenza della Repubblica, la Gabanelli e il Rodotà, sono indegni figuri.
Ma sbaglia chi pensa che il Grillo sia matto: come dice Polonio osservando lo strambo comportamento di Amleto: “C’è del metodo nella sua follia”.
Subdolamente, infatti, intanto che andava predicando che la sua conventicola non avrebbe governato con nessuno, dopo le elezioni si mise a vellicare, da “cortigiano vil razza dannata” quale in effetti è – vedi cosa dice il trattato indù sull’arte di governare “Kautalija Arthashastra” circa saltimbanchi, comicaroli, nani da circo e menestrelli quando si immischiano,vedi anche il Benigni e il Fo, di Politica - il vetero comunista Bersani, proponendogli di realizzare subito il sogno da sempre, pur in segreto, accarezzato da tutti i vetero comunisti - ancorché quelli, come hanno dimostrato gli esiti delle famose, eccitanti Primarie, che ancor copiosi abbondano tra gli elettori del Pd – di eliminare per ineleggibilità e rilettura del dispositivo sul conflitto d’interessi, come primo ed urgente atto di Governo, colui che aveva preso la gioiosa macchina da guerra occhettiana e l’aveva fracassata con un calcio.
Fidando sul fatto che il comunista, ancorché vetero, cova la vendetta a lungo.
“Lap lap lap”: che megagalattico leccaggio di culo, ragazzi miei…..
Ed il vetero comunista di Bettola aveva pure abboccato come un gonzo.
Quando invece il Don Abbondio di Genova, pur avendo dichiarato più e più volte di aver una paura barbina degli italici Magistrati – conoscendo evidentemente molto bene come funzionano le cose nelle Procure italiane, vedi Un’italica Clockwork Orange - si è guardato dall’inserire nel programma dalla sua moralistica, rivoluzionaria conventicola uno straccio di Riforma della Giustizia – e Dio solo sa se il Belpaese ne ha di bisogno, con cinque milioni di processi penali inevasi, tranne naturalmente quelli del “Propenso a Delinquere di Arcore” - vedimai gli piovesserio sul groppone Avvisi di Garanzia a go-go. Ma si può capire: il suo antenato manzoniano soleva dire “ Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Nel frattempo - udite udite - milioni di italiani che hanno votato per protesta per la sgrillettata “conventicola rivoluzionaria dove germina la rispettabilità dell’avvenire“, sono oggi rappresentati in Parlamento da gente che ha magari ottenuto una quarantina di ”Like” di parenti e amici su Internet – roba che il Porcellum è uno scherzo - del calibro di una certa Senatrice, pardon, “Cittadina” Senatrice, della quale narra l’eroiche denuncie antilobbiste Filippo Facci in “Ci hanno scoperto”, su Libero del 31 maggio.
“I grillini. Puoi prendertela con chi vi­va almeno in questo sistema solare: ma, a questi, tu gli indichi una mela e loro vedono un cammello. Non ser­vono neppure il sarcasmo, l’ironia, la pazienza: non capiscono, punto, non hanno le basi di niente, sono bambi­ni. L’altro giorno una senatrice, Pao­la Nugnes, è intervenuta in aula e si è scagliata contro «una precisa lobby che è salita al potere»; ha additato l’associazione «Vedrò», fondata nel 2005 da Enrico Letta, e ha denunciato che vi aderiscono «ben sette persona­lità trasversali del governo», più altri come Passera, Carfagna, Giorgetti, Serracchiani, Renzi, Tosi, De Magi­stris ed Emiliano, «con l’illustre par­tecipazione del figlio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e tanti giornalisti illustri come Curto (sic) Maltese, Filippo Facci, Davide (sic) Parenzo e Giuseppe Cruciani, tutti impegnati in un disegno politico comune che ci inquieta». Quale? «Privilegiare gas e idrocarburi». Ecco, ci hanno scoperti. Ora: «Vedrò» è un’associazione che organizza in­contri e convegni. Nell’inquietante elenco, che è in rete, la Nugnes avreb­be potuto aggiungere altri lobbisti, cioè semplici partecipanti: Enrico Bertolino, Andrea Camilleri, Cristia­na Capotondi, Luca Carboni, Lirio Abbate dell’Espresso, Stefano Feltri del Fatto, Cesare Prandelli e Jury Chechi. Ma è inutile spiegare. Sul profilo Facebook della senatrice, sot­to il video dell’intervento su «Vedrò», si commenta: «Ecco il motivo delle sofferenze degli italiani».
Perché questo, siòre e siòri, è lo spessore neuronale di quel tanto agognato “nuovo che avanza”.
Ragion per cui vien alla mente il titolo di un film del grande Giancarlo Cobelli con Lando Buzzanca, Paola Pitagora e Barbara Steel: “Fermate il mondo…voglio scendere!”.Altro che “Battiam battiam le mani”. (the Front Page)
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9 giugno 2013

Aveva cominciato col dire “non ho nulla da eccepire, hanno semplicemente applicato la legge”. Poco dopo Antonio Ingroia, in base a un singolarissimo concetto di coerenza noto fino in Guatemala, si appellava al Csm e al Tar contro la sua assegnazione al tribunale di Aosta. Il Csm, pur di acquietarlo in qualche modo, veniva meno a un criterio generale applicato in altri casi consentendogli di restare nei ranghi della pubblica accusa invece di spostarlo in quelli della magistratura giudicante. Ma sempre ad Aosta. Il Tar deve ancora rendere nota la sua sentenza, ma ovviamente nel frattempo il trasferimento non è bloccato. Che sia così lo può far intendere ai suoi lettori giusto il Fatto, che peraltro ieri aggiungeva che Ingroia non ha ancora nemmeno messo piede nel suo ufficio aostano. Non è proprio così perché nel nuovo posto di lavoro almeno un giorno si è dovuto far vedere. E’ stato ricevuto in pompa magna, gli è stato mostrato l’ufficio che era stato approntato con tanto di targa col suo nome e poi è stato portato a pranzo. Il nostro eroe ha ringraziato annunciando che intendeva mettersi in vacanza da subito. Da allora ad Aosta non l’hanno più visto ma ne hanno letto le gesta. Consistite in varie interviste, nella partecipazione a un convegno in Brasile, e in riunioni di costituzione del movimento politico da lui fondato. In tutto ciò quello che stupisce è che abbia dovuto segnalare la situazione il capo della procura di Aosta. Csm, procuratore della Cassazione e ministro della Giustizia evidentemente non se ne erano accorti.
di Massimo Bordin@MassimoBordin

venerdì 7 giugno 2013

Perché Grillo attacca il PD (non è per quello che pensate voi). Christian Rocca

C'è gente convinta che Grillo abbia iniziato ad attaccare in modo apparentemente insensato il PD, la sinistra, Rodotá, Gabanelli, Formigli, Floris perché terrorizzato dall'Opa di Pippo Civati, di Left e di non so chi altro su un pugno di suoi parlamentari. Grillo, secondo me, ne è spaventato più o meno quanto Mauro German Camoranesi quando si trovava di fronte Gresko o Georgatos. A me pare evidente invece che la strategia di Casaleggio sia opposta: vuole distanziare il movimento il più possibile dal PD, dalla sinistra e dai suoi punti di riferimento giornalistici e politici che in questi mesi hanno provato, riuscendoci, in funzione antiberlusconiana a descrivere il M5S come una costola della sinistra.
Il risultato è stato un crollo del voto ai 5 stelle, prima in Friuli e poi alle amministrative, perché sappiamo tutti che i voti ai 5 stelle sono in maggioranza voti ex leghisti, ex berlusconiani, populisti e qualunquisti delusi che tendono a votare più il fronte berlusconiano che l'area Zagrebelski (con l'eccezione di Di Pietro: ma è sinistra o destra Di Pietro?). Scusate: se non sei di sinistra, sei deluso dagli anni di Berlusconi e quindi hai votato Grillo, nel momento in cui lo vedi flirtare suo malgrado non col PD ma con l'ala estrema della sinistra ti viene l'orticaria e quindi non lo voti più. È successo questo e Grillo sta provando a far capire che lui non c'entra niente con la sinistra e non ha alcun interesse a partecipare al processo di rinascita della sinistra.-sinistra. Questo ragionamento vuol dire due cose: uno che la sinistra, come al solito, non sta capendo niente e, due, che la strategia di Grillo sta funzionando e potrebbe presto far recuperare i voti di centrodestra che, attenzione, alle amministrative non sono tornati a casa, ma si sono astenuti. La situazione è quindi peggiore di quanto sembri e invece di guardare alle cose interne al PD bisognerebbe dare uno sguardo alla totale assenza del centrodestra. (Camillo blog)

domenica 2 giugno 2013

Il Paese è un bordello ma è reato fornicare. Vittorio Feltri

Non ci addentriamo nei grovigli della legge che punisce l'induzione e lo sfruttamento della prostituzione. Non ci intendiamo né di mignotte né degli affari che girano intorno ad esse. Però non possiamo non dirci impressionati dalle pene richieste dai pm per Emilio Fede, eccellente giornalista televisivo che non ha mai nascosto di essere ferocemente berlusconiano, Lele Mora, agente dello spettacolo, e Nicole Minetti, avvenente igienista dentale ed ex consigliera regionale: sette anni di prigione.

Sono accusati di avere procacciato fanciulle più o meno in fiore destinate a rallegrare le feste eleganti nella villa di Arcore, proprietario e anfitrione Silvio Berlusconi. Condanne così pesanti sono insolite. Vengono rifilate di norma ad assassini, rapinatori, violentatori. Ci è difficile credere che i tre imputati in questione si siano macchiati di reati talmente gravi da meritare castighi di simile pesantezza. Ma, ripetiamo, desideriamo astenerci da giudizi di carattere tecnico. Osserviamo piuttosto i fatti dal punto di vista del costume.

Prima annotazione. Le strade, dopo il tramonto, ma anche prima, sono piene di ragazze - molte delle quali palesemente minorenni - che si offrono a pagamento. Le contrattazioni e gli adescamenti avvengono sotto gli occhi di tutti, e le consumazioni (passateci il termine), pure. Le auto in cui si svolgono gli esercizi carnali sostano a pochi metri dalla postazione della escort. Questi commerci non sono quindi segreti. Chi, titolato a farlo, volesse stroncarli ci metterebbe cinque minuti. In realtà, nessuno interviene. Le signorine (poco più che bambine) sono in prevalenza reclutate all'estero da farabutti dediti all'inganno, alla intimidazione e perfino alla tortura. I quali persuadono le vittime a lasciare il loro Paese e a trasferirsi da queste parti con la promessa di un lavoro nobile e redditizio. Poi invece le costringono a battere. Come? Con le minacce e le percosse. L'incasso della giornata e della serata è requisito dai magnaccia.
Qualunque cronista anche alle prime armi sa che la prostituzione è questo schifo. Per combatterla e porvi fine basterebbe arrestare quelli che dirigono il traffico e persuadere le loro «schiave» a ribellarsi in cambio di protezione. Ma ciò non succede che rare volte. Nel settore zoccole non si ficca il naso nella convinzione che non serva: il mondo non si redime. Da millenni in effetti parecchie donne vendono il corpo. Lo fanno per necessità, per arricchirsi, per tirare a campare, perché obbligate da canaglie. E da millenni c'è chi, pagando, si toglie lo sfizio di possederle. L'offerta di professioniste del ramo è commisurata alla domanda.

Le forze dell'ordine si muovono solo se comandate. Evidentemente manca chi comanda e, quand'anche ci fosse, l'indagine si esaurirebbe in una bolla di sapone. Non penso che la magistratura abbia l'interesse ad agire se non mossa da un forte allarme sociale. Nel caso di Berlusconi e delle sue feste eleganti, viceversa, si è mobilitato l'universo con l'esito che conosciamo. Ruby nega di aver avuto rapporti con l'ex premier. Nega altresì di aver preso quattrini per tacere. Non risultano movimenti di denaro sui conti della ragazza.

Poi ci sono le olgettine. Non ne ricordo il numero. Erano ingaggiate, e foraggiate, per partecipare agli intrattenimenti di Villa San Martino. Scopavano con il padrone di casa o no? Chi può dirlo? Supponiamo che lo facessero. È forse vietato scopare? Chi non scopa? Chi non ha omaggiato di una cena una signora o di un gioiello o di un mazzo di fiori o di mille euro? Dov'è il reato? Si dice che Fede, Mora e la Minetti si prestassero a organizzare le orge. Nel senso che rastrellavano le aspiranti ospiti del Cavaliere. Però non le retribuivano. Le invitavano per conto del Principe. Invitare non significa indurre alla prostituzione. Ipotizziamo che il Principe suddetto, soddisfatto della compagnia, provvedesse a regalare banconote alle estemporanee compagne. E allora? Un regalo non è una marchetta. Comunque che c'entrano Fede, Mora e la Minetti? Chi è in grado di provare che fossero al corrente del ruscello di quattrini?
Seconda annotazione. In tribunale è stato ribadito dalla pubblica accusa che le signorine erano attratte ad Arcore dalla prospettiva di facili guadagni, agevolazioni per entrare nel baraccone dello spettacolo e della tv. Da Adamo ed Eva ai nostri giorni varie persone di genere femminile e genere maschile usano darsi nella speranza di un adeguato compenso.
Terza annotazione. Leggendo i resoconti dei processi piccanti si ha la sensazione che si voglia colpire il libertinaggio (cugino della libertà) e chi vi si abbandona infischiandosene di nascondere i propri peccati. Peccati, non reati. In tutto ciò emerge chiaramente un rimpianto dell'ipocrisia che in altri tempi era di rigore per celare le scostumatezze: un richiamo alla castigatezza, la voglia di reprimere gli impulsi sessuali o almeno di impegnare le persone dissolute a fornicare di nascosto, possibilmente al buio e gratis.
Strano che i giudici invadano un campo di pertinenza dei preti, i quali per altro misero al rogo streghe ed eretici, poi però hanno sempre tollerato chi commette atti impuri, forse perché ne commettono anche loro. Un pm che fa discorsi da parroco e da parruccone manda segnali inquietanti: stiamo tornando al puritanesimo? Probabilmente sì. Difatti, anche la politica ha innestato la retromarcia. Una volta la sinistra libertaria predicava addirittura l'amore di gruppo, adesso mostra di prediligere l'amore solitario, capirai che progresso. I sessantottini sono diventati pudichi, considerano l'erotismo una squallida pratica tipica dei reazionari, dei sessisti e dei maschilisti. Il sesso è concesso ai gay, ma se un eterosessuale si sfoga a modo suo è da perseguire in via giudiziaria. Ultima annotazione. Siamo tutti edotti che l'Italia stia andando a puttane, ma siamo stupiti che a puttane ci vadano gli italiani. Ci pare una contraddizione. Non avremmo mai immaginato che in assenza di valori, la sinistra rivalutasse la masturbazione e si facesse paladina della castità. Non c'è più religione. (il Giornale)