Alla vigilia del 25 aprile scoppiano le polemiche nelle città dove, a settant’anni di distanza, il buon senso timidamente s’affaccia. I meriti dei partigiani vanno ridimensionati, al netto della retorica, di fronte a quelli straordinari degli angloamericani. La vogliamo dire tutta? Il 25 aprile è una bufala bell’e buona, per come è stato costruito, per come viene ricordato, per quel che rappresenta e che invece dovrebbe rappresentare.
La data sbagliata
Che è successo il 25 aprile 1945 a Milano? Proprio niente. O meglio: si è tenuta una marcia, una di quelle che quotidianamente si tenevano lungo il corso principale delle città liberate dall’occupazione tedesca. Quella di Milano era partecipata, certo. Era più solenne delle altre? Non risulta. Quella di Genova, quella di Brescia, quella di Bolgna furono celebrazioni durate più giorni. A Milano no. E soprattutto, non vi fu alcuna battaglia il 25 aprile. Gli scontri decisivi si ebbero il 23 e il 24 aprile. La mattina del lunedì 23 aprile ’45 gli angloamericani incontrarono sul campo della guerriglia urbana i comandanti militari del Cln e consegnarono loro alcune armi. Milano fu fuoco e fiamme per ventiquattro ore senza sosta. Il martedì 24 al pomeriggio si presero gli ultimi ostaggi, e si liberò la città: la sera corso Buenos Aires fu percorsa dai carri armati del 4° corpo d’armata Usa, che fu quello che liberò da solo Milano, dove Piazza Duomo venne rivestita a stelle e strisce.
“Venticinque Aprile” ?
Come andò davvero che si finì per identificare la Liberazione dal nazifascismo con la data del 25 aprile? Fu soprattutto a causa di una richiesta del comando britannico. Londra aveva l’esigenza, già messa in atto in tutti gli altri casi, di fissare sul calendario una data “deadline” per stabilire le responsabilità militari, istruire la giustizia di guerra, pianificare il rimpatrio dei “combat groups” per avvicendarli con i battaglioni delle truppe da occupazione, capeggiate da ufficiali del genio e dalla magistratura militare. La richiesta di individuare la data si fece pressante presso il Cln che considerò il lunedì 23 come inizio dell’impresa e il 24 come sua felice conclusione. Ma entrambe le date vennero scartate: il compleanno di Hitler (nato il 20 aprile) si celebrava a Berlino quel lunedì 23, e far coincidere le cose non era possibile. Il 24 aprile in Germania era festa nazionale, non di natura politica ma di antica tradizione: era la festa di Primavera, diventata nel corso del tempo il Giorno della Natura. Tant’è: la data della festa antinazista non poteva coincidere con il giorno di festa ufficiale in Germania. Eccoci al 25 aprile.
Giornali liberi e “liberati”
Il fascismo, la guerra, la Repubblica Sociale occupata dai nazisti avevano messo il bavaglio ai giornali. Descrive il clima confuso e surreale di quei giorni, con dovizia di particolari, Paolo Murialdi nella sua “Storia del giornalismo italiano”. “Il 23 aprile si discute a Milano del futuro della stampa. C’è chi vorrebbe cancellare per sempre le testate compromesse con il fascismo, come si è fatto in Francia. C’è chi sostiene che nel nuovo Stato democratico dovranno esserci soltanto i giornali di partito. Su questo tema si svolge un dibattito tra Gaetano Baldacci, sostenitore dei giornali di partito, e Mario Borsa, futuro direttore del ”Corriere della Sera“, il quale ritiene indispensabile l’esistenza anche di quotidiani svincolati dai partiti. Gli Alleati, dal canto loro, fanno sapere ai responsabili del Cln Alta Italia di considerare necessaria almeno nelle grandi città l’uscita di un quotidiano indipendente. Il Comitato Stampa del Cln stabilisce invece che accanto ai giornali del Pwb, escano soltanto gli organi dei partiti, i fogli cattolici non compromessi e i nuovi quotidiani promossi dai Comitati di Liberazione. A Milano le autorizzazioni del Comitato Stampa sono poche: inizialmente ”L’Italia libera“, organo del Partito d’Azione, ”L’Unità“ e ”L’Avanti“. Non tutti si adeguano, però. Nella notte del 24 aprile, consapevoli che il Cln ha un gran da fare, Mario Borsa e Gaetano Afeltra lavorano tutta la notte, con un pugno di giornalisti. Tirano giù le bozze di un foglio che portano in tipografia pedalando in bicicletta: ”Il Nuovo Corriere“. Esce nelle mani degli strilloni, sporco d’inchiostro, la mattina del 25 aprile. Il titolo: ”Milano è stata liberata“. E’ il 25 aprile, ma si riferisce al 24. L’iniziativa non viene vista di buon occhio, il Corriere ha troppe complicità con il regime da farsi perdonare, e gli strilloni che annunciano la ”Liberazione“ vengono bloccati per strada. Racconta Murialdi: ”Il Cln Alta Italia e il nuovo prefetto di Milano, l’azionista Riccardo Lombardi, danno ordine di bloccare il giornale“.
Chi ha ”liberato“ Milano?
Posto che in Italia si è combattuta una guerra civile per molti aspetti simile a quella che c’è stata in Spagna, ma dall’esito diverso, è interessante notare come il termine ”liberazione“ sia stato applicato solo da noi. Gli americani e gli inglesi hanno combattuto una guerra di posizione, avanzando fino all’arco alpino e lasciandosi dietro un Cln con il compito, come era accaduto in Francia, di riorganizzare lo Stato. Il compito dei partigiani è stato importante soprattutto dopo il successo delle operazioni militari di avanzamento degli alleati. Nessuna operazione conclusa dai partigiani, va ricordato, avrebbe avuto esito positivo senza la imprescindibile copertura degli eserciti alleati. In alcuni casi il sostegno dei civili si è rivelato utile, in altri è stato rifiutato dagli stessi generali americani, che lamentarono in numerose occasioni l’impreparazione dei partigiani, armati di buona volontà e di poche altre risorse. Già il 20 aprile la 5a armata Usa scende dagli Appennini nella pianura padana: il suo IV corpo raggiunge Casalecchio, nei pressi di Bologna e il II° conquista la regione tra Casalecchio e Gesso. Nel settore dell’8a armata britannica, il X corpo raggiunge il fiume Idice oltre il quale riescono a stabilire delle teste di ponte il II° corpo polacco e il XIII britannico. Il gen. Vietinghoff, comandante del Gruppo di armate C, ordina il ripiegamento delle forze tedesche (10a e 14a armata) sulla linea del Po: mossa tardiva perché le divisioni corazzate alleate si stanno già avventando sulle truppe tedesche lungo tutta la linea del fronte. Il giorno 22 truppe polacche del generale Anders e i gruppi di combattimento italiani ”Legnano“ e ”Friuli“ conquistano Bologna e poche ore dopo, anche Modena. In dieci giorni i tedeschi nel settore adriatico hanno subito la distruzione di 134 mezzi corazzati. Ma anche gli anglo-americani nello stesso settore solidamente difeso dall’Asse, si dissanguano con moltissime perdite. Il giorno 23 il 4° corpo d’armata americano circonda Milano.
Il 26, 27, 28, 29 aprile
Se davvero l’Italia fosse stata ”liberata“ il 25 aprile, che si ricorda come conclusione del conflitto, perché si combatteva aspramente in metà della Lombardia il giorno 26? L’esercito tedesco viene richiamato in patria proprio quel giorno, ma ancora si spara. L’arcivescovo di Milano Schuster telefona a Graziani e a Mussolini la sera del 26 per intentare una trattativa mirante a ”Organizzare il passaggio dei poteri“. Il 27 aprile Mussolini, formalmente ancora a capo della Rsi, viene arrestato e solo allora si può far datare la fine dell’attività della Rsi. La morte di Mussolini avviene alle 16,10 del 28 aprile 1945 (ma questa data, dato l’orrore delle circostanze, non viene mai ricordata). E la fine vera delle ostilità? Il 29 aprile 1945 le trattative col nemico giungono al termine e la resa dei tedeschi in Italia veniva firmata al Quartier Generale alleato a Caserta. In tutti i Paesi europei si celebra la data della resa. Da noi no, si celebra, chissà perché, il 25 aprile, data carica di mitologie, di ipocrisie e di retorica. (l'Opinione)
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