Qualche giorno fa Il Time ha pubblicato una copertina choc: una bellissima ragazza afgana con un terribile buco al posto del naso e delle orecchie. Glieli avevano mozzati i Talebani, per punirla della sua presunta “immoralità”. Un modo provocatorio, ma giusto, per ricordare e ricordarci le ragioni della presenza militare in Afghanistan. Non certo per “portarvi la democrazia” e men che meno “la civiltà”, ma semplicemente per sconfiggere, debellare una forza politica –l’alleanza tra Talebani ed al Qaida- che è terrorista e compie attentati –Twin Towers incluse- esattamente per le stesse motivazioni, per la stessa incultura barbara per cui mozza il naso alle donne. Ieri, Faizullah Kakar, consigliere di Hamid Karzai ha reso nota una notizia che moltiplica l’orrore di quel naso mozzato: “Ogni anno 2.300 donne si suicidano in Afghanistan per ragioni legate alla violenza quotidiana e familiare, come risorsa estrema di fronte a violenze subite”. La percentuale più consistente riguarda coloro che si tolgono la vita appiccandosi fuoco. Nel complesso almeno il 28% delle donne afghane sono affette da depressione ed i casi di suicidio sono quasi tutti in questo ambito. Fra le ragioni che spingono le donne afghane ad uccidersi, soprattutto nell'ovest e nel nord del paese, vi sono insicurezza, stupri, comportamento violento dei mariti, e matrimoni forzati.
Questi dati, impressionanti, vanno tenuti presenti perché sono indispensabili per capire le difficoltà che incontra la guerra al terrorismo in Afghanistan e perché è indispensabile condurla.
I Talebani infatti, riscuotono un certo consenso popolare tra l’etnia Pasthun –la più numerosa del paese- innanzitutto perché difendono intransigentemente il pashtunwhali, il “codice familiare d’onore” di quelle tribù, un codice feroce con le donne. Ma chi ha quella visione della vita, chi considera la donna poco più di un armento da possedere e marchiare, quando entra in contatto con una ideologia che sviluppa quella violenza interna alla famiglia e la proietta nella società e poi nel mondo, la fa propria. Questo è successo ai Talebani quando hanno incontrato gli ideologi arabi del Jihad portati tra di loro da Osama bin Laden e da al Qaida. Dunque, il nemico che l’Occidente combatte in Afghanistan è proprio l’innesto diabolico tra quella concezione violenta del possesso della donna e la prospettiva di una società mondiale retta allo stesso modo grazie alle vittorie del Jihad terrorista. Un nemico nuovo, perché la sua ideologia unisce codici d’onore tribali, un Islam dogmatico e fondamentalista e quindi la pratica del terrorismo Jihadista. Un nemico pericoloso perché questa miscela ideologica fa proseliti, perché tutti gli attentatori mancati di questo anno (sull’aereo Chicago-Amsterdam, a Times Square, alla Caserma Santa Barbara di Milano), sono stati opera di musulmani vissuti in Occidente -spesso tra gli agi- andati volontariamente a indottrinarsi nelle valli controllate dai Talebani mozza-nasi, per poi tentare di seminare morte in Occidente. E così è stato per tutti i nuclei terroristi che hanno portato a segno gli attentati precedenti, quelli di Madrid e di Londra inclusi. Se questo è l’impasto da cui nasce il terrorismo islamico –e lo è- è più agevole comprendere come sia difficile sconfiggerlo. Ma resta il fatto che è indispensabile farlo, non solo per aiutare le donne afghane a liberarsi, ma anche per fermare la mano di una massa di fanatici che mozza i nasi alle donne per le stesse ragioni per cui organizza attentati nelle nostre città. (Libero)
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