Consumatori e compagnie petrolifere sono di nuovo sul piede di guerra. Il copione è lo stesso di sempre: gli uni accusano le altre di ciurlare nel manico, adeguando i prezzi rapidissimamente verso l’alto e lentamente verso il basso; i petrolieri si difendono con dati e cifre. In effetti, il comunicato stampa dell’Unione petrolifera appare persuasivo: il rincaro sul mercato italiano viene sostanzialmente attribuito all’aumento dei prezzi sui listini internazionali (che sono espressi in dollari). “A parità di quotazioni internazionali – scrive Up – e tenendo conto dell’effetto del cambio, oggi i prezzi al consumo di entrambi i carburanti risultano comunque inferiori 3-4 centesimi euro/litro rispetto a sette mesi fa”. Le oscillazioni vengono poco percepite perché, di fatto, sono smorzate dalla componente fiscale, che per la maggior parte (l’accisa) è indipendente dal valore del litro di carburante, il quale viene riflesso soltanto dall’Iva (al 20 per cento).
In ogni caso, nell’ottica del buon funzionamento del mercato non importa molto chi abbia ragione: infatti, i prezzi dei carburanti non sono più amministrati. I prezzi sono liberi. Questo significa che non esiste (e non può esistere, perché sarebbe contrario alle norme antitrust) un “algoritmo” in grado di fornire il prezzo “corretto” per il pieno, valido per tutti, in funzione di una serie di variabili quali le quotazioni internazionali e il cambio euro/dollaro. Ciascuna compagnia può scegliere come e quanto ritoccare, giorno per giorno, il valore di benzina e gasolio, così come – entro certi limiti – i benzinai sono liberi di fissare il loro margine. Ciò che conta – sia in assoluto, sia di fronte alla legge – è che sia fatta salva la dinamica competitiva.
Ora, da tempo le compagnie petrolifere sono nel mirino dell’Autorità per la concorrenza, che già nel 1999 aveva ipotizzato l’esistenza di un cartello (formulando un teorema poi rigettato, dopo una lunga battaglia legale, dal Consiglio di stato). Il sospetto di collusione era stato poi riformulato, su altre basi, nel 2007, e anche qui aveva portato a un duro braccio di ferro tra l’organismo guidato da Antonio Catricalà e l’industria, che però si è concluso con un accordo: in cambio di una serie di impegni, l’Authority ha fatto decadere le accuse. Al momento, gli uffici dell’Agcm non hanno rivolto alcuna obiezione alle compagnie, a testimonianza di un comportamento corretto da parte di queste ultime (che d’altronde non hanno alcun interesse a sgarrare, sia per ragioni ovvie, sia per una questione reputazionale). Quindi, a meno che non si voglia sostenere che l’Autorità non è in grado di vigilare sulla condotta dei petrolieri o che non vuole farlo, bisogna presumere che la competizione vada come deve, e dunque che i prezzi praticati in Italia rispecchino le condizioni oggettive del mercato.
A fronte di tutto ciò, si osservano due tendenze, che vanno registrate con attenzione. Da un lato, le associazioni dei consumatori svolgono l’abituale mestiere di gridare al lupo ogni qual volta un prezzo muove verso l’alto. Si può ritenere che questo sia il loro mestiere, ma la sensazione è che si tratti semplicemente di una tattica volta a conquistare un po’ di visibilità sui media. Amen. Ma una conseguenza di questa pressione mediatica è che, dall’altro lato, si torna a invocare una maggiore “trasparenza” dei prezzi, per esempio riprendendo a pubblicarli sul sito del ministero dello Sviluppo economico (in questo senso spinge, per esempio, un emendamento della senatrice democratica Anna Rita Fioroni, recentemente approvato). Di per sé, ovviamente, la cosa non è particolarmente sconvolgente, se non fosse che l’emendamento è congegnato in modo tale da risultare di difficile applicazione e che, nel momento in cui venisse applicato, creerebbe più problemi di quanti ne risolva.
(Omissis)
Evidentemente, ci troviamo di fronte a un cortocircuito tra la politica della concorrenza, l’assenza di visione d’insieme da parte dei politici, e le polemiche auto-interessate delle associazioni dei consumatori. Siamo, cioè, nella tipica condizione in cui chiunque, comunque si muova, sbaglia. Alla faccia della certezza del diritto.
Da Il Secolo XIX, 14 maggio 2009
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3 commenti:
quello che stavo cercando, grazie
leggere l'intero blog, pretty good
Si, probabilmente lo e
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