Le fiamme sono state lasciate correre. E improvvisamente ieri notte a Bruxelles i capi di Stato e di governo dell’Eurozona, con un Obama più che preoccupato in collegamento dall’altra parte dell’Atlantico, si sono resi conto che per spegnere l’incendio finanziario era necessario dispiegare l’intera forza politica dei due Continenti. In gioco c’è il possibile crollo dell’euro. Con esso una seconda pesante recessione nel Vecchio Continente con conseguenze difficili da immaginare.
La situazione ricorda quella dell’autunno del 2008. Vale a dire quando fallì la banca d’affari Lehman. Con una differenza, oggi a fare da miccia è uno stato: la Grecia. La cui crisi si è manifestata già nei primi mesi del 2010 ma che con inspiegabile leggerezza non è stata affrontata dall’Unione europea e dai Paesi membri con la forza necessaria e nei tempi giusti. Solo ieri notte i leader mondiali hanno preso misure eccezionali, la cui efficacia si vedrà lunedì alla riapertura dei mercati.
La situazione è precipitata nelle ultime 48 ore. I segnali preoccupanti sono arrivati inizialmente dalle Borse che hanno registrato non solo forti ribassi, ma anche errori tecnici e incursioni della speculazione pronta a vendere titoli convinta di poter ricomprare a prezzi inferiori, scommessa che si è rivelata vincente. Ma a rendere evidente a banchieri centrali prima e a governi poi che la situazione rischiava di precipitare è stata ancora una volta una crisi di fiducia.
Le banche sui mercati interbancari hanno iniziato a registrare difficoltà nel trovare altri istituti che prestassero loro denaro se non a tassi di interesse maggiorati. Hanno poi iniziato a impennarsi i prezzi dei famigerati Credit default swaps (quella sorta di polizza che gli operatori di mercato usano per assicurarsi contro il possibile non rimborso dei titoli di Stato e quindi il fallimento dello Stato stesso). E se fino a qualche giorno fa questo era accaduto per i Paesi deboli della zona euro come Grecia, Portogallo, Spagna, di colpo anche l’Italia ha iniziato a soffrire. Questo nonostante una situazione di conti pubblici da tutti riconosciuta come solida pur a fronte di un debito pubblico elevato. Mettendo in discussione la solidità della settima potenza industriale al mondo è stato chiaro che a venir meno era la fiducia sulla intera area dell’euro.
Per troppi mesi l’Unione europea e anche la stessa Banca centrale, hanno pensato che la moneta unica potesse garantire di per sé senza alcun tipo di azione, uno schermo eterno e impenetrabile. Ma se l’euro è uno non tutti i Paesi sono uguali: ecco dove è stato l’errore. L’Europa deve essere unita nel reagire e a maggior ragione deve esserlo il governo italiano. Governo, e va a suo merito, che a Bruxelles ha avuto un ruolo decisivo. Ora la politica dia una risposta forte. Si evitino liti su temi marginali, senza falsi ottimismi si dica che anche l’Italia non è immune dalla crisi. Averne consapevolezza ci aiuterà a superare prove che in futuro potranno rivelarsi difficili. (Corriere della Sera)
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