“Di fatto gli accordi del 30 agosto la Libia non li rispetta”. Lo dice il ministro dell’Interno Roberto Maroni a Radio Padania stigmatizzando il fatto che il regime di Gheddafi a tutt’oggi ancora non abbia ottemperato agli impegni presi, aggiungendo che “il 99,9% degli sbarchi dei clandestini a Lampedusa è colpa della Libia”. Insomma da lì provengono. A fronte di tutto questo il Corriere della Sera ha raccontato ieri di un’indegna passerella di politici e di politicanti vari davanti alla solita tenda del finto beduino Gheddafi nel deserto. Tutti a festeggiare gli accordi (per ora non mantenuti) in questione, che risalgono allo scorso 30 agosto. D’altronde “la dignità chi non ce l’ha, non può darsela da solo”. E la parafrasi del grande Alessandro Manzoni, potrebbe essere il commento migliore per l’incredibile figura che politici come Giulio Andreotti, Lamberto Dini, Nicola Latorre, Beppe Pisanu e altri ancora hanno fatto qualche giorno fa andando a farsi “premiare” da Gheddafi. L’uomo che, dopo avere preso il potere nel 1969 in Libia con un colpo di Stato, dopo avere cacciato da quella terra gli italiani “discendenti dei colonialisti” nonché gli “odiati ebrei” e dopo essere stato per decenni lo sponsor del terrorismo internazionale, adesso si accredita come leader arabo moderato riuscendo a ottenere che l’Italia gli paghi per l’ennesima volta i danni di un colonialismo ormai remoto.
Miracoli della politica estera dell’Eni cui l’attuale ministro in carica Franco Frattini si accoda come uno scolaretto. Miracoli anche del realismo berlusconiano che qualche volta partorisce effetti collaterali veramente pericolosi. Ma miracolo soprattutto dell’opportunismo italiota e di chi, nella burocrazia della Farnesina, altamente “se ne frega”, ad esempio, del contenzioso tuttora in atto con oltre 110 ditte italiane che semplicemente non riescono a farsi pagare il dovuto dalle contro parti libiche e dallo stesso governo della Jamahiryia. Il presidente del Consorzio che li rappresenta, l’Airil dell’eroico Leone Massa, è diventato un personaggio di quei film western tipo “un uomo solo contro tutti”. In quei “tutti” ci sono anche i politici che vanno nel deserto a farsi premiare con la fascia verde da Gheddafi e che se ne ritornano in Italia con gli aerei privati, o con i charter messi a disposizione non si sa bene da chi, carichi di pesce fresco e datteri del Sahara. Che poi in arabo significa semplicemente “deserto”. E in questo deserto della moralità e della politica che il nostro paese rischia di diventare una repubblica delle banane. Anzi del dattero libico. (l'Opinione)
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