Molti giudicheranno astruso, ed anche noioso, il tema, decidendo di non leggermi. Invece questo capitolo di surrealtà televisiva ha anche aspetti divertenti, comunque indicativi di come vanno le cose nella nostra Italia. Mi riferisco alla storia di Europa 7, l’emittente televisiva cui il governo del 1999, con decisione irrazionale, assegnò una concessione televisiva nazionale. L’irrazionalità non si riferisce alla natura dell’emittente o dell’editore, naturalmente, ma al fatto che non aveva le frequenze per trasmettere ed il governo non era in grado di fornirle. Tutte quelle concessioni, nessuna esclusa, mancano del requisito di regolarità, perché prive di frequenze, ma chi le aveva poté continuare a trasmettere, mentre a chi ne difettava non restava che incorniciare il pezzo di carta.
Europa 7, giustamente, non si è rassegnata e s’è sentita dar ragione in più di un giudizio. Ora pende il Consiglio di Stato (prossimo dicembre) ed il governo è nei guai. Dice di non potere assegnare frequenze pianificate, ma omette di aggiungere il perché: non sono mai state pianificate. O, meglio, lo furono, ma poi decisero di buttare tutto a mare e continuare a campare nel caos. Confusione che si trova anche in molti commenti, che ritengono Europa 7 antagonista di Rete 4, quando, invece, vince le cause contro lo Stato, che è il vero inadempiente. Ecco il grottesco: tutti i canali che vediamo sullo schermo emettono in modo legittimo, ma la cosa è incompatibile con il legittimo diritto di chi ne è rimasto fuori. Roba da manicomio.
Sperano di avere trovato un rimedio: approfittare della ricanalizzazione, richiesta dalla conferenza di Ginevra, per assegnare ad Europa 7 un canale vicino a quello di Rai 1, che si restringerà senza perdere nulla. Il guaio è che nello scombiccherato sistema italiano da quelle parti si trova la radiofonia digitale, Dab, che non ha spazio dove legittimamente gli spetta perché colà si trova, irregolarmente, Rai 2. Così si moltiplicheranno i torti e l’edifico sarà sempre più pericolante.
Da anni il legislatore, d’ambo le parti politiche, spera di risolvere la faccenda dicendo che si passerà tutti al digitale, solo che non azzecca neanche una delle date entro le quali ciò dovrebbe avvenire. Con tanti saluti al diritto, alla libertà d’impresa ed al pluralismo.
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