L'uovo di giornata
Repubblica passa all'audio in nome della (sua) legge
Quella telefonata non dovrebbe esistere: non doveva essere registrata, se registrata non doveva essere sbobinata, se sbobinata non doveva essere diffusa e pubblicata. Invece non solo esiste, non solo è stata trascritta, ma per il godimento del pubblico e dell'inclita, è ora a disposizione in stereofonia.
Una così palese violazione delle regole, specie nei confronti di un capo del governo democraticamente eletto, in qualsiasi paese produrrebbe un terremoto di sdegno contro i giudici, contro i giornali, contro il sistema mediatico-giudiziario. Qualcosa del tipo di quello che è accaduto a News of the World e a Rupert Murdoch in Inghilterra.
In Italia quella telefonata rubata è invece oggetto di delizia su Facebook, mentre Repubblica che ne ha deciso la diffusione consolida il suo status di unica paladina della libertà di stampa, della pubblica legalità e del sacro fuoco del giornalismo d'inchiesta.
Nessuno si chiede come Ezio Mauro abbia messo le mani su quel nastro che non dovrebbe esistere: attraverso quali amicizie, quali alleanze, quali scambi di favori, quali omissioni. No, Repubblica è impegnata a salvare l'Italia dal caimano e tutto le è concesso.
Ci può stare: siamo arrivati ad un punto in cui nessuno si scandalizza più di nulla e tutte le regole sono saltate con il plauso generale. Una cosa resta davvero inspiegabile: che in Italia gli unici indagati per violazione del segreto istruttorio per aver pubblicato una intercettazione telefonica siano Silvio Berlusconi e l'allora direttore del Giornale, Maurizio Belpietro. (l'Occidentale)
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