Le vie del fisco sono infinite, ma infide. Si discute da anni, in un Paese che ama i problemi per poterne discettare, escludendo di risolverli prima che cessino d’essere di moda, se riconoscere o meno le coppie di fatto, siano esse mono o multisessuali. Dibattito acceso e ozioso. Alla fine, però, si tassano le famiglie e si agevolano le coppie di non sposati. Accade con l’Imu, ove l’agevolazione prima casa, in una famiglia di moglie, marito e figli, è riconosciuta per una sola abitazione, quindi non solo sale la tassazione, ma si restringe l’esenzione. Se quei due non avessero avuto l’infelice idea di sposarsi potrebbero contare su due detrazioni. Una situazione illogica, che ribalta non solo il dettato costituzionale, ma anche il buon senso.
Da laico, non ho una visione sacrale del matrimonio. Da persona ragionevole so che è socialmente utile agevolare la vita di quanti mettono su famiglia e figli al mondo. Capisco il fascino di far lavorare solo gli extracomunitari e la libidine di prendere all’estero anche i governanti, ma avverto che questa specie di decadenza nobiliare equivale alla cancellazione dell’Italia. Da essere umano inadatto all’odio verso gli altri rispetto le scelte di ciascuno, né trovo alcunché da ridire per quanti, quali che siano il loro gusti sessuali, intendano convivere. Da cittadino che vive in uno stato di diritto, però, pretendo per i loro eventuali figli le stesse tutele che hanno quelli nati da un matrimonio, ma mi rifiuto di assegnare ai conviventi gli stessi privilegi che sono specifici dei coniugi, ove, si badi bene, questi comportino costi per terzi. Quindi: i conviventi si rechino pure in visita in ospedali e carceri (che idea disgraziata della vita!); si dia libertà al morituro di stabilire a chi vuole lasciare i propri beni; ma niente pensioni di reversibilità, tanto per fare un esempio. In sintesi: ciascuno faccia quel che vuole, ma a spese proprie, con tutela per i bambini e con agevolazioni per chi li fa nascere. Ecco, con l’Imu s’è fatto l’esatto contrario, sicché, dopo chiacchiere interminabili, s’è buscato ponente per i levante. Non per scoprire nuove terre, ma per mettere nuove tasse sulla famiglia, da cui le non famiglie sono esentate.
Vorrei sapere cosa ne pensano quegli ipocriti perdigiorno che da decenni ci fanno una capa tanta per spiegare che la famiglia viene prima di tutto e che la famiglia legittima è solo quella del matrimonio, meglio se santificato e, quindi unico, poi, però, collezionano famiglie (ho visto che anche quelli di Comunione e Liberazione si separano, e se non fossi estraneo al ramo direi: non c’è più religione) e, all’occorrenza, votano a favore di chi discrimina negativamente le famiglie. Vorrei proprio sentirli.
Due osservazioni ulteriori. La prima: quei coniugi disgraziati potrebbero avere comprato la seconda casa, in attesa di lasciarla ai figli, proprio mettendo in conto l’agevolazione che la legge consentiva, ove si cambi regime, forse, sarebbe bene far salvo il passato. Lo abbiamo già visto a proposito dello scandaloso tema dell’“abuso di diritto”: pensare di punire chi s’è attenuto alla legge, ma lo ha fatto traendone un vantaggio, è abominevole. La seconda: a me sta bene spostare la pressione fiscale dai redditi ai patrimoni e ai consumi, ma “spostare” non è sinonimo di “sommare”, e se le tasse sulla casa crescono quelle sul reddito devono scendere. E senza fare i furbi, perché questa roba è stata promessa da anni (soprattutto dal centro destra, che ne porta la responsabilità), nel mentre crescevano tutti gli altri tributi.
Infine, è noto che i valori catastali sono spesso irreali, nel senso di troppo bassi, ma è anche vero che noi assistiamo al loro crescere, all’appesantirsi dell’aliquota e del conteggio, al diminuire delle agevolazioni, nel mentre scendono i valori commerciali degli immobili. Il tutto senza che calino neanche le tasse sulla compravendita, per cui è costoso tenere gli immobili, ma anche venderli (male). C’è un’espressione che sintetizza il concentrarsi sulle cifre smarrendo la razionalità: dare i numeri.
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