Non sappiamo se Sonia Sotomayor, designata dal presidente Obama, supererà indenne il fuoco di fila parlamentare dei repubblicani, e riuscirà effettivamente a divenire la prima giudice ispanoamericana della Corte Suprema Usa.
Ma quel che importa, qui, è altro, e cioè le sue parole d’esordio pronunciate dinanzi alla commissione Giustizia del Senato americano: “Il compito di un giudice non è fare le leggi, ma applicarle”.
La cosa è a maggior ragione significativa se si considera che, in un sistema di common law, la latitudine dell’intervento interpretativo - e dunque in qualche modo “creativo” - del giudice è infinitamente più ampia rispetto a quanto dovrebbe accadere nei sistemi di civil law, fondati molto di più sul diritto scritto, come il nostro. Eppure, la Sotomayor non ha avuto esitazioni nell’esordire così, e nel presentare questo biglietto da visita ai parlamentari americani.
Verrebbe voglia di prendere l’audiovideo di quelle parole, farne un dvd (opportunamente sottotitolato a scanso di equivoci nella traduzione...), e inviarlo ai membri del Csm, sempre così lesti nell’invadere il terreno delle Assemblee legislative, e anche ai vertici dell’Anm, ormai compulsivamente lanciati a promuovere “campagne politiche” contro l’una o l’altra riforma della giustizia, contendendo competenze proprie del governo e del Parlamento.
Ormai, in Italia, quando si parla di giustizia, anche i princìpi più semplici, da abbecedario liberale, devono essere ricordati, riproposti, e soprattutto difesi dalle insidie del travaglismo diffuso. Il piccolo ma combattivo Velino non cesserà di farlo. (il Velino OreSedici)
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