In Italia vivrebbero, secondo un’indagine commissionata dal governo, almeno 35mila donne che hanno subito la mutilazione dei genitali. Una roba violentissima che non ha nulla a che vedere con la circoncisione maschile, non è frutto di alcun precetto religioso (nel qual caso farebbe schifo lo stesso) e serve solo a trasformare in sofferenza quello che la natura vuole sia un piacere. Molte di queste donne, qualche centinaio, avrebbero subito la barbarie in Italia.
Da noi, ovviamente, questa roba è un reato. La difficoltà sta nel punirlo, perché il legame stretto che avviluppa le comunità d’immigrati, il loro essere spesso dei clandestini, l’omertà attorno ad una pratica che costumi tribali possono considerare “normale”, finiscono con il rendere meramente declamatorio il controllo sociale. Non aggiungo altro, ma basta ed avanza per tornare ad un tema che imbarazza sempre molto: un Paese che tollera la clandestinità si condanna all’inciviltà. E, a tale proposito, negli ultimi giorni si sono viste cose davvero curiose.
Guardando Calais non si sa se ridere o arrabbiarsi. L’una cosa, del resto, non esclude l’altra. Si gradirebbe sapere dove sono finiti i perdigiorno dell’Onu, sempre pronti ad alzare il ditino e darci lezioni d’umanità. E sarebbe simpatico sentire anche le parti politiche che sono pronte a lanciare accuse di razzismo ogni volta che si parla di respingere i clandestini, quelle stesse che ci siamo trovati contro quando abbiamo scritto cose di banale ragionevolezza. Escano dal cantuccio dove si sono rimpiattati e osservino Calais.
Si trova nel nord della Francia, sul canale della Manica, di fronte alla costa inglese ed alle “bianche scogliere di Dover”. Qui era sorto un vasto campo d’immigrati clandestini. Un po’ stanziali, un po’ in attesa di andare in Inghilterra. Il governo francese ha annunciato un repulisti generale, poi ha mosso cinquecento agenti in tenuta antisommossa ed ha arrestato tutti quelli che non avevano provveduto a togliere il disturbo. Per sicurezza, ha spianato le baracche. Ha inviato i minorenni (tanti) nei centri d’accoglienza, mentre gli adulti li ha spediti in luoghi segreti. Ad essi pone tre alternative: a. potete tornare da dove siete venuti, ed in questo caso vi aiutiamo; b. potete chiedere asilo, tanto nel 98% dei casi ve lo rifiutiamo, anche se venite dall’Afghanistan; c. vi buttiamo fuori senza neanche aspettare la risposta. Scegliete.
Gli inglesi, che non amano i francesi, che di Calais ricordano d’averla persa con la pace di Cateau-Cambresis (1559), applaudono. Bravi, e grazie. Il resto, fra le ciarliere e presunte autorità internazionali, tace. Salvo il vice presidente della Commissione Europea, Jacques Barrot, guarda caso francese, che dice: “il tempo per risposte nazionali è finito, questo tipo di fenomeni richiede una risposta europea”. Ecco, appunto: dica ai suoi colleghi di non rompere le scatole a noi italiani e comincino a mettere mano al portafogli per pagare i controlli nel Mediterraneo, compresi quelli che servono a fermare i barconi e rispedirli al mittente.
Osservo, infine, che il governo francese ha utilizzato l’argomentazione sulla quale noi abbiamo battuto e ribattuto: non si può concedere nulla ai traffici illeciti di chi commercia in clandestini. Insomma, quel che c’è stato rimproverato come razzismo è quel che i grandi governi europei considerano giusto. Anche in Francia capita che una parte della stampa salti alla gola del governo e che l’opposizione socialista cavalchi l’ipocrisia dell’accoglienza (così rafforzando Sarkozy). La differenza consiste nel fatto che il loro governo non cela e camuffa la propria durezza, ma la teorizza e manifesta, ed i loro commissari europei non dicono di non essere competenti sulla materia, ma sono chiamati ad interdire i colleghi che abbiano voglia di far gli spiritosi ed a schierarsi. Autorità ed autorevolezza, che nessuno ti regala.
Sono le cose che qui abbiamo scritto e sostenuto ad essere la sostanza della politica praticata dalla più saggia Europa, ma qui da noi dominano i provinciali del luogocomunismo.
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