Nei secoli recenti si è parlato di uguaglianza a partire dalla Rivoluzione Francese. Allora i nobili erano esentati dalle tasse ed erano giudicati da tribunali a loro dedicati e si è reagito a questa ingiustizia in difesa dei più umili. Purtroppo qualunque principio, se lo si spinge troppo lontano, produce risultati negativi: e infatti oggi in Italia si pretende che il potente sia trattato peggio dell’umile. Silvio Berlusconi è stato perseguitato come nessun altro imprenditore: se fosse stato il delinquente che dicono le Procure, in quindici anni l’avrebbero condannato cento volte. Un altro esempio di eccesso è la revoca dell’immunità parlamentare. Si è dimenticato che essa non è stata stabilita come privilegio dei deputati del Terzo Stato ma come loro protezione dagli abusi delle classi dominanti. E della magistratura loro alleata. Infine siamo alla discriminazione in quanto alla privatezza. Molti sono arrivati a dire che il popolo ha il diritto di “sapere tutto”! E questo è assurdo. Non si ha affatto il diritto di sapere ciò che si dicono due persone in privato. La stessa Chiesa, stabilendo il segreto della confessione, ha sancito il principio: “Lo dico solo a te”. Che poi sia: “Solo a te, in quanto ministro di Dio” è secondario. Dio non rivelerà mai ciò che è stato detto. La nostra Costituzione da parte sua (art.15) statuisce che: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. E viceversa attualmente, nei media e nelle conversazioni private, circola lo strano principio secondo cui: “Il popolo ha diritto di sapere tutto”. Un politico dell’Idv ha avuto l’incoscienza di bestemmiare con queste parole: “I politici devono avere una privacy molto ridotta”. Senza capire che al massimo devono essere disposti a sopportare di essere fotografati più spesso. In realtà, secondo la Costituzione, secondo il Codice Penale, nessuno ha il diritto di sapere se il suo vicino ha un’amante; nessuno ha il diritto di leggere la sua corrispondenza; nessuno ha il diritto di origliare alla sua porta. Ma ecco che questi sciocchi, questi fanatici, questi Girolamo Savonarola d’accatto, vorrebbero negare questa privatezza a chi è Sottosegretario, a chi è Senatore, a chi è Ministro. Ecco il ribaltamento. Si passa dalla disuguaglianza a sfavore del popolo alla disuguaglianza a sfavore dei potenti. Come se due ingiustizie facessero una giustizia. Ma è difficile ragionare con una parte del Paese dagli occhi iniettati di sangue e con la bava alla bocca. Questi anarchici da Ginnasio, questi politologi da bettola vorrebbero che mentre tutti devono avere diritto alla loro privata immoralità, lo stesso diritto non l’abbiano gli uomini pubblici: questi dovrebbero essere trasparenti come il cristallo e irreprensibili come trappisti. Ciò contro la più banale esperienza storica: quella che fece dire a Bismarck che è meglio non chiedere come si fanno le salsicce e la politica. In queste condizioni tutti, non solo i politici, saremmo pressoché dei pendagli da forca. Il popolo non ha diritto di sapere nulla di ciò che deve rimanere segreto. Chi lascia filtrare le intercettazioni (verbo più corrente: “passa”) intende danneggiare qualcuno. Non è il popolo che ha diritto di sapere, sono alcuni magistrati che usano del loro potere per andare contro una parte politica. E i giornali gli tengono il sacco. Il Parlamento non ha solo il diritto, ha il dovere di proteggere lo Stato da queste intrusioni. Deve mettere il morso a chi crede, essendo un magistrato, che l’Italia abbia deposto ai suoi piedi tutti i poteri. Inclusi quelli del tiranno Dionisio di Siracusa. (Legnostorto) |
giovedì 30 giugno 2011
Il popolo non ha il "diritto di sapere tutto". Gianni Pardo
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