Il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati è incostituzionale
Il comma 1267 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007) dispone l'istituzione, presso il ministero della Solidarietà Sociale, del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, per il quale è stanziata la somma di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Fondo è altresì finalizzato alla realizzazione di un piano per l'accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l'utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua quali mediatori culturali.
La Regione Veneto, nell'ambito di un ricorso alla Corte Costituzionale (iscritto al n. 10 del reg. ric. 2007) che ha toccato più di una norma della Finanziaria 2007, ha obiettato che il Fondo concerne materie che riguardano le politiche sociali di stretta competenza regionale e non statale, con la conseguente violazione degli articoli 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione. In subordine, comunque, la Regione ha osservato che, tenuto conto delle possibili interferenze tra la suddetta materia e le materie diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (articolo 117, secondo comma, lettera a) e immigrazione (articolo 117, secondo comma, lettera b), attribuite alla potestà esclusiva dello Stato, vi sarebbe in ogni caso la lesione del principio di leale collaborazione, come desumibile dagli articoli 5 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonché dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001. La Regione Lombardia, con ricorso depositato il 7 marzo dello scorso anno (iscritto al n. 14 del reg. ric. 2007), ha impugnato anch'essa una serie di norme della Finanziaria 2007, tra cui il comma 1267 dell'articolo 1, obiettando che non riserverebbe nessuno spazio a forme di partecipazione e collaborazione nella determinazione degli interventi in un settore in cui le Regioni hanno indubbia competenza.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 50, depositata il 7 marzo scorso, ha messo subito in evidenza che il legislatore ha voluto perseguire, come risulta anche dalla stessa denominazione del Fondo, una chiara finalità di politica sociale, prevedendo uno stanziamento di risorse finanziarie al fine di assicurare l'adozione di una serie di misure di assistenza. Partendo da questa premessa, i giudici della Corte Costituzionale hanno sancito che: «La norma in esame, non prevedendo un intervento pubblico connesso alla programmazione dei flussi di ingresso ovvero al soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale, non rientra nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di immigrazione, ma inerisce ad ambiti materiali regionali, quali quelli dei servizi sociali e dell'istruzione (sentenza n. 300 del 2005, nonché, sia pure con riferimento ad una fattispecie diversa, sentenza n. 156 del 2006). Del resto, lo stesso legislatore statale ha attribuito alle Regioni il compito di adottare misure di "integrazione sociale" nell'ambito "delle proprie competenze" secondo quanto previsto dall'articolo 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"».
Pertanto è stata dichiarata la illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione degli articoli 117, quarto comma, e 119 della Costituzione. La Corte ha comunque precisato che, vista la natura sociale delle provvidenze erogate, le quali ineriscono a diritti fondamentali, dovrà essere garantita, in ossequio ai principi di solidarietà sociale, la continuità di erogazione, con conseguente salvezza degli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti (sentenze n. 423 del 2004 e n. 370 del 2003). I soldi, in estrema sintesi, se ci sono, devono essere assegnati alle Regioni.
Dopo due settimane dal deposito della sentenza, un affranto Ferrero, venerdì scorso, ha così commentato: «Le risorse, che erano destinate ad interventi di aiuto agli immigrati, andranno ora alle Regioni senza vincoli di destinazione d'uso. Considero questo amaramente perché se un paese che ha bisogno di immigrati per il lavoro non ci mette le risorse il rischio è poi di avere dei problemi». Probabilmente Ferrero non ha letto bene la sentenza, visto che la stessa Corte ha precisato che dovranno essere garantiti anche i procedimenti di spesa in corso. Ma il problema è un altro ed è tutto politico. Il centrosinistra al governo, calpestando anche la Costituzione e cercando di scavalcare anche le fastidiose (per loro) competenze regionali in materia, ha tentato di usare denaro pubblico per finanziare un demagogico impianto sull'immigrazione che si basa sul principio del «porte aperte per tutti» e su un costosissimo welfare, aperto praticamente a chiunque, ma pagato esclusivamente dalle tasche dei cittadini italiani. Ed è proprio grazie a questo assurdo sistema che nascono i problemi, perché si usano i soldi degli italiani per finanziare un welfare costoso ed inefficiente, con il rischio di fomentare un pericoloso sentimento anti-immigrati, senza cercare di responsabilizzare gli stessi stranieri con l'introduzione, ad esempio, della immigration tax, fatta pagare a chi arriva per finanziare i servizi pubblici che usa, così come proposto ultimamente in Gran Bretagna dal governo laburista di Gordon Brown. (Ragionpolitica)
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