Scriveva Geronimo, alias l'ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, nel suo primo libro di ricordi “Strettamente riservato “ sulla fine della “prima Repubblica”, a proposito di Carlo De Benedetti : “E' il marzo 1991. Carlo De Benedetti viene a trovarmi al ministero del Bilancio. Mi espone un progetto, che sta elaborando con diversi amici, industriali e giornalisti, per affidarlo poi ad alcuni uomini politici. A bruciapelo mi chiede: “Vuoi essere il mio primo ministro ?”. Resto attonito. E' la proposta più strana che mi sia mai stata fatta”.
L'ex amministratore delegato delle Ferrovie, Lorenzo Necci, amava intrattenersi ironicamente, prima della sua morte tragica e sfortunata, sulla vendita di Infostrada, la rete telefonica delle Fs: “Fu ceduta al gruppo De Benedetti, non si sa bene per quale motivo, con un contratto di settecentocinquanta miliardi di lire pagabili in quattordici anni. Tutto questo avveniva nel 1997. Poco dopo De Benedetti cedeva ai tedeschi, a Mannesmann, la sua Infostrada, per quattordicimila miliardi di lire. Ovviamente, senza alcuna rateizzazione.” Necci sorrideva amaramente e ricordava anche alcuni episodi, legati al grande affare, che gli apparivano quasi “inspiegabili”.
Nel 1991, Gianni Agnelli, rispondendo alle domande degli studenti della Sorbona, disse di Carlo De Benedetti: “Lo conosco bene da tantissimi anni. Abitavamo persino insieme anni fa. E' un uomo d'affari molto esperto in materia finanziaria e industriale. I suoi rapporti con la stampa e con il pubblico sono ottimi. E' un uomo che ama, o perlomeno ha amato, l'avventura negli affari. La cosa lo diverte senz'altro. So che adesso gli piace affermare di essere stanco di questa vita avventurosa e di volersi limitare alla direzione di tre o quattro aziende come Valeo, Olivetti e Mondadori. Vuol finirla con la vita di prima. Io personalmente non ci credo molto. E' un uomo che si lascerà sempre tentare dall'avventura. Perché è fatto così. E' nel suo carattere. E a me del resto deluderebbe di non assistere più ai suoi colpi di scena”. Signorilmente, Agnelli dimenticava, con la sua non-chalence, quando l'ingegnere, pur manager Fiat, gli stava scalando abilmente la stessa Fiat dall'interno. (segue)
Ancora una piccola citazione, dal libro, bellissimo e dimenticato, “Capitani di sventura” di un grande giornalista economico-finanziario come Marco Borsa. Con ironia De Benedetti viene definito “ Il più aggressivo dei nostri capitani di avventura”, usando lo stesso termine “avventura” che aveva usato Agnelli alla Sorbona nel confronto con gli studenti.
Per comprendere De Benedetti non è di certo sufficiente ricordare questi episodi e queste citazioni. L'elenco è lunghissimo e dovrebbe ripercorrere vicende ben più complesse come l'affare Suez, tutta la vicenda Olivetti, il “mordi e fuggi” al Banco Ambrosiano, i complicati rapporti con Mediobanca, la Sme, il “lodo Mondadori” fino all'insediamento nel mondo della sanità e sopratutto alla testa del gruppo editoriale Repubblica-Espresso.
Anima inquieta, “attraversata” avrebbe sentenziato Gianni Brera, spirito imprenditoriale avventuroso, con alcune impennate che lo spingono pure a quelli che, appunto per Marco Borsa, appartenevano al mondo dei nostri “Capitani di sventura., Persino un “grande borghese, come Bruno Visentini fu prima attratto da De Benedetti e poi un poco deluso da questa personalità piuttosto complessa o complicata. (segue)
Il fatto è che l'ingegnere è sempre stato in grado di essere al centro dell'attenzione non solo per le sue incursioni nel mondo finanziario e industriale, ma soprattutto per il suo rapporto contrastato con alcune maggioranze di governo, particolarmente con quella di Bettino Craxi e oggi con quella di Silvio Berlusconi, In realtà, Carlo De Benedetti, che si dichiara alfiere della libertà di stampa, e censore dell'intreccio tra affari e politica, nel momento in cui non vede andare bene i suoi affari scatena i suoi giornalisti contro gli ostacoli che si pongono sulla sua strada.
In questo momento, l'ingegnere non riesce più a far quagliare i suoi affari. Si dice che sia persino contestato in famiglia per il suo eccessivo attaccamento al gruppo editoriale che presiede. Ma in tutto il resto sembra ai margini, naviga con un profilo di piccolo cabotaggio. Si guarda intorno, punta a un affare, ma poi non riesce a concluderlo come ai tempi d'oro Non è di certo un “disperato”, ma si sente come “tradito” da uomini politici su cui aveva puntato. Non aveva dichiarato, un tempo, di voler essere la “tessera numero uno” del costituendo Partito democratico ? Oggi, in un momento di temporanea marginalità nel mondo degli affari, De Benedetti sembra quasi aver rotto ogni sodalizio con quei “perdenti” e si è quindi lanciato, in una sorta di campagna furibonda, contro il premier Berlusconi, attaccandolo sul piano personale, per aprirsi varchi non tanto in campo politico, quanto per favorire una destabilizzazione dove, in genere, gli uomini della finanza e dei media, intrecciati insieme, riescono sempre a trarre ottimi risultati.
Il problema è che, questa volta, l'avventuroso destabilizzatore, l'amante dei colpi di scena, non arriva che a mettere in campo escort e “mutanda pazza”. Troppo poco per ritornare ai vertici di quei capitani che imperversavano nel mondo del sempiterno intreccio affari-politica italiano. Se si mette in campo la signora D'Addario, significa che “le armi sono proprio spuntate”. (il Velino)
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2 commenti:
necessita di verificare:)
molto intiresno, grazie
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