lunedì 7 dicembre 2009
Le chiacchiere da bar sport dell'antimafia. Vittorio Sgarbi
Riscontriamo, dunque, che Monica Setta ha incontrato al Bar Doney in via Veneto il direttore di Raidue Massimo Liofreddi, che le ha confidato, con atteggiamento gioioso, di «aver ottenuto quello che cercavo grazie alla civiltà delle persone che avevano portato avanti questa cosa», e che per conseguenza aveva deciso di mettere Raidue nelle mani di Sgarbi, affidandogli un programma di punta. E' avvenuto questo incontro? C`è stato questo dialogo? Diciamo di sì. Ma nella realtà io non ho saputo nulla da Liofreddi. Il programma non si farà; la Rai ha regole discutibili che limitano l`accesso di persone che hanno un ruolo politico amministrativo. E io dunque cosa c`entro? Sono piaciuto a Liofreddi, sono ammirato dalla Setta, tengo alto l`ascolto in televisione, ma non ho alcuna possibilità di determinare o incidere sulla decisione. Torniamo al Bar Doney, per un altro incontro, nel gennaio del 1994, il 23. Chi incontra chi? Non c`è memoria né notizia della presenza di persone «serie» come Berlusconi e Dell`Utri. Si incontrano tale Spatuzza e tale Graviano che, al caffè, si scambiano considerazioni davanti un bancone a forma di cavallo. Sono compiaciuti, soddisfatti, di come si mettono le cose nella politica italiana dopo la débàcle di quei «crasti (cornuti, ndr) dei socialisti» che gli hanno fregato i voti senza dare nulla in cambio. Finalmente sta cambiando aria. «Arriva quello di Canale 5» che, peraltro, non ha ancora vinto le elezioni e non è ancora al potere, non ha alcun potere e può dire e pensare quello che vuole, come d`altra parte in Parlamento diciamo pubblicamente almeno in 52, fra i quali Pannella, Taradash, Biondi, la Maiolo, Cicciomessere, puntualmente messi all`indice da la Repubblica perché abbiamo manifestato perplessità sul regime del 41 bis che limita i diritti umani come poi si dirà di Guantanamo. Io, tra l`altro, lavoro e parlo anche a Canale S. Seguirò da vicino l`avventura di Forza Italia. E dunque? Due mafiosi si incontrano al bar e parlano di promesse e garanzie di uno che non è al potere e che nessuno dei due dice di avere incontrato. Neppure un bacio. Come toccò ad Andreotti. Due mafiosi s`incontrano al bar e parlano di Berlusconi e del «compaesano» dell`Utri. E perché non dovevano parlarne? E perché non dovevano confidare le loro speranze, anche attraverso le mie parole da Canale 5, così come Pannella da Radio Radicale? Ma c`è un altro elemento di riscontro interessante. Tanto seri e tanto rassicuranti sono i loro referenti, e a tal punto hanno messo il Paese nelle mani della mafia, che il 27 gennaio, 4 giorni dopo l`incontro con Spatuzza, Giuseppe Graviano viene arrestato. Sarà andato euforico. E questa è la storia. Dopo più di 16 anni u tignusu, il cui cognome è quasi l`anagramma di «spazzatura», con determinazione, tenacia, e memoria un po` traballante, racconta la sua storia con un fervorino moralistico, illuminato dalla lettura della Bibbia «perché se un tempo ho messo la vita nelle mani del male, non capisco perché ora non dovrei metterla in quella del bene». In nome del bene, non ha detto niente, ma ha voluto sottolineare che, «quello che dico, non è il sentito dire del mercato ortofrutticolo». E infatti sono chiacchiere da bar, anche se in via Veneto, al Doney. E ai magistrati, non ai politici, tocca ora il riscontro. E il riscontro di che? Di come è tollerabile, in questa caricatura di Striscia la notizia, l`assoluta mancanza di dignità dello Stato, i distinguo e le sospensioni del giudizio dei politici, imbarazzati quelli di destra, perplessi, per paura di essere smentiti dai fatti (cioè dai non fatti) quelli di sinistra, l`assoluta assenza di indignazione davanti ad una sceneggiata di questo ignorante demente convertito a un Dio di comodo, che viene esibito in Tribunale con 27 poliziotti, il berrettino in testa e in mano la bottiglia di plastica dell`acqua minerale come una modella anoressica, disgustoso spettacolo della mortificazione della magistratura e dello Stato affidato agli «uffici stampa» della mafia. Una vergogna senza nome. Con la spudoratezza di un imbianchino assassino che dichiara, come uno statista, «e ora bisogna restituire la verità alla storia e non mi fermerà nessuno. Perché la sua è «una missione in onore di tutti i morti innocenti», bambini compresi, che ha fatto lui. Lo spavento dell`aula di Torino è proprio nell`assenza dello Stato, nel vuoto, di uomini che hanno perduto la capacità di indignazione. «Spazzatua» non ha dichiarato di avere incontrato al Doney Berlusconi. In modo inverosimile dichiara esplicitamente che, dopo l`incontro con Graviano «ricollegando il ragionamento, ne dedussi che anche noi eravamo interessati alla pubblicità dei signori Dell`Utri e Berlusconi». Posso aggiungere: anch`io, anche Antonio Ricci. E anche Gerri Scotti e, all`epoca, certamente, più di tutti Mike Bongiorno. E, ovviamente, Maurizio Costanzo, rivale diretto dei Graviano. Che, forse per questo, cercarono di eliminare. Una deduzione. Non una rivelazione. Non un dato certo. Una deduzione, con un evidente obiettivo: infamare «quello di Canale 5». Storico obiettivo delle opposizioni. «Spazzatua» ragiona come Di Pietro. Deduce. Un atteggiamento tipico dell`antimafia parlante. Di Dario Fo. Di Salvatore Borsellino. Di Leoluca Orlando. I quali parlano e non hanno mai fatto niente contro la mafia. Io, che in Sicilia l`ho combattuta denunciando lo sporco affare dell`energia pulita e portando a Salemi tutto quello che avrei fatto a Milano, Bergamo o Brescia senza vittimismo e senza l`alibi di ciò che non si fa per colpa della mafia, non li ho mai visti denunciare la distruzione della natura e del paesaggio e partecipare alle iniziative di Salemi, dalle mostre di Caravaggio e Rubens a quelle di Modigliani e Licini, al Festival della Cultura ebraica. Mai visto nessuno se non Agnese Borsellino, pronta a riconoscere con la irritazione dei suoi cognati, il mio ruolo «missionario». Basta vederla l` antimafia in televisione. Gli Orlando, i Lirio Abbate, pronti a credere ad ogni sospiro mafioso che rimandi a Berlusconi. E perfino esponenti del Popolo della Libertà, come il senatore Centaro, accodarsi alla retorica delle parole seguendo la facile protesta. E si rimprovera il sindaco di Comiso di aver tolto a un aeroporto non funzionante la titolazione a Pio La Torre (ancora ieri Veltroni s`indignava su l`Unità) dimenticando che non si tratta di uno sfregio, ma di un atto di giustizia, ripristinare cioè la denominazione precedente che ricordava il generale Magliocco, che è evidentemente considerato un uomo di serie B, di cui si può cancellare la memoria, come se non ci fossero altri luoghi (io ho offerto l`avio superficie di Salemi) per ricordare con una intitolazione Pio La Torre. Accettando questa retorica di una giustificata damnatio memoriae, potremmo cancellare tutti i riferimenti ai personaggi del Risorgimento, da Garibaldi a Mazzini, e sostituirli con gli eroi dell`antimafia. Faremmo un pessimo servizio alla storia, alla memoria e alla formazione dei giovani. Difficile che seguano questo ragionamento i Veltroni, gli Orlando e anche i Centaro, per i quali Magliocco non merita di essere ricordato. Loro hanno il monopolio della verità, e con il monopolio anche la manipolazione. Magliocco è stato medaglia d`oro: non importa. La Storia dev’essere riscritta. Ed è bene ricordare che molti anni fa - ma ero già deputato - incontrai, libero, in attesa della sentenza definitiva, un mafioso riconosciuto, Vito Ciancimino, che era tranquillamente in vacanza all`Hotel Savoy di Cortina. Ciancimino mi parlò per 5 ore, dalle 11 di sera alle 4 del mattino. Mi disse molte cose, con ansia, affanno, parlava sotto voce, come in confessione, e mi disse i nomi di amici, di politici, in una ricostruzione della propria vita e della propria visione, anche parlando dei reati attribuitigli. Non finiva più di confessare. Mai nessuno mi ha mai chiesto cosa mi avesse detto. Eppure c`erano ragionamenti, riflessioni, confessioni, racconti di episodi che forse erano riferiti anche alla magistratura. Ma certo non erano deduzioni e neppure testimonianze di ammirazione per Berlusconi come quella attribuite da «Spazzatua» ai Graviano. Ciancimino ammirava me, e per questo mi volle parlare. Ma io non feci nulla per lui, come nulla fece e nulla potè fare Berlusconi per Graviano che, oltretutto, non incontrò mai. «Spazzatua» dixit. O, se fosse stato, non l`avrebbe detto? (il Giornale)
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