Lungo l’arco di ben 16 anni dalla nascita nel 1994 di Alleanza Nazionale fino alla fusione con Forza Italia Fini è il fedele alleato di Berlusconi. Nasce inizialmente come formazione elettorale composta dal Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale e da altre personalità ed associazioni minori d’area, in particolare, liberale, democristiana e conservatrice come - in particolare - Domenico Fisichella, Giuseppe Basini, Publio Fiori e Gustavo Selva. Il nuovo MSI-AN debutta con la Lista “Alleanza nazionale” alle elezioni politiche del 1994 come alleato di Forza Italia al Centro-Sud per la coalizione del Polo del Buon Governo, e come indipendente al Nord: il partito raggiunge uno storico 13,4 % e diventa forza di governo. In questo modo, per la prima volta, il MSI entra a far parte di un governo, il quale, però, cadrà dopo appena otto mesi. I ministri chiamati a farne parte erano: Giuseppe Tatarella, Altero Matteoli e Adriana Poli Bortone (del MSI), Publio Fiori e Domenico Fisichella per AN. Si consacra la cosiddetta “svolta governista” al partito, allargandolo a cattolici moderati e conservatori, e spingendolo verso il centro destra conservatore e liberale. Alle elezioni del ’96 è il terzo partito italiano, dopo il Partito Democratico della Sinistra e Forza Italia, con quasi 6 milioni di voti e il 15,7%, suo massimo storico. Dopo la caduta del governo Prodi I (ottobre 1998), diventa presidente del Consiglio Massimo D’Alema, il primo ex-comunista alla guida di un governo italiano, episodio che viene visto da AN in maniera negativa, in quanto D’Alema non è stato eletto dal popolo: l’incarico gli viene affidato dal Presidente della Repubblica Scalfaro, dopo aver ravvisato la consistenza di una maggioranza a suo sostegno racimolata soprattutto tra i parlamentari di centro. Per dare una risposta a simili giochi di palazzo, con cui piccoli gruppi sembrano capaci di determinare le coalizioni di governo, e al fine di proteggere il bipolarismo dalle “paludi” centriste, AN si fa promotrice insieme a Mario Segni del Referendum abrogativo dell’aprile 1999, volto ad abolire la quota proporzionale del sistema elettorale Mattarellum, considerata la causa della proliferazione dei piccoli partiti. Nel 2001 AN ritorna al governo, stavolta in maniera più stabile e duratura, in seguito alla vittoria che il centrodestra riscuote alle elezioni del 13 maggio 2001: la coalizione dà origine alla nuova alleanza della Casa delle Libertà, con Berlusconi come premier, e governa l’Italia per i successivi cinque anni (vedi Governo Berlusconi II e III). AN si presenta come il secondo partito della coalizione.
Nel corso dell’azione di governo, AN si contraddistingue nell’elaborazione di una nuova legge, correlata al mondo del lavoro, per combattere e controllare l’immigrazione clandestina, la cosiddetta Legge Bossi-Fini, che prevede l’estradizione dei clandestini dopo un periodo nei Centri di permanenza temporanei. Un motivo di scontro all’interno del partito è provocato dai referendum sulla procreazione medicalmente assistita, che si tengono il 12 e 13 giugno 2005: si tratta di quattro quesiti promossi dai Radicali e da alcuni partiti della sinistra italiana, che chiedono l’abrogazione di alcune parti, che pongono dei limiti all’impiego degli embrioni per la fecondazione e la ricerca scientifica, della legge recentemente approvata in Parlamento. Queste posizioni sui temi etici, come quelle che esprimerà l’anno seguente, di cauta apertura ai diritti delle coppie di fatto, provocano malumori nel partito. La leadership di Fini, nella prima estate del 2005, viene così messa in discussione. La frattura si ricompone all’assemblea nazionale di luglio. Nell’estate dello stesso anno, in seguito alle rivelazioni del quotidiano Il Tempo su una scottante conversazione tenuta da tre “colonnelli” del partito (Altero Matteoli, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri) nella quale Fini veniva fatto oggetto di valutazioni e commenti da lui giudicati irriguardosi, il leader di AN decide di azzerare i vertici del partito per ridurre i pericoli di complotti e di una proliferazione delle correnti (da lui peraltro già dichiarate “sciolte” nel 2004). Al posto dei dirigenti rimossi subentra a far parte della segreteria politica di AN Andrea Ronchi, un fedelissimo di Fini. La frattura tra il leader e i colonnelli tuttavia si ricomporrà col passare del tempo. Nel dicembre 2006, in Alleanza Nazionale si forma la fondazione FareFuturo, un think-tank che, sul modello delle fondazioni conservatrici americane e in particolare su quella di Aznar in Spagna, intende elaborare una politica conservatrice a carattere liberale nella società civile. I rapporti con Forza Italia, intanto, dopo un periodo di grande compattezza, esibita tra l’altro il 2 dicembre 2006 in un’imponente manifestazione contro il governo Prodi, si allentano dopo che Forza Italia aveva risposto con lentezza alle richieste avanzate più volte da Fini di fondare con AN un soggetto unico
L’8 febbraio 2008, alla vigilia delle elezioni politiche anticipate scaturite dalla caduta del Governo, Fini annuncia la fase costituente di un nuovo soggetto unitario al quale AN intende dar vita insieme a Forza Italia e ad altre formazioni minori del centrodestra: il Popolo della Libertà. Il 16 febbraio 2008 Fini ha anche dichiarato che in autunno AN si scioglierà nel nuovo soggetto, a patto che il partito sia concorde. Lo scioglimento avverrà per gradi, e si deciderà alla fine con un congresso nazionale. Dopo essere rimasto alquanto perplesso circa il modo in cui il PdL era nato nel novembre 2007 (all’indomani della cosiddetta “svolta del predellino”), si è poi convinto a farvi aderire AN. L’idea di unificare i due partiti ha riscosso un buon successo alle elezioni del 13 e 14 aprile: il Popolo della Libertà ha ottenuto, come partito singolo, il 38% dei voti, che rappresenta più della somma dei voti che AN e Forza Italia ottennero nel 2006. Alleanza Nazionale riesce ad eleggere nelle liste comuni 90 suoi deputati e 48 senatori. In seguito alla vittoria nelle elezioni politiche, il 7 maggio 2008 AN è tornata al governo con quattro ministri: Altero Matteoli alle Infrastrutture, Ignazio La Russa alla Difesa, Andrea Ronchi alle Politiche Comunitarie e Giorgia Meloni alle Politiche Giovanili. AN accede inoltre per la prima volta ad una delle tre cariche più prestigiose delle Repubblica, ottenendo la presidenza della Camera a cui va Gianfranco Fini. Come conseguenza, Fini ha ritenuto opportuno lasciare la presidenza di Alleanza Nazionale a causa del ruolo super partes che gli viene dal fatto di essere presidente della Camera, pur restando comunque leader del partito. Il suo posto è stato preso da Ignazio La Russa, che in qualità di reggente traghetterà AN verso la nascita del nuovo Popolo della Libertà. Il 21-22 marzo 2009 ha infine avuto luogo il terzo ed ultimo Congresso del Partito, che ha approvato all’unanimità la confluenza nel Pdl e la costituzione di una Fondazione che erediterà nome e simbolo del vecchio partito, oltre al ricco patrimonio immobiliare. Gli uomini di Berlusconi e Fini lavorano insieme, insieme elaborano i programmi, insieme decidono le candidature per le elezioni. Gli uni e gli altri sgomitano per conquistare i posti di prima fila nel partito per ottenere riconoscimenti ed incarichi.
Nel momento della fusione dei due partiti nel nuovo soggetto politico PdL i dirigenti di AN registrano forti perplessità per il motivo che la fusione di due forze di peso diverso normalmente spinge il partito più grande a fagocitare quello più piccolo. I fatti si sono incaricati di dimostrare il contrario. Gli uomini di AN proprio perché il loro partito è più organizzato, più radicato sul territorio, con una antica esperienza di militanza politica dei propri iscritti, diversamente dalle aspettative, conquistano le posizioni di vertice della nuova formazione, si inseriscono stabilmente nella organizzazione territoriale, portano ai vertici degli enti territoriali i propri esponenti più rappresentativi. Tutti gli ex colonnelli di AN si posizionano nei posti di comando della nuova unitaria aggregazione politica. E Fini? Fini si colloca, per sua scelta, nella gerarchia istituzionale dello Stato, ma perde il controllo del suo ex partito e del nuovo, capisce che il futuro potrebbe ridimensionarlo e destinarlo a ricoprire posizioni meno apicali. Si pente della recente unione con Forza Italia, di aver liquidato An dove era l’indiscusso leader, avverte che i suoi colonnelli non hanno più bisogno del capo carismatico, in quanto sanno bene camminare da soli ed allora tenta l’unica carta rimasta: uscire dal partito, formarne uno personale con i pochi che l’hanno seguito e cercare alleati in aree che non gli appartengono. Ha fatto un vero pasticcio….ai posteri l’ardua sentenza. (l'Opinione)
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