Fini, Casini, Rutelli - i Qui, Quo, Qua del Palazzo - non ci stanno: terzo polo non ci va. Sa di sconfitta, di gradino basso del podio, di ultima scelta dopo il primo e il secondo. Meglio nuovo, nuovo polo. Bello. Ma finto come i soldi del Monopoli. Il «nuovo» appiccicato a loro è come le «convergenze parallele»: un ossimoro, uno sberleffo, una beffa che, per di più, sa di muffa. Stantìo Fini, classe 1952; antiquato Casini, natali nel 1955; sorpassato Rutelli, che è del 1954. Insieme fanno 172 anni e la loro ventata di novità è un alito cattivo di chi poltrisce nelle stanze del potere da quasi tre decenni. Ora uniti dall’antiberlusconismo ma in passato acerrimi nemici, i tre re magi della Prima Repubblica hanno in comune il bollino dell’immatricolazione politica. I fantastici tre condividono la data in cui per la prima volta hanno messo piede in Transatlantico. E da lì non si sono più schiodati. 1983: governo Fanfani quinto poi Craxi primo; Pertini e Bearzot, Portobello, «L’amico è» di Baldan Bembo, i primi computer, Andropov e Reagan, E.T. (che non sta per Elisabetta Tulliani), la Roma di Falcao, gli swatch, Tortora in manette. Preistoria insomma. Ecco, il vecchio che avanza è diventato onorevole quel dì. Fini, Casini e Rutelli hanno cominciato a gattonare in quel di Montecitorio l’anno dopo dell’Italia di Pablito campione del mondo. Di strada ne hanno fatta parecchia: per ventotto anni hanno calpestato la moquette del Parlamento ma anche idee, valori, convinzioni, amicizie, alleati. Troppo lungo il percorso fatto per non entrare in rotta di collisione con tutti, ma soprattutto con se stessi.
Fini è un campione: fascista, antifascista, ma soprattutto sfascista. Chi lo lanciò, donna Assunta Almirante, ha ammesso: «Me lo scrisse anche il fondatore del Msi, Pino Romualdi: non insistere su Gianfranco. Ha distrutto il Fronte della gioventù, farà lo stesso con l’Msi». Touché. Nel suo zigzagare nel Palazzo, l’eterno secondo Fini è stato tutto e il contrario di tutto: proporzionalista e per il maggioritario, presidenzialista e parlamentarista, cattolico e laico, apologeta di Mussolini e suo denigratore, garantista e giustizialista, tifoso di Saddam Hussein quando faceva lingua in bocca con Le Pen e poi supporter dell’americana e democratica e ben più chic Nancy Pelosi, berlusconiano e feroce anti Cav. Tutto sempre per opportunismo.
Ma anche Rutelli non scherza: è stato radicale, pacifista, libertario, filocraxiano, garantista, manettaro, pidiessino, verde, andreottiano, mangiapreti e cattolico. Insomma, multicolor. Camaleontico, ha sempre cambiato colore a seconda del momento e della convenienza. Casini, invece, è democristiano nel dna e quindi macchinoso e doroteo per definizione. Discepolo del «coniglio mannaro» Arnaldo Forlani, Pier Ferdinando ha sempre scelto di tutto e spesso ha scelto di non scegliere. È stato favorevole all’alleanza col Carroccio col suo Ccd e poi antileghista con l’Udc; filo Cavaliere e antiberlusconiano; strenuo difensore del bipolarismo e poi super tifoso del terzo polo. Dieci anni fa ruggiva: «Il centro che conta è quello che si schiera. La gente non disperderà il voto in centri che non hanno prospettiva. Il centro vero deve scegliere perché il bipolarismo c’è, è nel cuore degli italiani che odiano le manovre di Palazzo». Ora è il principe della politica dei due forni e dell’«un po’ di qua un po’ di là».
I tre musicanti della Prima Repubblica, naturalmente, nel loro cammino si sono incrociati, amati e odiati a seconda delle reciproche convenienze, come in uno schizofrenico gioco delle sedie. Tutti contro tutti fino al 1994; Fini e Casini con Berlusconi contro Rutelli dal ’94 al 2006; Fini con Berlusconi contro Casini e Rutelli dal 2006 al 2010; e ora Fini, Casini e Rutelli insieme contro Berlusconi. L’armata terzopolista giura: domani saremo uniti. Ieri si massacravano. Nel 1993 Fini sbeffeggiava Rutelli: «Cattocomunista!». E l’altro: «Fascista!». Nel 2001 Casini picchiava Rutelli: «Non hai senso dello Stato!». E l’altro: «Con Fini, Buttiglione e Bossi sei il cameriere di Berlusconi». E Fini: «Ormai sei un disperato! E i camerieri sono quelli che ti presenteranno il conto il giorno delle elezioni». Oppure: «Petulante, bambino viziato, pinocchio!». Nel 2008 Fini graffiava Casini: «Non fai gli interessi degli elettori moderati che dici di voler rappresentare». E l’altro: «Ma io non vendo la mia storia come hai fatto tu!». Adesso la storia la vogliono fare insieme. Credibili? (il Giornale)
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