Il pubblico ministero chiede tre anni di carcere per Antonio Fazio, ex governatore della Banca d’Italia. La notizia, naturalmente, rimbalza dalle agenzie ai notiziari e da qui ai giornali, rinfrescando la memoria di quanti avessero posto nel dimenticatoio lo scandalo di quella scalata. Siccome è oramai chiaro che sul nostro naso si trovano occhiali diversi da quelli che usano altri, le considerazioni che ne ricavo sono diverse da quelle a piene mani diffuse.
1. Prima di tutto sarebbe ora di finirla con questo sconcio delle cronache giudiziarie alimentate solo con le accuse, come sarebbe ora di smetterla di dare informazioni utili solo a consolidare il pregiudizio colpevolista. Si comincia con le indagini, si prosegue con l’avviso di garanzia, poi la richiesta di rinvio a giudizio, quindi il rinvio, cui segue l’esposizione del pubblico ministero, per giungere alla richiesta di condanna. Prima di avere ascoltato un verdetto, provvisorio per giunta, l’imputato è già stato condannato una decina di volte.
2. Sia i fatti che l’inchiesta in questione risalgono al 2005. Sono passati cinque o sei anni per arrivare alla conclusione dibattimentale. Dopo le repliche delle difese (di cui nessuno pubblicherà alcunché) ci sarà la sentenza di primo grado. Questa verrà appellata, ovviamente. Poi, dopo il secondo grado, si chiederà alla Corte di cassazione di porre la parola “fine”. Tempi previsti, a volere fare in fretta, complessivi dieci anni. E mi tengo basso. Fuori dalla civiltà. Per giunta su un tema, relativo al mercato, in cui la realtà viaggia bruciando i minuti.
3. La mia opinione è che, in quella vicenda, Antonio Fazio abbia sbagliato. Non dico e non scrivo nulla sulla questione penale, perché conservo un (inutile) rispetto della legge e mi ripugna la sola idea che le colpevolezze e le innocenze si commercino fuori dalla sede dovuta. Ma ritengo che abbia sbagliato: quale che sia fine non poteva giustificare una condotta così poco conforme alla funzione. Detto questo, però, occorre ricordare che se, oggi, il nostro governo può andare in giro per l’Europa dicendo che la crisi è prevalentemente bancaria e che, pertanto, l’Italia ha colpe minime e le nostre banche sono messe cento volte meglio di quanto non siano conciate quelle degli altri, ciò lo si deve anche a Fazio.
4. Così come il processo di concentrazione bancaria, di cui quella scassatissima scalata era una delle tessere, è stato un fatto positivo. E lo dobbiamo, anche questo, a Fazio.
5. Gli ultimi due punti non devono servire per sostenere che le eventuali colpe penali si compensano con altri meriti, giacché le une non hanno nulla a che vedere con gli altri. Sono cose diverse e vanno mantenute separate. Ma dobbiamo piantarla di leggere, esaminare e ricordare la nostra vita collettiva solo alla luce delle carte processuali. E’ diventata una malattia, morale e mentale.
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