Giuliano Amato ha proposto di far pagare una tassa patrimoniale, in modo da dimezzare il debito pubblico. In diversi hanno fatto spallucce, ma vedrete che il tema tornerà a galla, quindi meglio definirne i contorni e segnalarne il più profondo difetto: Amato, in un certo senso, ci ha fatto un regalo, dimostrando quanto sarebbe pernicioso un governo tecnico, composto da presunti intelligentoni, ma privo di respiro e idee per il futuro. Il ragionamento di Amato è questo: per dimezzare il debito, riducendone così il peso finanziario, ci vorrebbero circa 10.000 euro a contribuente, ma volendo gravare solo sui più ricchi si tratterebbe di farne pagare 30.000 ad un terzo. Doloroso, ma risolutivo e in una botta sola. Non serve a niente farsi venire la bava alla bocca, o ricordare che il professore è già noto per avere taglieggiato, di notte, i nostri conti in banca. La proposta è irragionevole, e dirò il perché, ma resta il fatto che il nostro debito pubblico è troppo alto mentre il patrimonio delle famiglie è di gran lunga superiore. In caso d’emergenza è li che si andrebbero a mettere le mani. Amato fa finta di non comprenderne le implicazioni, ma gli altri non facciano finta che il problema non esiste, e la tentazione anche.
Il primo errore della proposta Amato consiste nel fatto che quel terzo d’italiani candidati a pagare per tutti non sono affatto i più ricchi, sono solo fra i più onesti. Viviamo in un Paese bislacco assai, in cui la sinistra suppone esistano ancora i proletari, spariti da tanto tempo, e il fisco non vede i paperoni. Che, anzi, sono tali proprio perché non si fanno vedere. Da noi è nascosta la ricchezza, mica la povertà. Fra i contribuenti onesti quelli che dichiarano redditi per i quali 30.000 euro sarebbero un sacrificio, ma non una tragedia, non sono affatto un terzo, ma assai meno dell’1%. Quella di Amato, quindi, è aritmeticamente una bischerata. Diverso se si passa dal reddito al patrimonio, ma, in questo caso, una tassa patrimoniale in quel modo concepita servirebbe solo a gettarci in una recessione profondissima, con un immediato crollo dei consumi. Si salverebbero solo i grandi evasori, in gran parte criminali. Non è carino.
Eppure il tema esiste, perché quel benedetto patrimonio c’è. E, del resto, non è un ragionamento così diverso da quello che fa il governo, quando chiede, in sede europea, di sommare il debito pubblico a quello privato e delle famiglie, riportandoci nella media: nel primo caso sono le famiglie ad essere ricche, nel secondo sempre loro ad essere virtuose. Ed è qui il punto politico: perché mai chi è parsimonioso e risparmioso dovrebbe svenarsi per un’amministrazione pubblica dissennata e sprecona? Sospendiamo la risposta e introduciamo un altro elemento: gli operai di Pomigliano hanno già detto sì all’accordo con Fiat, presto lo faranno anche quelli di Mirafiori, perché non solo conservano il posto di lavoro ma posso anche guadagnare di più. Per ottenere questo risultato è stato necessario rottamare il dogma della concertazione, rompere con la Cgil-Fiom e abbandonare una Confindustria attardata. La defiscalizzazione degli straordinari è sullo sfondo di accordi che tolgono valore sacro al contratto nazionale. Insomma, è un nuovo patto sociale, sebbene stipulato più per disperazione che per aspirazione.
Mettiamo assieme le due cose: si può anche chiedere agli italiani d’intaccare il proprio patrimonio per alleggerire l’onere finanziario del debito, ma solo se si offre loro un nuovo patto sociale, non corporativo e con una pressione fiscale largamente inferiore. Si può pensare di tassare il patrimonio, ma solo per detassare drasticamente la produttività. Allora la cosa ha un senso, assai più onesto sia del ragionamento di mera cassa che di quello che finge sommabili addendi di diversa natura politica e morale, come i debiti statali e quelli familiari. Gli italiani onesti già pagano tasse ingiustamente elevatissime, se si va a chiedere loro qualche cosa si deve offrire loro molto: la rivoluzione fiscale, la liberazione dal taglieggiamento. In caso contrario, se si va a prendere, con la forza, a cura di un fisco cieco e di un’amministrazione pubblica che se ti deve dare qualche cosa ti fa attendere decenni e se ti deve sottrarre un tallero te lo ruba con la violenza, anche se protesti le tue ragioni, se si procede in questo modo gli onesti metteranno mano ai forconi. E se in quel senso si muovesse un governo tecnico, otterrebbe il solo risultato di spingere la gente moderata e per bene a diventare estremista. La terapia perfetta per ammazzare la democrazia.
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