Qualcuno, naturalmente, storcerà la bocca dandoci degli asserviti, perché il titolo “L’anno del Cav” non piacerà a molti. Ci taccerano di berlusconismo acuto, ma forse è il caso di guardare le cose con obiettività. Chi è stato il grande protagonista del 2010? Berlusconi.
Nel bene e nel male. E, nel bene e nel male, è ancora in sella. Per di più, in modo saldo. Ha resistito ad ogni forma di intemperia. Ha resistito a nemici, ad amici e ad ex amici. Certo, ha commesso errori come tutti, ma ne ha commessi meno di quelli che gli vengono attribuiti e di certo i suoi nemici non ne hanno saputo approfittare.
Ha resistito a Gianfranco Fini che è partito da lontano, dalla direzione del Pdl per arrivare alla fondazione di Fli dopo mesi di guerriglia. Il Cavaliere ha superato indenne anche un partito di gente inadeguata. Nel Lazio va fuori la lista del Pdl? La Polverini vince lo stesso e il centro destra porta a casa quattro giunte in più rispetto alle precedenti regionali.
E mai come quella tornata elettorale è stata una vittoria personale di Berlusconi. Ha resistito a tutto, Berlusconi. A chi come Scajola si faceva comprare casa “a sua insaputa”, alle amicizie chiacchierate del sottosegretario (ormai ex) Cosentino e al piromane Calderoli che ha pensato bene di “bruciare” migliaia di leggi, comprese alcune utili.
Ha resistito, il Silvio nazionale, anche al “triplete” calcistico dei cugini interisti e al fuoco amico, di nuovo leghista, che gli ha piazzato Brancher come ministro. Una brutta figura, ma poi avanti tutta. Come sono state una brutte figure quelle relative a Ruby Rubacuori e alla “nipote” di Mubarack.
Come si potevano evitare le barzellette su Rosy Bindi, con tanto di bestemmia. Ma nessuno è perfetto. E così l’imperfetto Silvio ha fatto pure un passo indietro sul ddl intercettazioni, ma è andato dritto per la sua strada sulla riforma universitaria, nonostante gente che invece che in aula si assiepava in strada o sui tetti delle facoltà.
Per fregarlo, hanno provato a mettere spalle al muro il suo braccio destro più fedele (dopo Letta, naturalmente) Guido Bertolaso e il risultato quale è stato? Nullo. Tanta cacca addosso a Bertolaso, ma alla fine nessun reato contestabile all’ex Capo della Protezione Civile. Poi ci sono stati i rifiuti, che ciclicamente hanno provato a rovesciare sopra la testa di Berlusconi.
E poi c’è Report che si fa un giretto ad Antigua. Ce n’è per tutti i gusti. A sufficienza per mettere a tappeto chiunque, non Silvio Berlusconi. Perché nonostante tutto la fiducia è arrivata e seppur con una maggioranza meno ampia di prima (almeno per ora) si è liberato anche di quel rompiscatole di Fini.
E, alla resa dei conti, il Cavaliere è più forte che mai. Perché Futuro e Libertà già perde i pezzi. Perché Casini non sa da che parte andare. Perché Bersani è stretto in mezzo alla morsa ventennale formata da D’Alema e Veltroni. Perché Di Pietro fa i conti con i primi voltagabbana (e a lui sta cosa ha fatto veramente male) e con la prima opposizione (cosa che gli fa ancora più male).
Perché Vendola non sa che alleati trovare e, comunque, al massimo potrà puntare a vincere le primarie del centro sinistra (anche perché nel Pd sono abituati a perderle anche da soli), ma mai alla vittoria finale. Perché nonostante tutto, l’Italia è ancora in piedi, alla faccia di Grecia, Irlanda e Portogallo.
Perché, per quanto possa essere discusso, è la migliore espressione del popolo italiano. E lui, barcolla ma non molla. Rubando lo slogan anche al suo ex amico Fini. (l'Opinione)
Nel bene e nel male. E, nel bene e nel male, è ancora in sella. Per di più, in modo saldo. Ha resistito ad ogni forma di intemperia. Ha resistito a nemici, ad amici e ad ex amici. Certo, ha commesso errori come tutti, ma ne ha commessi meno di quelli che gli vengono attribuiti e di certo i suoi nemici non ne hanno saputo approfittare.
Ha resistito a Gianfranco Fini che è partito da lontano, dalla direzione del Pdl per arrivare alla fondazione di Fli dopo mesi di guerriglia. Il Cavaliere ha superato indenne anche un partito di gente inadeguata. Nel Lazio va fuori la lista del Pdl? La Polverini vince lo stesso e il centro destra porta a casa quattro giunte in più rispetto alle precedenti regionali.
E mai come quella tornata elettorale è stata una vittoria personale di Berlusconi. Ha resistito a tutto, Berlusconi. A chi come Scajola si faceva comprare casa “a sua insaputa”, alle amicizie chiacchierate del sottosegretario (ormai ex) Cosentino e al piromane Calderoli che ha pensato bene di “bruciare” migliaia di leggi, comprese alcune utili.
Ha resistito, il Silvio nazionale, anche al “triplete” calcistico dei cugini interisti e al fuoco amico, di nuovo leghista, che gli ha piazzato Brancher come ministro. Una brutta figura, ma poi avanti tutta. Come sono state una brutte figure quelle relative a Ruby Rubacuori e alla “nipote” di Mubarack.
Come si potevano evitare le barzellette su Rosy Bindi, con tanto di bestemmia. Ma nessuno è perfetto. E così l’imperfetto Silvio ha fatto pure un passo indietro sul ddl intercettazioni, ma è andato dritto per la sua strada sulla riforma universitaria, nonostante gente che invece che in aula si assiepava in strada o sui tetti delle facoltà.
Per fregarlo, hanno provato a mettere spalle al muro il suo braccio destro più fedele (dopo Letta, naturalmente) Guido Bertolaso e il risultato quale è stato? Nullo. Tanta cacca addosso a Bertolaso, ma alla fine nessun reato contestabile all’ex Capo della Protezione Civile. Poi ci sono stati i rifiuti, che ciclicamente hanno provato a rovesciare sopra la testa di Berlusconi.
E poi c’è Report che si fa un giretto ad Antigua. Ce n’è per tutti i gusti. A sufficienza per mettere a tappeto chiunque, non Silvio Berlusconi. Perché nonostante tutto la fiducia è arrivata e seppur con una maggioranza meno ampia di prima (almeno per ora) si è liberato anche di quel rompiscatole di Fini.
E, alla resa dei conti, il Cavaliere è più forte che mai. Perché Futuro e Libertà già perde i pezzi. Perché Casini non sa da che parte andare. Perché Bersani è stretto in mezzo alla morsa ventennale formata da D’Alema e Veltroni. Perché Di Pietro fa i conti con i primi voltagabbana (e a lui sta cosa ha fatto veramente male) e con la prima opposizione (cosa che gli fa ancora più male).
Perché Vendola non sa che alleati trovare e, comunque, al massimo potrà puntare a vincere le primarie del centro sinistra (anche perché nel Pd sono abituati a perderle anche da soli), ma mai alla vittoria finale. Perché nonostante tutto, l’Italia è ancora in piedi, alla faccia di Grecia, Irlanda e Portogallo.
Perché, per quanto possa essere discusso, è la migliore espressione del popolo italiano. E lui, barcolla ma non molla. Rubando lo slogan anche al suo ex amico Fini. (l'Opinione)
Nessun commento:
Posta un commento