Bersani ha voglia di dichiararsi “schiaffeggiato”, ma la sua è la tipica reazione di chi è stato toccato nel nervo scoperto: infatti, sul degrado della scuola pubblica la sinistra ha enormi responsabilità. A partire dai moti studenteschi del’68, sobillati allo scopo di sostituire, in nome di una malintesa democraticità, alla tradizionale serietà degli studi e obiettività nelle valutazioni, un presunto diritto equalitario tra capaci e incapaci, tra bravi e lavativi, tra disciplinati e facinorosi. Tutti eguali di fronte ad un 6 o un 18 politico garantiti, in ossequio alla ideologia comunista. Nessun bocciato, perché la colpa rimbalzerebbe all’insegnante.
Il solito sistema per ingraziarsi il consenso dei giovani e poi strumentalizzarli.
Il rifiuto di qualsiasi forma di autorità, la libertà di marinare la scuola per rispondere ai frequenti inviti dei sindacati monopolizzatori della formazione giovanile a manifestare, su comando, in piazza contro chi non fosse gradito alla sinistra non era, per i sessantottini, una facoltà ma un obbligo sia per gli studenti che per gli insegnanti pena, per i primi, il ludibrio o la bocciatura e, per i secondi, il blocco della carriera, quando non la defenestrazione.
Si introdusse il “tu” dei discenti verso gli insegnanti, quasi che l’autorevolezza di questi fosse una qualità negativa dareprimere; abolito il dovere degli studenti di tenere in classe un comportamento confacente con la dignità dello studio e rispettoso verso i docenti, con conseguente trasformazione delle aule in veri e propri locali da sballo; si introdusse il principio secondo cui “lo studente ha sempre ragione” e se non studia, non rende, non è intelligente è sempre colpa iuris et de iure della incapacità degli insegnanti.
Questi ultimi, peraltro, sia che fossero della vecchia guardia sia che avessero vinto il concorso per suprema selezione sindacale o assunti con precariato clientelare, non avevano comunque, per le suddette ragioni, più alcun interesse ad esprimere valutazioni obiettive, per cui le promozioni divennero a gò gò.
Ma è nel merito che la sinistra ha compiuto i misfatti maggiori: come da tradizione totalitaria, la formazione dei giovani è stata sempre uno dei pilastri per l’affermazione e il consolidamento delle ideologie.
Ed ecco che ogni testo scolastico approvato dal collegio degli insegnanti, doveva rispondere ai rigidi canoni del minculpop. Gli Editori non di sinistra, per campare, dovevano adeguare i libri a queste inderogabili regole e così, soprattutto in materia di storia, si assisteva ad un totale travisamento della realtà : la seconda guerra mondiale fu vinta dai partigiani. Degli angloamericani nessuna traccia; i partigiani ? Eroi e patrioti. Nulla si dice che i più erano comunisti intenzionati a consegnare l’Italia a Tito e al blocco sovietico e che gli andò male per intervento degli alleati. E poi lo spettro del fascismo, senza alcun cenno alle “purghe” di Stalin e ai milioni di concittadini russi fatti ammazzare. Le Foibe? Alcun cenno e se proprio si legge ora qualcosa è che esse furono legittima reazione agli italiani invasori e cattivi. Non che fu vera e propria pulizia etnica. I centri sociali contribuivano al consolidamento del plagio collettivo. Ci fu anche chi scrisse un
voluminoso libro con tutte le falsità storiche dei testi di sinistra nelle scuole.
Ho parlato usando l’imperfetto, ma questa è ancora la situazione attuale.
Per farla breve, la riforma Gelmini si è dovuta scontrare con la realtà di una scuola pubblica fagocitata nel suo organico docente e deturpata dal plagio dei giovani studenti. Quindi, da molto tempo malata di ideologia e pervasa da una cultura monolitica di sinistra.
Ne sono riprova i recenti moti di reazione ad una giusta riforma diretta a reintrodurre i perduti valori formativi. Abbiamo, infatti, assistito a manifestazioni di studenti, in buona o cattiva fede ma palesemente indotti da una falsa rappresentazione del provvedimento, tanto da rivolgersi contro i propri interessi e in favore delle baronie, dei clientelismi e di quanto di più nefasto è stato introdotto negli ultimi cinquant’anni da una cultura ideologica e politicizzata.
Ulteriore prova è data dalla “indignazione” degli insegnanti alle parole del premier, con la quale si contesta l’ideologicizzazione della categoria, laddove la moltitudine di docenti e presidi presenti alle manifestazioni indette dalla sinistra contro la Riforma Gelmini attesta proprio il contrario.
Detto questo, può essere vero che le affermazioni di Berlusconi circa la valorizzazione della scuola privata, che è quasi tutta in mano alla Chiesa, risponda ad una esigenza politica e diplomatica di attenuare gli attacchi politici che i cardinali Bagnasco e Bertone, sia personalmente che attraverso la stampa vaticana, gli rivolgono quotidianamente, ma questa posizione è comunque quella da sempre sostenuta dal Presidente del Consiglio ed è la più banalmente razionale e fondatamente legittima.
Questo anche se Bagnasco ha immediatamente risposto con parole a sostegno della scuola pubblica, comprensibili solo se si tenga presente quanto sia grande l’interesse del Vaticano alla caduta del governo Berlusconi che impedisce la formazione di un Centro veterodemocristiano dominante e gestito da Casini.
In ogni caso, è la Costituzione che garantisce la pluralità delle scuole (art.33, comma 3°), per cui ci troviamo di fronte ad una contraddizione che non consente equivoci.
Chi si lamenta oggi delle affermazioni di Berlusconi, non può essere che la sinistra preoccupata di perdere il monopolio della formazione supportata da quegli studenti che non hanno voglia o capacità di studio, cui tuttora è garantita la promozione facile.
La sinistra teme, altresì che , oltre alla riforma Gelmini, oltre quella da venire sulla Giustizia e gli interventi sul taglio dei finanziamenti per cinema e teatri, produttori di cultura partigiana e diffamatori dell’Italia all’estero, si demoliscano uno per uno i pilastri su cui si regge il comunismo nostrano.
Ma, al di là di ogni considerazione, rimane e rimarrà ancora per molto tempo, una falsa possibilità di opzione : da un lato una scuola pubblica ideologicizzata e politicizzata, dall’altro una scuola confessionale.
Mentre si preannunziano le solite manifestazioni di piazza contro le parole di Berlusconi, io rimango ad accarezzare il mio vecchio sogno di una scuola laica e indipendente, col solo sostegno economico dello Stato, dove si possa studiare seriamente senza alcun indottrinamento da una parte o dall’altra e con l’unico fine di preparare i giovani sia dal punto di vista professionale, sia da quello della educazione civica e del rispetto dei valori fondamentali.
Solo così potremo competere con tutti gli altri Stati occidentali, dove l’assenza di ogni ingerenza politica o spirituale è garanzia di serietà e di professionalità. (Legno storto)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento