Dopo anni, per la precisione otto, di spasmodica attesa l’opposizione ha ottenuto ciò che voleva, cioè vedere Silvio Berlusconi varcare la porta di un tribunale, quasi che da questo dipendesse il futuro del Paese. È accaduto ieri a Milano, udienza preliminare del processo Mediatrade, una complicata storia di diritti televisivi tra l’Italia e l’America. Berlusconi è accusato di essere socio occulto di un mediatore, anche se i conti non tornano. Il premier infatti non si è mai occupato direttamente di questa pratica e comunque appare bizzarro che abbia pagato tangenti a se stesso, come sostiene l’accusa. Sta di fatto che così si incardina il venticinquesimo processo contro di lui, un record italiano e probabilmente mondiale che la dice lunga in quanto ad accanimento giudiziario.
Finita l’udienza, Berlusconi si è intrattenuto in strada con un gruppo di simpatizzanti. Saluti e qualche battuta, una sorta di «predellino due» sulla giustizia. Ciò è stato sufficiente per innescare la protesta del solito Di Pietro, che evidentemente vorrebbe regolare per legge anche le apparizioni pubbliche del primo ministro. A Fini è permesso fare campagna elettorale da presidente della Camera, al premier dovrebbe essere vietato salutare i suoi sostenitori.
La verità è che l’opposizione ormai sa soltanto fare sfascismo. Se Berlusconi non va ai processi è scandaloso, se ci va è scandaloso uguale. Dalla crisi libica al problema dei clandestini, tutto è usato in chiave di polemica, direi guerra, politica. Basta infangare, distruggere anche ciò che di buono e utile si riesce a fare. E non soltanto per quello che riguarda il Cavaliere. L’altra sera, sulla Rai, tv di Stato, la trasmissione Report è riuscita a toccare un nuovo picco di antitalianità, facendo passare Sergio Marchionne,amministratore delegato Fiat, per un furbetto in cattiva fede e anche un po’ incapace. L’uomo che ha salvato la Fiat, il manager che il mondo ci invidia e che ha la fiducia del presidente degli Stati Uniti è stato ridicolizzato perché abita in una lussuosa villa in Svizzera (dove ha la residenza da anni), perché ha comprato casa all’ex moglie facendo sistemare il giardino da personale italiano che costa meno di quello svizzero e perché paga le tasse in quel cantone.
La Gabanelli e soci evidentemente la sanno lunga su come gestire la prima industria italiana. Si sono avventurati in calcoli ed analisi, hanno cercato di contare i giorni che Marchionne passa in Italia, perché se fossero più di 183 si potrebbe configurare il reato di evasione fiscale. Insomma, Marchionne è avvisato. Come tutti quelli che in Italia vogliono cambiare per modernizzare il Paese (il caso Berlusconi insegna), sta finendo nel tritacarne mediatico. Gli auguriamo di scampare a quello giudiziario, anche se non escludiamo che qualche zelante pm voglia vederci chiaro sui giardinieri e sul numero di giorni che passa in Svizzera. A sinistra, quando si tratta di fare male all’Italia, sono specialisti. (il Giornale)
Nessun commento:
Posta un commento