Verrebbe da ridere, dopo il primo ok al processo breve, se,invece, la giustizia non facesse piangere, e, soprattutto,pensare. Intanto, alzi la mano o taccia per sempre chi non vuole il processo breve che peraltro, fu brevissimo solo per Bettino Craxi condannato dalla giustizia modello speedy Gonzales in meno di tre anni, dal primo grado all’ultimo. Ha fatto bene il Cavaliere a dare un’accelerata alle scelte sul comparto retto dal ministro Alfano, il quale ha finalmente snocciolato in Senato cifre, fatti, dati e responsabilità della catastrofe giudiziaria. Ai giustizialisti e al loro partito bisognerebbe sempre rispondere con dati inconfutabili, visto che per loro contano gli avvisi di garanzia, le accuse e le sentenze passate in giudicato, queste ultime assunte come verità storica, come oro colato. Oro falso, in non pochi casi. Tant’è vero che il Presidente della Repubblica ha invitato il recidivo Donadi (Idv) a rileggere quanto sancito a Strasburgo contro una delle due sentenze finali contro Craxi. Ma tant’è. C’è tuttavia un’altra questione che fa pensare e che, vista retrospettivamente, denota l’ennesima inquietante anomalia della giustizia all’italiana. Che, tra l’altro, accomuna Craxi e Berlusconi. In una sua intervista ad Hammamet, credo del 1996, con Bruno Vespa, il leader del Psi, già da allora, faceva notare come prima del 1992 non fosse mai stata elevata da nessun magistrato italiano l’imputazione di violazione del finanziamento pubblico che, al contrario, fu comminata successivamente a migliaia di soggetti. Il lungo silenzio della giustizia su un dato di fatto diffuso, noto al Parlamento per la falsità dei bilanci dei partiti, invasivo della economia, e che durava indisturbato dal 1945, la dice lunga sull’intero sistema Italia, attribuendo anche alla magistratura un ruolo se non di copertura certamente di silenzio e di indifferenza rispetto ad un reato che, non prima, ma dopo il 1992, divenne il paradigma della colpevolizzazione, demonizzazione e annientamento della Prima Repubblica.
Ma c’è un altro silenzio, non meno assordante, da parte dei giudici. E riguarda, come si accennava sopra, Silvio Berlusconi. Non si hanno notizie di alcuna informazione di garanzia, di nessun avviso di reato, di nessuna violazione di legge nei suoi confronti prima del 1994, prima cioè della sua discesa in campo, della sua scelta di darsi alla politica. La caccia giudiziaria al Cavaliere ha inizio dopo quella data e, fatto da non trascurare, un avviso di garanzia del Pool e di Di Pietro contro l’allora Premier viene sbattuto in prima pagina durante una conferenza mondiale a Napoli, provocando la crisi del primo governo Berlusconi. Anni e anni dopo il Cavaliere veniva prosciolto da quel reato. Poco tempo dopo quell’ingiusto avviso, Di Pietro lasciava la toga, diventava ministro in un governo Prodi, poco dopo, senatore Pds nel Mugello. Dal fatale 1994, quando Silvio sconfisse la gioiosa macchina da guerra, non si conteranno più le perquisizioni a centinaia contro le sue aziende, gli avvisi di reato nei suoi confronti, le imputazioni, le chiamate in tribunale ecc. Notiamo, en passant, che con un altro avviso di garanzia nel 2008 fu colpito e affondato il governo Prodi nella persona del ministro Mastella. Qualche anno dopo fu prosciolto anche Clemente da quel reato. Nel frattempo, il Pm De Magistris che l’aveva accusato, abbandonava la toga diventando deputato europeo per il partito di Di Pietro. E ho detto tutto... (l'Opinione)
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