Non mi preoccupano gli studenti che manifestano per le cose sbagliate, facendosi del male e impoverendo il loro già misero futuro. Mi preoccupa che nessuno abbia il coraggio di dirglielo, preferendo blandirli o ignorarli. Se solo li si considerasse con un minimo di rispetto, questi giovani sfilanti, si dovrebbe dire loro: la cosa peggiore che possa capitarvi è anche la più probabile, vista l’aria che tira, ovvero che vi diano retta, che veramente assumano tutti i precari, stabilizzino tutti gli associati, incattedrino tutti quelli che non hanno trovato di meglio da fare, perché così, voi, vi ritroverete più poveri e più ignoranti.
Franco Debenedetti l’ha detto con una battuta: ho sognato che la riforma dell’università era stata bloccata non per mancanza di fondi ma per eccesso di assunzioni. Perché non provate a pensarci, oh giovani dei collettivi “Senza tregua”. Almeno per non continuare ad essere senza senso. Il diritto allo studio, e il diritto a studiare in posti selettivi e meritocratici, quindi formativi e utili, non solo non è parente, ma è l’opposto delle assunzioni a vagonate. Possiamo discutere quanto volete sulle responsabilità passate, sulle colpe di quanti (tanti) ci hanno ridotto in questo stato, ma una cosa è sicura: spendere per stabilizzare e non per cambiare, selezionare e investire non è un modo per rimediare, ma per perseverare nell’errore.
Non ho alcun timore di farvi arrabbiare, non me ne importa nulla della vostra reazione, anche perché temo che neanche leggiate. Lo farà qualcuno per voi, indicandovi, di volta in volta, il nemico contro cui scagliarvi. E voi, allocchi, indosserete l’abitino da corteante, procedendo. Forse non sapete quel che succede attorno ai vostri cortei. Io c’ero, ieri, a Roma. Il numero di vigili e poliziotti mobilitati, a spese del contribuente, è pari al doppio di quello dei manifestanti. Il numero di cittadini cui è stata massacrata la mattinata, a spese loro, è pari a mille volte il numero dei manifestanti. Noi lì attorno non siamo bestie, non abbiamo fatto del male a nessuno, semplicemente cercavamo di lavorare. Perché, sapete, in Italia non ci sono solo pensionati, falsi invalidi e mantenuti a vario titolo, esistono anche quelli che lavorano. Uomini e donne di ogni età siamo stati sequestrati, e vi garantisco che a nessuno è venuto in mente di domandare ai vigili: chi sciopera? per quale giusta causa? Sicché si dovrebbe avere quel minimo di buon senso da potere dire una cosa banale, ma rivoluzionaria: i cortei dovrebbero essere proibiti. Questa forma di protesta, da lega bracciantile, è tardo ottocentesca. Nella società 2.0 non ci si affaccia alla finestra, non si legge il volantino, non si ascolta il comizio, si resta bloccati a dieci chilometri di distanza, a imprecare.
Il motorino, il due ruote per muoversi in città, fu una prerogativa di noi giovani (quando lo eravamo). Ora, con quel mezzo, sfreccia ed arranca una massa di vecchietti lavoratori, che non hanno (abbiamo) il posto fisso da una parte, ma provano (proviamo) ad essere in parti diverse senza perdere troppo tempo. Lo usano centinaia di migliaia di mamme che sperano, in questo modo, di conciliare il lavoro con la necessità di recuperare il pargolo all’asilo. Le nostre metropoli sono sistemi complessi. Ve lo siete posto, il problema? O la vostra adolescenziale arroganza v’impedisce di considerare l’ipotesi che il lavoro vada rispettato?
Oggi è difficile che queste poche parole vi raggiungano. E’ finita la manifestazione e comincia il week end. Oh, yes. Voi sarete paghi d’avere manifestato contro Maria Stella Gelmini, che, si sa, è berlusconiana, quindi se lo merita. La citata Gelmini, nel frattempo, si adopera per convincere il ministro dell’economia che vale la pena spendere dei quattrini per finanziarie assunzioni e spese dei rettori, in modo da alimentare il consenso che permetta la riforma degli studi. Quanto tempo ci metterete, “senza tregua” dei miei stivali, a capire che, semmai, avreste dovuto manifestare per appoggiarla?
Non mi preoccupate voi, lo ripeto, ma il fatto che vi circonda un mondo vile, incapace di contrastarvi per aiutarvi a capire. Anche nel mondo giovanile, il problema non siete voi, perché quelli dei collettivi e dei comitati, di base o di lotta, sono sempre esistiti (i più capaci andavano, poi, a lavorare per i padroni, adorandoli in orale e scritto, facendo i soldi, e considerando, non del tutto a torto, fessi con il botto quelli che continuano ad andare loro appresso). Mi preoccupa un esercito di giovani più preoccupato di come calzarsi che di dove andare. Se lo sapessero, del resto, saprebbero anche dove mandare voi.
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