Passerà alla storia delle cronache politiche italiche come il fine settimana della rottamazione. A Perugia Fini ha messo a segno un altro punto per mandare in soffitta Berlusconi mentre a Firenze i “jovani” del Partito Democratico, Matteo Renzi e Pippo Civati in testa, vorrebbero finirla con il cerbero veltronian-dalemiano del PD. La prima (e non ultima) edizione di "Prossima Fermata Italia" è stato un buon successo mediatico e merita perciò d'esser analizzato.
Matteo Renzi, il democristiano sindaco di Firenze e ormai quotidianamente proiettato sugli schermi televisivi dei patri notiziari, è ufficialmente leader nazionale. Peccato che di novità politiche neanche una. Infatti la “chiacchierata sul futuro dell'Italia” di Firenze - come l'ha definita lo stesso Renzi - è stata solamente un tedioso susseguirsi di cliqués politicamente corretti e di chiacchiere appunto, che hanno partorito un rachitico topolino: un documento che è un brevissimo miscuglio di retorica tardo obamiana su Speranza&co (“… Ci mettiamo in gioco perché abbiamo sogni concreti da condividere”), con le solite nenie sulla precarietà, chiuso da un disgraziatissimo riferimento alla grandezza del sussidio (“Un paese …. che renda il lavoro meno incerto, e il sussidio più certo). Roba da prendere azienda, dipendenti (consenzienti, ben inteso!) e annesso capannone ed emigrare seduta stante.
Se questo è il “change” all'italiana, siamo già cotti. Si dica il vero: alla Leopolda è andata in onda un'egregia e studiata operazione di marketing politico (allo spontaneismo venduto dallo stesso sindaco di Firenze non credete) ma terribilmente miserrima in termini di proposte. In una nazione italiana che avrebbe bisogno di una sinistra rinnovata da un'ondata di sano blairismo (magari con minore spesa pubblica); che abbisognerebbe di un cambiamento nella visione della società, magari finalmente fondata su merito e successo personale; di una sinistra che abbassi le tasse; di una sinistra liberale - e anche un po' politicamente scorretta - che guidi il paese, ne sappia ascoltare la pancia e che lo guidi fuori dalla secche. Niente. Se molti avevano creduto che Renzi fosse il prodromo di un fenomeno di questo genere, è costretto, dopo il weekend della Leopolda, non solo a rivedere le stime ma a ri-parametrizzare tutto. Insomma se è vero che l'incipit è sempre l'incipit, non c'è da aspettarsi granché dal leaderismo stucchevolmente giovanilista e perbene di Renzi&co.
A Firenze è andato in scena solamente una sequenza contingentata di interventi, coordinati dai due ospiti con clarks e pulloverino lilla, di un manipolo di giovani uomini e donne che sudano nel parlare in pubblico, che non hanno idee, che al massimo si sono letti la Teoria della Giustizia di Rawls e qualche scritto di Gramsci, e che pensano che, parlando di precarietà, legalità e tutte le -ità di cui Repubblica, Unità e oggi Fatto Quotidiano si son riempiti la bocca in questi ultimi anni, si possa veramente portare il PD al governo della nazione.
Un certo numero di uomini e donne con l'unico merito di avere sulle rispettive carte d'identità le ultime due cifre della data di nascita leggermente più grandi e tendenti al 100 rispetto a quella dei dirigenti di Roma. La retorica però è sempre la stessa: resistenza, precariato, legalità, centro-destra mafioso, qualche attacco a Loiero-Bassolino-Lombardo. E ancora: le unioni civili da "paese civile" come dicono loro, lo ius soli per i figli di immigrati, l'abbattimento del debito pubblico, il tutto in un tripudio di fumoso entusiasmo generazionale, faisbucchiana insignificanza e youtubiana inconsistenza su mega-schermi dove, soddisfatti e sorridenti “jovani” con l'occhialetto stiloso e i capelli corti tinti, facevano le comparse nello spettacolo della nuova leadership.
Renzi&co hanno preso il peggio del fenomeno mediatico-politico berlusconiano (ogni fenomeno ha il suo lato oscuro) senza aggiungervi il bello: il dovuto coraggio. I padri di “Prossima Fermata Italia” hanno solo voglia di destituire i loro reggenti con l'aiuto dei giornaloni di Milano che mandano i loro 'jovani' cronisti a stringere la mano del futuro leader del centro-sinistra e a guardarne i nei da vicino. Ma andate più giù. Sfilategli il cappotto di dosso e vi accorgerete che “Sotto il vestito, è il niente”. (l'Occidentale)
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