1. La Repubblica riconosce il 9 maggio, anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, quale “Giorno della memoria”, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice.
2. In occasione del “Giorno della memoria” di cui al comma 1, possono essere organizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di ricordo dei fatti e di riflessione, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche.
Questo il testo stringatissimo della Legge 4 maggio 2007, n. 56, votata del governo Prodi (quello con 105 sottosegretari), che ha istituito la ricorrenza che tutti i tg oggi hanno amplificato, vuoi per attaccare sottotestualmente Berlusconi a proposito delle sue critiche ai magistrati, vuoi per incensare ulteriormente la figura del presidente della Repubblica.
Sono andato a cercarmela perché, forse per una inguaribile allergia a tutte le forme di retorica e di ipocrisia, e alle liturgie attraverso le quali il potere si difende e si perpetua, e soprattutto alla marmellata dell’informazione italiana, volevo proprio leggermelo con i miei occhi il testo. Devo dire che, come spesso mi succede guardando le dichiarazioni altisonanti di cui la politica italiana è inflazionata, i sospetti e le perplessità non se ne sono andate (come invece avrei gradito) .
Innanzi tutto devo dire che mi lascia piuttosto perplesso che il nome del politico Moro (statista, per molti, lo è diventato solo dopo il 9 maggio 1978) venga ad assumere, essendo l’unico citato nell’articolo di legge, l’importanza di un simbolo e, soprattutto, ridimensioni ulteriormente i nomi di tutte le altre vittime, anche sconosciute, della stagione terrorista. Menzionare uno e uno solo, infatti, fa scomparire gli altri ed invero è proprio per evitare questo effetto, per esempio, che è stato creato il monumento al Milite ignoto.
Per quanto mi riguarda aggiungerei che quando penso alle vittime di terrorismo e stragi penso subito a Piazza Fontana (senza colpevoli), a Piazza della Loggia(idem), all’Italicus (…), alla stazione di Bologna (colpevolezze piuttosto controverse quelle di Mambro e Fioravanti e da loro peraltro sempre rigettate). Penso cioè a tutte quelle persone rimaste esanimi per terra, gente politicamente “ignota” come il Milite e forse, proprio per questo, ancora più “pesante”. Solo in un secondo momento nella memoria mi affiorano i nomi di alcuni magistrati, di alcuni giornalisti, di Guido Rossa.
Circoscrivendo il ragionamento intorno a Moro c’è da rimarcare che la strage è stata perpetrata il 16 marzo, quando sul selciato rimasero i cadaveri della scorta (nomi, questi, che nessuno si premura di far ricordare con apposita legge). Il 9 maggio ci fu l’assassinio del parlamentare democristiano dopo che il partito della fermezza aveva battuto quello della trattativa e dopo che le ricerche e le intuizioni (compresa quella che avrebbe visto proprio Prodi fra gli altri assistere ad una seduta spiritica) non avevano portato a nessun risultato.
Soltanto tre anni dopo il partito della fermezza si sarebbe sgretolato quando ad essere rapito fu l’assessore campano (e Dc) Ciro Cirillo, che riuscì a tornare a casa dopo 89 giorni di sequestro. (the Front Page)
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