Al Quirinale s’è persa freddezza, s’è preso il vizio di cincischiare con le parole, finendo con l’inciampare nei fili di ragionamenti tortuosi e scarsamente fondati. In qualche caso si spingono oltre, infrangendo la lettera e lo spirito della Costituzione. So che si tratta di un giudizio severo. Ne sento il dolore, per il culto che rivolgo alle istituzioni. Conosco le possibili implicazioni, oggi le conoscono tutti, ma Giorgio Napolitano ha detto cose oggettivamente assai gravi.Egli ha affermato, parlando ai prefetti, che da tredici anni, da quando fu nominato ministro degli interni, si sente al di sopra delle parti, s’è incarnato nelle istituzioni. Ha detto: “ero determinato a svolgere l'incarico come uomo ormai delle istituzioni e non di una parte politica”. No, Signor Presidente, Lei ha confuso la politica con la faziosità, il militare in un partito con il militare contro le istituzioni. Forse Lei risente dell’avere militato a lungo, molto a lungo, anzi, sempre, in un partito, quello comunista, che aspirava a portare l’Italia fuori dal novero delle democrazie occidentali e farla divenire parte di quelle “popolari”, che erano delle dittature. Ma dobbiamo ricordarLe che i ministri sono sempre di parte, il governo, democratico e repubblicano, è sempre espressione di una parte politica, o di una coalizione, forte della vittoria elettorale e, quindi, capace di riscuotere la fiducia del Parlamento, che è composto da uomini di parte. Non c’è nulla di male, anzi, è un gran bene. E l’essere di parte non impedisce di servire lealmente le istituzioni, come, del resto, ciascun ministro giura. Oggi nelle Sue mani.
Perché Lei vuol sentirsi diverso? Chi le faceva opposizione, secondo Lei, era nemico delle istituzioni? Si rende conto, di quel che ha detto? O pensa che i Suoi colleghi di allora, o i ministri di oggi, abbiano violato il solenne giuramento? Lo dica, se lo pensa, ma non confonda le idee ai prefetti che, al contrario di Lei e di ogni altro politico, sono funzionari dello Stato, non eletti dal popolo, non di parte.
Napolitano, purtroppo, non si è fermato a questo, che è già terrificante, è andato oltre, riferendosi alla trasformazione federalista dello Stato: “Si tratta di un processo in pieno svolgimento e che ancora richiede alcune incisive modifiche costituzionali”. No, Signor Presidente, Lei ha il dovere di difendere la Costituzione così com’è. Il che non significa, naturalmente, ostacolare le riforme, ma neanche chiederle. Chiedendole, Lei la viola, la Costituzione.
La riforma del titolo quinto della Costituzione fu fatta, dal centro sinistra, sotto la presidenza d’Aula affidata a Napolitano, con un solo voto di maggioranza. Una riforma successiva, votata dal centro destra, fu avversata dallo stesso schieramento che poi elesse Napolitano al Quirinale. Schieramento che chiese il referendum confermativo e, con quello, grazie allo scarso afflusso di votanti, la cancellò. Si tratta di materia politica viva, al centro di scontri forti, rispetto alla quale il Presidente della Repubblica non deve e non può parteggiare, per giunta nella stessa giornata in cui si proclama non di parte.
Prenda queste parole, certo ruvide, Signor Presidente, come la supplica di chi non intende restare inerte nel mentre le istituzioni sono vilipese. Si fermi. Se altri reagiranno al posto Suo, ne colga il lato pericoloso. E se avrà modo di cogliere la gravità della situazione, si soffermi a riflettere su questi nostri giorni, sul fatto che ci sono smentite destinate a nascondere ferite profonde, nel cuore delle istituzioni.
Mi riferisco alla sentenza della Corte Costituzionale, circa il lodo Alfano, ed alla nota diramata dal Quirinale. Previdi l’abrogazione, anche perché la meritava. Ciò non toglie due fatti, pesanti ed ineludibili: a. quella legge era stata scritta ricalcando una sentenza della stessa Corte, sotto la diretta assistenza di un Quirinale che, firmando, se ne fece garante, non si tratta di un “patto”, o di altro sotterfugio inconfessabile, ma della pubblica e nota realtà dei fatti, sicché la recente sentenza smentisce la Corte di ieri, oltre che il Presidente della Repubblica ed il Parlamento di oggi; b. si è tollerato l’intollerabile, compresa la prassi di eleggere i presidenti della Corte Costituzionale in violazione della Costituzione, ma oggi si aggiunge la deturpazione di giudici che votano in disciplinato ossequio e totale aderenza alle partiti politiche cui devono la nomina.
Si può pure chiedere a tutti di uniformarsi all’ipocrisia ed al servo encomio, si può pure imporre al Tizio od al Caio di tacere e piegare la testa, ma ho la preoccupazione che cresca il numero delle teste vuote, e che a piegarsi sia quello splendido edificio costituzionale che da tempo è preso d’assalto da presunti restauratori, che si comportano da demolitori.
Il Presidente Napolitano è anche il mio Presidente, perché regolarmente eletto a Capo della nostra Repubblica. Non ci chieda, per carità, di estendere il rispetto che tutti dobbiamo all’istituzione fino a ricomprendere il rispetto per il Suo, personale, passato, giacché, in questo modo, non renderà più forte la democrazia, ma la sommergerà di fantasmi che ancora urlano.
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