Ebbene abbiamo avuto le nostre lezioncine di democrazia: prima la farsa del referendum sindacale dove i lavoratori hanno detto no, ma hanno vinto i si perché ormai i sindacati rappresentano solo i garantiti, pensionati e fannulloni della funzione pubblica; poi il plebiscito (à la Chavez) del candidato unico alla segreteria del Partito Democratico (con Letta e Bindi protomartiri e Bersani messo in condizioni di non nuocere), deciso dal Corriere della Sera e dai dirigenti dei partiti, con liste d’apparato e VIP al seguito. In entrambe le situazioni, nel caso in cui gli spasmi democratici fossero incontrollabili, era possibile votare ripetutamente in vari seggi, includendo prole e badante rumena.
Abbiamo sopportato mesi di campagna elettorale, con tanto di garanzia e supervisione della AGCOM, nella quale l’uomo nuovo ci ha fatto sapere – con tutta la pacatezza possibile, ci mancherebbe - che si è vero, ci vuole più sicurezza, bisogna diminuire le tasse e la spesa pubblica, si è vero, l’età pensionabile va innalzata pesantemente, ci vuole un patto tra generazioni. Sembrava il programma della CdL alle scorse elezioni e sono stato tentato di farmi la fila con Afef e la banda di Zelig, al gazebo sotto casa. Ma poi l’uomo nuovo, con la solita piroetta semantica di cui è maestro, ci ha detto che appoggia incondizionatamente il Governo Prodi che nel frattempo taglia le risorse alla sicurezza, alza le tasse e la spesa pubblica, abbassa l’età pensionabile e ne fa pagare i costi ai giovani parasubordinati alla faccia del patto fra generazioni.
Sono mesi e mesi che il presente e, peggio, il futuro del Paese è in mano alle paranoie ambientaliste di Pecoraro Scanio (visti i tempi, prossimo candidato al Premio Nobel per Chimica), al terrore tributarista di Visco, all’estasi estetica della tassazione di Padoa Schioppa e alla schizzofrenia luddista della CGIL. Sono usciti deliquenti dalle carceri perché non c’era posto (?), per poi scoprire che i reati aumentano vertiginosamente e negli istituti penitenziari mai inaugurati albergano immigrati autosponsorizzati grazie alle intuizioni della strana coppia Amato-Ferrero. Generali della Guardia di Finanza destituiti, membri non graditi del CdA Rai costretti alle dimissioni, componenti della Corte Costituzionale che decidono di andarsene, il tutto all’interno di una occupazione di potere senza precedenti.
Insomma, il centro sinistra se la canta e se la suona, con il risultato che l’opposizione è sparita dal dibattito politico e i valori e le idee della maggioranza reale del Paese occupano spazi sempre più ridotti. Si ha l’impressione che questa maggioranza non sia più rappresentata, che le istanze che questa parte di Paese rappresenta riposino in un cassetto in attesa che qualcosa, ma non è chiaro che cosa, accada.
Ma il Governo non imploderà, come forse si tende a pensare. Tra finanziarie elettorali, stampelle di sostegno (ma si può dire?), corporazioni amiche, si darà tempo a Veltroni di organizzare il PD, raccattare qualche contenuto pacatamente riformista (magari copiandolo dal programma della CdL), rabbonire l’amico Mussi, e studiare, ecumenicamente, una desistenza costruttiva con la sinistra radicale. Fatto ciò – non importa con quale legge elettorale - si potrà andare a votare e il rischio di trovarsi Veltroni a Palazzo Chigi, magari per due legislature (à la Blair), è più che reale. Non dimentichiamo che cosa è riuscito a fare a Roma, trasformando il nulla in successo, il clientelismo in modello Roma, generando un plebiscitarismo pervasivo e frustrante. Non dimentichiamo che chi controlla manu militari la finanza italiana era in fila ai gazebo, domenica scorsa, con il Corriere della Sera in mano, in modo da seguirne attentamente le indicazioni di voto. La maggioranza reale del Paese non vuole moririe democratica. E’ pronta a qualunque tipo di adunata, basta un segnale. Che qualcuno batta un colpo. (l'Occidentale)
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