Una delle tante prove della assenza di un giornalismo serio in Italia ci viene dalla totale incapacità dei nostri rumorosi commentatori politici di afferrare il senso della partita che si sta giocando in Sicilia. Anchilosati dentro i loro schemini miseri, i nostri ''grandi'' ci raccontano uno scontro tra le candidature di Micciché e Lombardo di tipo classico: lotta di potere tra due leader locali. Ovviamente è anche così. Ma non è solo così, tanto che la lunghissima trattativa e lo stesso atteggiamento interlocuorio di Berlusconi ne sono il riflesso.
Il punto vero, la notizia vera è che Micciché si sente forte di una pressione della ''altra Sicilia''. Che non è affatto la ''Sicilia dell'antimafia'' della Borsellino, anch'essa stereotipa. Ma che è la Sicilia di Confundustria, di giovani e meno giovani che sono stufi, arcistufi del ''mastellismo'' di quel colloso intreccio tra politica e favori che caratterizza da cento anni la politica meridionale.
Questa pressione di svolta, questa voglia di una rappresentanza svincolata dalla centralità delle cariche nelle Asl è la vera posta in gioco, là dove Lombardo -personaggio rispettabile, peraltro- rappresenta con le sue liste di medici ospedalieri, medici mutualisti e personale paramedico, proprio l'Accademia della politica-Asl (con i guai e gli inciampi conseguenti e paradossali di un Cuffaro che non inciampa tanto sui 5 anni di condanna, quanto sui cannoli per festeggiare la condanna stessa).
Un vento nuovo attraversa e sconquassa il centrodestra siciliano. Questa è la notizia. Ancora più ghiotta perché in quello scontro politico il partito di Casini -il ''nuovo'', l'''innovatore''- è praticamente ostaggio del più vecchio clientelismo di cui Cuffaro è la gioiosa rappresentazione psicosomatica.
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