Mai come in queste settimane, che hanno visto la rivolta dei tassisti e dei camionisti, la mia Teoria liberale delle lotta di classe aveva trovato, a mio parere, conferma più evidente ma anche più drammatica.La protesta dei tassisti ha portato alla paralisi delle grandi città, quella dei camionisti ha paralizzato l’Italia intera. Ma non sono state rivolte inevitabili: sono state rivolte scatenate dalla politica discriminatoria che da sempre caratterizza una certa classe politica statalista e che ha prodotto anno dopo anno un sistematico favoreggiamento della casta burocratica parassitaria e sfruttatrice e un’altrettanto sistematica persecuzione e criminalizzazione dei lavoratori autonomi.
E’ la classe politica che anche nel recente rinnovo contrattuale, come in passato, ha assicurato alla burocrazia aumenti salariali nettamente superiori sia al tasso d’inflazione che agli aumenti accordati ai lavoratori del settore privato. E’ la classe politica che, come confessò Lamberto Dini quand’era primo ministro, dissipa i tre quarti del gettito fiscale prelevato dalle tasche dei lavoratori dipendenti e indipendenti del privato per foraggiare le sue sterminate e inutili burocrazie, lasciando solo le briciole per gl’investimenti propulsivi. E’ la classe politica che , ogni anno, trova normalissimo il licenziamento o il fallimento di centinaia di migliaia di lavoratori del settore privato ma considera disumano e assurdo licenziare anche un solo burocrate o accettare il fallimento d’un qualsiasi carrozzone deficitario e parassitario dello Stato o del parastato. E’ la classe politica che addita al pubblico obbrobrio i lavoratori autonomi come responsabili, in quanto evasori di questa o quella imposta, del dissesto delle nostre finanze pubbliche e non ha mai detto una sola parola contro una casta burocratica che di quel dissesto, e del relativo mostruoso debito pubblico, è la principale responsabile dato che rende la nostra spesa pubblica enorme e incomprimibile e sequestra la maggior parte delle nostre risorse finanziarie, impedendo un serio ridimensionamento del debito pubblico e sputtanandoci anche a livello internazionale, per pagare stipendi inutili a passacarte inutili. Al contrario, per bocca del Ministro Padoa Schioppa, questa classe ha recentemente negato che vi siano molti fannulloni tra i nostri burocrati, chiudendo perentoriamente la scomoda discussione con le parole: “Dei fannulloni, si è parlato fin troppo”. Infine, è la classe politica che, mentre trova normalissimo che una turba di cosiddette guardie forestali calabre (in realtà non di rado complici dei piromani) blocchino per giorni i collegamenti ferroviari col Mezzogiorno o che il personale sindacalizzato degli aeroporti lasci i passeggeri a bivaccare giornate e nottate intere aggrappati ai loro bagagli, improvvisamente trova “intollerabili” le proteste dei tassisti o dei camionisti da essa stessa provocate e non esita a minacciare e ad arrestare gli scioperanti, mentre i suoi strapagati e stragarantiti pennivendoli dei giornali e delle TV di regime chiamano sprezzantemente “padroncini” i camionisti (che stanno al volante dei Tir anche 12 ore al giorno per quattro soldi e passano 4 notti nel gelo per farsi sentire) e gli altri lavoratori autonomi più bistrattati.
Già, perché mentre prodigava le sue energie per difendere la burocrazia e i suoi privilegi, questa classe politica statalista, che ha proprio nel Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi (sviscerato ammiratore di Fidel Castro) un esponente emblematico, lasciava marcire per anni le richieste dei tassisti e dei camionisti, portandoli a concludere che solo la protesta selvaggia poteva costringere i politici statalisti locali e centrali ad ascoltarli. E, difatti, così è stato per i tassisti e così è stato per i camionisti, dato che la classe politica statalista, abituata da sempre a vivere col culo in caldo, non ha la minima idea della tremenda capacità di lotta e sacrificio che può esplodere in un gruppo di lavoratori indipendenti umiliati nei loro elementari diritti.
Ma questa vicenda dei camionisti, se da un lato conferma la validità sempre più inconfutabile della Teoria liberale della lotta di classe, dall’altra ci dimostra anche che la scarsa coscienza di classe dei lavoratori autonomi, ostacolando lo sviluppo di una loro volontà unitaria di lotta e di un’organizzazione capace di gestire le tensioni e le trattative prima che giungano alla fase esplosiva, approda spesso all’isolamento della categoria sfruttata all’interno stesso dei Popolo dei Produttori del privato. Così in questi giorni si è vista la protesta dei camionisti suscitare comprensibilmente l’esasperazione degli altri lavoratori dipendenti e indipendenti del settore privato e l’invocazione di provvedimenti repressivi. Insomma, come i polli di Renzo, i lavoratori del privato rischiano di litigare e beccarsi tra loro mentre la razza padrona (cioè gli alti burocrati e i politici statalisti) li tiene, appesi a testa in giù, tutti bloccati nella morsa delle sue mani rapaci. (il Blog del Solista)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
La ringrazio per Blog intiresny
Posta un commento