Anticipiamo ampi stralci dell'intervista a Silvio Berlusconi che uscirà sul "Giornale delle Libertà" in edicola domani come supplemento del "Giornale".
«Penso di aver fatto la scelta giusta nel momento giusto. Erano mesi, del resto, che tendevo l’orecchio all’ormai assordante protesta dei cittadini e mi chiedevo: possibile che nessuno voglia assumersi la responsabilità di affrontare un sistema di potere che, con pervicacia ed arroganza senza pari, sta, giorno dopo giorno, distruggendo questo Paese? Così ho pazientato per un po’, ma poi, visto che continuava a non muoversi foglia, ho deciso di scendere nuovamente in campo e di prendermi tutt'intera questa responsabilità».
Nel tracciare orizzonti, latitudini e soprattutto obbiettivi del suo nuovo partito («ma quando si hanno le idee molto chiare - e le mie sono già chiarissime - è poi facile, dice, tradurle in realtà») Silvio Berlusconi è carico e determinato come solo lui sa essere. Ha spiazzato idee e strategie di altri? Anche questo lo aveva messo in conto. Del resto, era più che logico aspettarsi una reazione del genere da chi pensava che, per cambiare le cose, bastassero solo manovre di piccolo cabotaggio. Ma arriverà anche il momento dei chiarimenti e non sarà difficile, pensa Berlusconi, trovare importanti punti di convergenza con chi, sia pur partendo da altri presupposti, ha in mente di raggiungere lo stesso obbiettivo, che è poi quello di mandare a casa questo governo e far finalmente respirare aria nuova a un sistema politico ormai entrato in agonia.
E così l’intervista che segue è in perfetto stile berlusconiano: nessuna polemica con i suoi, per ora, ex alleati («non ho nulla da replicare perché i fatti parleranno da soli») ma dritto alla meta.
È come, presidente, se lei avesse, con questa iniziativa, gettato il guanto di sfida a un intero sistema politico.
«Lo chiami come vuole. La realtà è che oggi l’Italia è ostaggio di un governo e di un sistema di potere distanti anni luce dalle esigenze e dagli interessi dei cittadini e che, anzi, con essi, sono entrati ormai in rotta di collisione. Prima che il nostro sistema faccia la fine del Titanic, è bene fermare le macchine e cambiare un bel po’ di cose. Ed è ormai compito di chi guida, in questo Paese, il partito di maggioranza relativa farsi carico di questo problema».
Creando, ad esempio, un movimento che, nascendo dal basso, rovesci la piramide dei poteri: prima viene quello dei cittadini e poi quello di chi li rappresenta. Un vero spariglio, non c’è che dire.
«Esatto. E non è certo un caso che sarebbe giusto avere - ma sarà un referendum a decidere il nome definitivo - proprio la parola “popolo” nella sigla del nuovo partito. È come ripercorreredando fondo a energie e idee nuove, lo stesso tracciato di molti anni fa. Solo che oggi il sistema politico, rispetto a quel tempo, si è ancor più deteriorato e necessita di terapie assai più forti. Ecco perché un nuovo partito».
Partito che, a quanto pare, ha già avuto un preventivo avallo da parte di molti cittadini.
«Abbiamo raccolto, in solo tre giorni, più di 8 milioni di firme. È stata un’esplosione di adesioni alle nostre proposte e di protesta verso questo governo e verso un modo di fare politica che, nella storia d’Italia, non erano mai caduti così in basso. Mi creda, è la gente, è il popolo della libertà ora a dire basta».
Lei ha detto che del rapporto che il nuovo partito instaurerà con i possibili alleati si parlerà in seguito perché ora preferisce correre da solo. Intanto che ne sarà però di Forza Italia?
«Forza Italia si rigenererà con entusiasmo e rinnovata energia nel nuovo partito. Essa formerà gran parte della sua struttura portante. L’esperienza accumulata dai suoi quadri dirigenti sarà indispensabile anche per strutturare la base del nuovo movimento. Del resto, non è stata forse Forza Italia l’unica cosa nuova del nostro sistema politico dall’avvento della Repubblica?»
Un obiettivo, se non abbiamo capito male, è quello di intercettare anche il consenso di tutti quei cittadini che oggi, a destra come a sinistra, sembrano aver voltato le spalle alla politica.
«Esattamente. Ed è questo il lavoro che, con grande impegno hanno svolto, ad esempio, i Circoli della Libertà. Grazie a loro si sono avvicinati alla politica migliaia di giovani che hanno visti rappresentati i loro interessi e le loro esigenze. Ecco un altro contributo importante per il nuovo partito che ora abbiamo costituito. Perché vale la pena di ripeterlo: il nostro obbiettivo è quello di far saltare i chiavistelli di un sistema politico che, così com’è oggi, non funziona più. In questo, la nostra iniziativa ha, in sé, qualcosa di rivoluzionario».
La prima sua mossa sembra che sarà quella di un confronto con Walter Veltroni sul problema della riforma elettorale. L’appuntamento è per venerdì prossimo 30 novembre. Non è però ancora del tutto chiaro su quali presupposti parta questa trattativa. Perché qualche equivoco ancora permane.
«La nostra posizione è chiara e si può riassumere così: noi vogliamo contribuire a costruire un sistema elettorale che incentivi la formazione di grandi partiti, non di alleanze elettorali impotenti, impossibilitate a governare. Il nostro obiettivo è un sistema politico fondato su due grandi partiti, più forti e finalmente omogenei, in competizione per il governo del Paese».
Pare che Veltroni voglia affrontare, nello stesso contesto, anche il problema delle riforme costituzionali. Lei esclude questa possibilità?
«Quando vi sarà questo incontro chiariremo i rispettivi punti di vista su tutto. Dico però fin d’ora che questo Parlamento non ha più la fiducia dei cittadini e non può certo riformare la Costituzione. In questa situazione dove il discredito del governo è al massimo grado, occorre riformare rapidamente la legge elettorale e tornare alle urne. Poi si potrà discutere e noi abbiamo proposte nuove e soluzioni efficaci. Discuterne ora mi pare del tutto prematuro. Anche perché…».
Anche perché, Presidente?
«Perché un accordo sulla riforma elettorale presuppone anche un comune impegno ad andare subito al voto. Abbiamo un governo che non ha più la maggioranza in Parlamento ed è ora che vada a casa. Non è necessario ripeterlo. Del resto, Dini e i suoi liberaldemocratici, Bordon e altri senatori hanno già dichiarato esplicitamente di non far più parte della maggioranza, che quindi, senza di loro, non è più maggioranza. Cos’altro deve ancora accadere per poter tornare alle urne? Questo governo è già imploso da un pezzo».
Se fallisse l’accordo sulla riforma elettorale, l’opzione referendum diverrebbe automaticamente una realtà. Lei come si pone di fronte a questa eventualità?
«Penso che sia giusto affrontare un problema alla volta. E poi sa che le dico?»
Dica Presidente…
«Un Partito della libertà che, appena nato, può già contare, come confermano i sondaggi di queste ultime ore, sul 35-37% dei consensi del corpo elettorale, non deve avere paura di nulla. Sono convinto che, entro qualche mese, di adesioni ne potranno arrivare ancora di più. Il vento del cambiamento spirerà sempre più forte».
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