Caro Times, non è un po’ tardi per scoprire il degrado giudiziario italiano?
Isn’t it a bit late? Ma non è un po’ tardi per scoprire il degrado giudiziario italiano? E’ la domanda che viene spontanea nel leggere la requisitoria del Times (vedi citazione in prima pagina) contro la giustizia spettacolo che imperversa in Italia, contro i giudizi mediatici che precedono e sostituiscono quelli dei tribunali, sui magistrati che si comportano come divi, sulle garanzie degli indagati stracciate da questi metodi barbari. Tutto giusto, tutto perfetto, anche nel caso di Amanda Knox e dell’omicidio di Meredith Kercher. L’analisi del quotidiano londinese, stimolata dall’inchiesta sul delitto di Perugia, ripete quello che questo giornale sostiene da dodici anni. E’ uscita persino un’edizione speciale del Foglio, in lingua inglese, per sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica anglosassone e dei corrispondenti esteri a Roma lo scempio che in Italia si faceva dei più elementari principi dello stato di diritto nell’amministrazione della giustizia. Quando un drappello di magistrati rivoluzionari milanesi intimò al Parlamento di non approvare una legge garantista nei confronti degli imputati, per impedire che il carcere fosse usato come uno strumento di tortura al fine di estorcere confessioni, l’opinione pubblica anglosassone tacque. Se fosse capitato qualcosa di anche vagamente simile in Gran Bretagna l’indignazione sarebbe stata immensa e generale. Quando si attivò il tentativo, riuscito, di far cadere un governo recapitando tramite Corriere della Sera un avviso di garanzia al presidente del Consiglio (per un reato del quale è stato poi sempre assolto in una serie innumerevole di gradi processuali), l’opinione pubblica anglosassone non fu messa in grado di avvertire la violazione del principio di separazione dei poteri a mezzo stampa e tv. Persino quando, in casi di criminalità privi di immediato collegamento con la politica, invece del dibattimento tra accusa e difesa in aula valevano i vari talk show televisivi, non ci si rese conto che ormai il meccanismo infernale del circuito mediatico-giudiziario, del protagonismo querulo di magistrati il cui orgoglio dovrebbe consistere nell’essere sconosciuti, stava tracimando, con l’effetto di travolgere tutte le garanzie, non solo, come si diceva, per i “potenti”, ma per chiunque incappasse nelle spire del mostro. Ora che la più autorevole delle testate anglosassoni ripete le tesi che abbiamo sostenuto per anni, non possiamo che esserne lieti. Resta incomprensibile quanto tempo sia stato necessario. Dodici anni sembrano un po’ troppi.
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