Il calcio non è questo… l’Italia non è questo… Ovvietà senza responsabilità.
L’ultimo, autorevolissimo, è stato il presidente Napolitano, che dal Qatar, dove si trova in visita, ha fatto sapere: “E’ importante che non si confondano le immagini degli incidenti di ieri con l’Italia che è tante altre cose”. Cosa giustissima ma pure, rispettosamente, cosa un po’ banale. Un vezzo molto italiano, quello di affrontare ogni dramma premettendo alla condanna e alla reazione “si, ma non è…”. Si è vista la ministra Melandri e tutti i responsabili del calcio italiano masticare (chi meglio, chi peggio) lo stesso solenne e scontato concetto. Malattia infantile del “benaltrismo” – il procedimento illogico che a sinistra caratterizzava parecchie discussioni: sì, va bene, ma il problema è ben altro, e di ben altro si comincia a chiacchierare così da non arrivare mai al dunque – il “sì, ma non è” risulta la sua naturale involuzione. E’ la banalità che fa scudo, l’ovvio che scantona il necessario, il risaputo contro il buonsenso. Così, se ci sono “le iene degli stadi” (Franco Battiato) che vanno a caccia di crani di poliziotti da sfondare sugli spalti, naturalmente “non sono i veri tifosi”. Se un gioco come quello del calcio è ormai finito in mano a bande di violenti, “non è quello il vero calcio”. I più temerari, quasi sempre i più sfacciati, fanno seguire anche una pugnetta sui valori sportivi. Le stesse identiche morte parole (non hanno senso nel contesto, non significano nulla rispetto alle decisioni da prendere) usate sul cadavere ancora caldo dell’ispettore Raciti. Così come, pur essendo vero, non ha senso precisare che “l’errore di un poliziotto non può infangare tutta la polizia”.
Davanti a ogni, ormai ciclica, emergenza che occupa la cronaca, scatta sempre innanzi tutto quel riflesso: “Ma non è…”. Se l’assassino è romeno, “ma non tutti i romeni sono così” – che scoperta; se si ammazza a Perugia, “ma Perugia non è solo questo” – che scoop. Buona grazia che, quando un ubriaco mette sotto un passante, non sia ancora venuto in mente di annunciare che “non tutti gli automobilisti sono questo”. Ottima premessa per una tavola rotonda e per non prendere una decisione definitiva. Pure sui teppisti che hanno assaltato le caserme è già partito il “ma non è”, perciò “ma non tutti gli ultras sono così” – gli altri cosa vogliono, la medaglia? A forza di premettere per dire niente, l’area della tolleranza per le imprese dei violenti si è fatta sempre più ampia, il limite si è spostato ogni volta più in là, fino a che è stato superato. Si riuscisse a superare anche l’inutile solita premessa del “ma non è”, assumendosi responsabilità, sarebbe già un bel passo in avanti.
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