Tesi: se la Cdl non c’è più, ci sono solo io Il bipolarismo è finito, accordiamoci sul proporzionale. Poi tutti al voto.
E così il tempio dell’imperatore Adriano è diventato la sede ufficiale d’una doppia investitura di popolo. Quella veltroniana celebrata lì dal sindaco della capitale subito dopo le primarie del Pd. Quella berlusconiana di ieri, appena più fastosa, allestita per annunciare in conferenza stampa la nascita del Popolo delle libertà. Ovvero Partito delle libertà, a seconda di come si esprimeranno le assemblee della moltitudine mobilitata dal Cav. nei gazebo, nelle piazze e su Internet. Circondato dai subalterni di FI (in prima fila tutta la quota rosa forzista raccontava del colore verde assunto ultimamente dai finiani), accompagnato sul palco da Michela Vittoria Brambilla, emozionato perfino nell’esordio al microfono, il Cav. ha dato forma soave a un progetto politico che una sua deputata riassumeva così: “La Cdl è finita, d’ora in poi ci sono soltanto io”. Lui, “ancora sotto choc per i quasi otto milioni di cittadini” che lo stanno fiancheggiando (più altri due milioni offerti da Marcello Dell’Utri e MVB), ha confezionato un discorso da stato d’eccezione: la politica deve ascoltare gli elettori, “basta litigi e ripicche da mestieranti, sono pronto a trattare con questa maggioranza che ha vinto le elezioni per pochi voti”, pur di cambiare la legge elettorale (proporzionale puro con sbarramento alto) e andare subito dopo al voto. Quanto alle altre riforme, si potranno realizzare a elezioni consumate e “in sintonia” con l’avversario. Le notizie sono almeno due: il Cav. non parla più di vittoria mutilata e si prepara ad apparecchiare una stagione dialogante di lunga durata (aria di grande coalizione). Peccato, si rammarica Berlusconi, che finisca qui il bipolarismo italiano del quale lui è stato vessillifero, ma il suo Popolo delle libertà ha in fondo il compito di rifondare l’edificio “dal basso”, senza “fusioni fredde” con alleati ingrati. Saranno gli elettori, prima ancora degli eletti, a tendere la mano verso il nuovo movimento dalla vocazione europopolare, quindi liberale ma solidarista, laica ma cristiana, integralmente berlusconiana nella “decisione sofferta” di farsi inseguire da Fini e Casini “dopo aver retto per cinque anni di governo e un anno e mezzo di opposizione senza neppure un vertice comune”. E Bossi? Il Cav. gli ha telefonato tre volte in due giorni, l’ultima ieri a colazione. Non sarà dunque il Carroccio la vittima del progetto pop, né uno dei contraenti, come da accordo naturale tra un movimento nazionale e un altro movimento regionalizzato. Alleati sì, però.
Ora l’appello del Cav. vale davvero per tutti e nel tempio di Adriano, almeno in apparenza, non c’era più un forzista al sicuro dalla selezione democratica: a cominciare dal rifondatore, ogni carica e ogni ruolo saranno vagliati dal popolo sovrano, e ribollente come i supporter che alla fine della conferenza hanno obbligato Berlusconi a improvvisare un altro comizio. Le porte della sua nuova domus, ha assicurato, “sono non aperte ma spalancate a tutti”. Non è dato sapere se il Cav. manterrà la promessa di “scrivere la storia dei prossimi decenni”, è certo però che ieri ha raccolto i suoi ultimi quindici anni in uno scrigno per spenderseli meglio.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento