mercoledì 16 aprile 2014

L'all-in del Motivatore. Giovanni Sallusti




L'Intraprendente - Avevamo provato ad anticiparlo qui, lo scenario, e oggi il notiziario ci viene incontro, sussurrando chiaramente: signori, tenetevi pronti all’ultima mano del Motivatore. Forse è stato soprattutto questo, il Cav, nella sua pluridecennale, multiforme, prometeica attività. Un motivatore. Il motivatore e lo sdoganatore dell’Italia secolarizzata, degli istinti edonisti e consumisti, sanamente collocati oltre la contesa ideologica e la contrapposizione tra le due Chiese, quella originale e quella di Partito, l’Italia che archivia Don Camillo e Peppone e accende la tivù commerciale, applaude al disimpegno vitalista di Drive In e sogna le maggiorate di Colpo Grosso, si riconosce finalmente in quel che sta accadendo in Occidente, nel reaganismo e nel thatcherismo. Il motivatore e l’allevatore di un sogno, il sogno per eccellenza del popolo spettatore e votante, e solo un professore di “Repubblica” può interpretare la cosa con sprezzo, il rivoluzionario che afferra il giocattolo artigianale del pallone e lo eleva a matura industria culturale e d’intrattenimento.

Infine, e soprattutto, il motivatore di un popolo, certo variegato e contraddittorio, ma che nel 1994 aveva un denominatore comune. Aveva assistito al crollo giudiziario dei propri partiti di riferimento, e non aveva nessuna intenzione di portare al governo un partito che ostentava ancora, sotto la quercia del Pds, la falce e il martello. Il motivatore scese in campo in una manciata di settimane, i compagni e luogotenenti di una vita glielo sconsigliavano, quasi lo imploravano di non farlo, tutti tranne uno, quel Marcello Dell’Utri che oggi è a Beirut e da anni al centro del mirino mediatico-giudiziario, e forse non è un caso. Il motivatore ascoltò tutti, come fa anche adesso, ma allora aveva il sole in tasca, se ne infischiò di tutti, tranne di quello che annuiva, trasformò l’azienda in un partito e la gioiosa macchina da guerra progressista in un tragicomico apparato fuori tempo massimo. Fu governo, e tutto quel che ne seguì. Errori e delusioni, perché non è detto che un motivatore sia anche un realizzatore, un motivatore può anche confondersi, se si fida dogmaticamente dei suoi umori, può affidare le chiavi del Paese a un socialista, colbertista e protezionista come Giulio Tremonti e parlare ancora di rivoluzione liberale, è il problema di ogni motivatore: la sottovalutazione del principio di non contraddizione.

La rivoluzione liberale non c’è stata, l’assalto giudiziario è continuato, hanno spiato le case, le notti, i letti del motivatore, l’obiettivo era sbalzarlo di sella, a costo di ridurre il Codice penale a una variante della Sharia e inventarsi il reato di festa privata. Infine, lui, il motivatore, il maggior contribuente italiano, è stato condannato per frode fiscale, e per i (numerosi) detrattori questo paradosso sarebbe la pietra tombale sulla sua avventura politica, e umana. Peccato che il motivatore si nutra, di paradossi. E oggi, che il Tribunale di Milano conferma l’affidamento ai servizi sociali, con libertà di movimento, anche a Roma, e quindi di campagna elettorale, il Cav forse sogghigna compiaciuto, e ribadisce: «Farò il motivatore». Nello specifico, per gli anziani di Cesano Boscone, in un centro della Fondazione Sacra Famiglia. Chi lo conosce, sa che è vero, ma che è anche parziale. Quel «farò il motivatore» sbattuto in faccia al mondo, ai suoi persecutori in toga e a quelli di redazione, ai parrucconi che lo danno morto e al suo clone fiorentino che ci spera, significa anche, significa soprattutto: farò me stesso. Combatterò, tenterò l’ennesima rimonta folle della mia vita, forse è la mia ultima mano, d’accordo, ma quel che con i vostri canoni normali è uno svantaggio, per me, pazzo avventuriero erasmiano, è un vantaggio enorme. Posso andare all-in, o tutto o niente, io ci sono abituato, e voi? Siete sicuri di vincere, perfetto, venite a vedere la mano del motivatore. Potreste scoprire di aver perso.