sabato 29 novembre 2008

Da Mumbai a Washington. Davide Giacalone

L’India è un gigante economico in rapida crescita. Al contrario della Cina, è una democrazia, sebbene con caratteristiche non certo europee. Quattro religioni sono nate qui: l’Induismo, il Buddismo, il Giainismo ed il Sikismo. Nessuna di queste è incompatibile con lo sviluppo capitalistico, hanno, insomma, meno problemi di noi, figli, a vario titolo, della Bibbia. Fino all’inizio degli anni novanta è stato il più grande Paese fra i “non allineati”, vale a dire che ha sviluppato l’arma atomica in positiva relazione con l’Unione Sovietica. Con la fine dei due blocchi, l’India si è concentra sulle riforme ed ha imboccato la via della ricchezza.Il Paese è martoriato dal terrorismo. Solo quest’anno, e prima dell’attacco a Mumbai, i morti erano già più di 200. Essendo quasi tutti indiani, dalle nostre parti ce la sbrigavamo con una foto della strage. L’impressione è che, adesso, stiano parlando con noi, o, meglio, stiano rivolgendosi a Washington. La risposta non la vogliono da Singh (premier indiano), ma da Obama. Due elementi depongono in tale senso. Primo: gli obiettivi sono stati scelti apposta per parlare al mondo, concentrandosi su alberghi e cittadini stranieri. Secondo: la quantità dei morti è in linea con la media passata e la qualità militare dell’attacco non è poi così raffinata. Sono in tanti, lanciano bombe e sparano con i mitra nei luoghi affollati, è un lavoro all’ingrosso, per niente sofisticato. Semmai è la reazione indiana ad essere inefficiente.
Visto che si firmano Mujahidin, quindi mussulmani, la mente corre ad Al Quaeda ed al nemico storico, il Pakistan. Ma questo Paese confinante è stato alleato degli occidentali nel far partire la guerra in Afghanistan, ed in quel momento gli statunitensi dovettero governare il rapporto con l’India, divenuto interlocutore affidabile da quando si dedica più ai soldi che alle bombe. Quindi, non solo le due matrici non si sovrappongono, ma se il coordinamento parte dal Pakistan, non lo si deve certo a chi amministra i buoni rapporti con l’occidente. E’ chi vuol far saltare tutto in aria, chi soffre il clima di collaborazione, a porre oggi il problema ad un Obama che persegue la continuità in politica estera: chi scegli, come rispondi? Non mi meraviglierei se i kalashnikov non fossero l’unica cosa d’origine russa.

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