giovedì 9 aprile 2009

Terremoto, eccellenze e scandali. Davide Giacalone

Le disgrazie esistono, ma anche i disgraziati. Non si ferma la forza della natura, ma si può arrestare quella d’incapaci e malfattori. Quattro problemi accompagnano il terremoto: 1. la prevedibilità; 2. l’emergenza; 3. la ricostruzione; 4. la normalità. Riguardano le vite di molti ed i soldi di tutti.

Non sono un geologo, ho cani e gatti e vedo anch’io che se ne accorgono. Leggo che nessuno, nel mondo, prevede luogo ed ora di un terremoto, ma solo il rischio potenziale. Osservo, però, che sia per l’eventuale allarme nell’immediatezza dell’evento, sia per la gestione del panico successivo, manca una rete di comunicazione. Quella notte radio e tv sono rimaste in sonno. Internet non forniva informazioni ufficiali. Creare una rete, utilizzando le comunicazioni mobili, non presenta complicazioni tecniche, e costa molto poco.
Non c’è.
Nella gestione dell’emergenza siamo bravi. Dobbiamo esserne orgogliosi. Non tutto può essere fatto subito, e lo capiscono meglio le vittime di chi parla a vanvera, ma, nella disgrazia, la generosità italiana si sposa con l’organizzazione, ed i risultati si vedono. Merito di molti, ma vorrei ricordare il lavoro di Giuseppe Zamberletti, che creò la protezione civile.
Le cose si mettono male, invece, nel periodo successivo, con la ricostruzione. Ci sono zone dove i nipoti dei terremotati vivono ancora da terremotati. Qui si sposano due difetti italiani: fatalismo privato ed inefficienza pubblica. Con i tempi si dilatano anche i costi, e la disgrazia diventa prima ruberia e poi scandalo. Chi edificherà ci guadagnerà, ed è lecito. Di più: è giusto. Ma sarebbe meglio affidare i lavori a progetto: si fissano i costi, i tempi e le caratteristiche del lavoro. Chi non rispetta i termini paga, di tasca propria.
Si edificherà in zona sismica. E’ così in gran parte d’Italia. L’importante è che si edifichi in modo antisismico. A L’Aquila il vecchio ospedale è in piedi, quello nuovo al suolo. Che crolli un campanile fa male al cuore, ma se crolla il cemento armato vien voglia di fare del male. Siamo pieni di leggi, in materia, per non dire di regolamenti e circolari. Carte quasi tutte redatte all’indomani di disastri, per poi restare lettera morta. Tumulata in tribunale. Questo è scandaloso. Lo scrivo sottovoce, perché siamo ad un funerale, ma con rabbia.

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