sabato 23 febbraio 2013

Il fallimento del neo-centrismo. Arturo Diaconale

sabato 23 febbraio 2013
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L'Opinione - I sondaggi elettorali, sconosciuti per legge agli italiani ma perfettamente noti agli operatori dei mercati finanziari, fanno scendere le borse e salire lo spread. Perché rivelano ciò che gli italiani più accorti sanno anche senza il supporto del lavoro dei sondaggisti. Cioè che il voto di domenica servirà solo a produrre l'ingovernabilità del paese. Di qui la sfiducia dei mercati e la preoccupazione dei cittadini per un futuro, non lontano ma fin troppo prossimo, che si presenta segnato dalla facile previsione che il peggio della crisi non è alla spalle ma è ancora tutto da scoprire.
L'ipotesi di dare stabilità al paese attraverso un nuovo governo di centro sinistra che è stata la stella polare seguita con testarda tenacia da Giorgio Napolitano, da Mario Monti e da Pierluigi Bersani fin dal momento della caduta dell'esecutivo di Silvio Berlusconi e della nascita del governo tecnico, si è dissolta come neve al sole. Può essere che il Pd e Sel conquistino la maggioranza alla Camera ma è sicuro che non riusciranno ad ottenere un analogo successo al Senato.
Ed è sempre più probabile che la lista civica dell'attuale presidente del Consiglio non riuscirà ad ottenere il numero di seggi a Palazzo Madama necessario ad assicurare una maggioranza non precaria all'alleanza tra la Smacchiatore di giaguari ed il Professore imbalsamato. Colpa di Monti e della sua dilettantesca campagna elettorale? Colpa di Napolitano e della sua pretesta di imporre il ritorno allo schema politico della Prima Repubblica? Colpa di Casini e di D'Alema, che su questa pretesa del Quirinale hanno impostato la loro unica strategia politica? È troppo presto per la ricerca delle responsabilità. Per il momento basta prendere atto del fallimento del disegno teso a far saltare il bipolarismo della Prima Repubblica per realizzare il ritorno alle tradizionali alleanze della Prima Repubblica. E registrare, prima ancora della certificazione definitiva dei dati elettorali, che tutto il complesso lavoro fatto per mandare al macero il bipolarismo ha prodotto la nascita del fenomeno dell'antipolitica come primo fattore innovativo di una Terza Repubblica tutta ancora da inventare.

Chi ragiona sempre sulla base dei vecchi schemi prevede ora che, svanita l'ipotesi del centro sinistra Monti-Bersani, le uniche possibilità di dare un governo al paese passino attraverso la formula della grande coalizione o quella dell'alleanza di sinistra tra Bersani, Ingroia e Grillo. Ma, a parte le difficoltà fin troppo evidenti di dare vita alla prima come alla seconda formula, chi ragiona con questo schema non tiene conto che il nuovo Parlamento sarà caratterizzato da un lato dalla massima concentrazione dei tradizionali professionisti della politica (i beneficati del Porcellum) e dall'altro dalla più incredibile ed inaspettata rappresentanza dei dilettanti della vita pubblica. Il nuovo Parlamento, in altri termini, sarà segnato da una spaccatura di natura antropologica mai registrata nella storia repubblicana.

Da una parte figureranno tutti quelli che fanno politica per professione da sempre e dall'altra quelli che come unica esperienza politica hanno alle spalle i comitati No-Tav , i centri sociali o qualche altra esperienza di sola e semplice protesta. Bersani ed i suoi dirigenti sono convinti di aver facile gioco nel dividere, frantumare ed in definitiva gestire questa massa di dilettanti allo sbaraglio mandati in Parlamento da Grillo e dalla rabbia popolare. Ma s'illudono se pensano che un paese in crisi profonda possa essere governato in maniera continua e stabile con qualche Scilipoti alla rovescia. Per cui è bene incominciare a pensare fin da ora alle prossime elezioni. Ed alla necessità di una grande riforma. Non solo della legge elettorale ma soprattutto dei partiti tradizionali.

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