domenica 14 aprile 2013

Al Colle, oh Prodi. Davide Giacalone

Presso i bookmekers londinesi è ben quotata l’ipotesi che Romano Prodi sia il prossimo uomo del Colle. Hanno ragione. L’ipotesi è concreta e l’interessato ci lavora alacremente. Altri nomi sarebbero preferibili, ma senza un accordo chiaro, politico e alla luce del sole, fra il Pd e il Pdl, diventano poco probabili. Quello di Prodi, almeno per gli scommettitori, ha un pregio: è probabile. Siccome noi non ci giochiamo un paio di sterline, ma il futuro della Repubblica, ci permettiamo di aggiungere che è anche fra i peggiori che si possano immaginare. Forse il peggiore.


Non credo che lo sia perché inviso al centro destra (fu questo schieramento a portarlo ai vertici della Commissione europea). E’ il peggiore anche per la sinistra. Eppure è probabile, perché se la politica continua ad avere paura di sé stessa, se non opera usando la razionalità e praticando la responsabilità, rimpiattandosi sotto le coltri del propagandismo e della viltà, ecco che, dalla quarta votazione in poi, il lavoro che stanno facendo in diversi, a cominciare da Nichi Vendola, sposterà qualche parlamentare pentastelluto e, seguendo il “metodo Grasso”, avanzerà al grido di: “al Colle, miei Prodi”.

Omessa ogni considerazione su simpatie e antipatie, e tralasciate le menate nuoviste e anticastali (l’uomo dell’Iri e della sinistra democristiana non è certo il nuovo che avanza, semmai il vecchio che disavanza), ci sono due ragioni per cui quella è una prospettiva masochista. La prima: Prodi è l’unico uomo della sinistra che non solo è riuscito a battere Silvio Berlusconi, ma anche a fondare dei governi su quelle vittorie. E’ un merito, dal punto di vista della sinistra. Gliecché, però, con quel nome si strascica la storia del bipolarismo già morto, rinvigorendo la radiazione fossile di una guerra civile a bassa intensità. Questo è un punto delicatissimo: nei sistemi presidenziali, o semipresidenziali, con elezione popolare, è possibile avere presidenti espressioni di minoranze elettorali (quasi tutti i presidenti francesi lo sono stati, dopo De Gaulle); ma nel nostro sistema costituzionale no, perché radicalmente diversa è la legittimazione e il ruolo. Diventa pericolosissimo incaponirsi a non prendere atto del voto degli italiani. Vado oltre: più è frammentato il voto più il Colle dovrebbe essere sede di coabitazione. Altrimenti il sistema si sfascia.

Un sistema, aggiungo, che credo vada cambiato. Ma che sarebbe avventuroso violentare. Ci torneremo, ma lasciatemi ricordare che fra gli e-book di Libero è disponibile “La Guerra del Colle”, dove su queste cose si riflette con profondità.

La seconda ragione è interna alla sinistra: un minuto dopo avere portato Prodi al Quirinale nella sinistra esploderebbe uno scontro rabbioso e cieco. A Pierluigi Bersani verrà rimproverato di avere massacrato la storia e la memoria del fu partito comunista, consegnandolo ostaggio di alieni che ne hanno occupato la reincarnazione. L’accusa sarebbe in gran parte ingiusta, perché la colpa ricade su quella dirigenza comunista che, dal 1989 in poi, non ha trovato tempo, forza, cervello e coraggio per rimeditare e rimediare una storia di errori. Ma tant’è, il conto verrebbe presentato all’imitatore di Crozza.

Da quel momento partirebbe una delirante corsa identitaria, il cui risultato sarebbe l’esaltazione degli estremismi moralistici, che comporta la soppressione degli spazi politici. Già, perché non solo l’arte, ma la sostanza stessa della politica è il compromesso. Che ho detto?! Ma come, l’immondo compromesso? Esattamente. E faccio osservare che senza compromesso non c’è matrimonio che non finisca in omicidio, famiglia che non diventi luogo di stragi, amicizia che non porti alle coltellate. Grazie al cielo le persone normali hanno una naturale predisposizione al compromesso. Sarà per questo che le persone normali scarseggiano, nella politica che quotidianamente s’esibisce.

Tornando al Colle: Pd e Pdl si giocano la cotenna, assieme, fra il primo e il terzo scrutinio. Da lì in poi gli uni cercheranno di fare la pelle agli altri, alleandosi con il proprio scuoiatore. Se al Quirinale va Prodi, potrà aprirci una conceria.
Pubblicato da Libero

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