venerdì 7 febbraio 2014

Frinire fiscale. Davide Giacalone


Le notizie sono due in una: 1. s’è, finalmente, affermata una qualche compensazione fra debiti e crediti con la pubblica amministrazione; 2. la positiva novità è dovuta a un emendamento al decreto “Destinazione Italia”, presentato dai parlamentari del Movimento 5 Stelle. Ciascuna merita un approfondimento e una riflessione.

Esaminiamo, per punti, la sostanza, mettendo fra parentesi quel che sarebbe giusto aggiungere: a. potranno essere congelate tutte le pretese della pubblica amministrazione, siano esse fiscali o di altra natura, se chi riceve la cartella esattoriale vanta un credito contrattuale pubblico, per un importo superiore o pari a quel che dovrebbe pagare (non si capisce perché non dovrebbe poter detrarre un eventuale credito inferiore, così come, nel caso ci sia da compensare, vanno cancellate le sanzioni e gli interessi); b. la validità di questo sistema sarà di un anno (dovrebbe essere perpetuo); c. i soggetti interessati sono tutte le società, ivi comprese le ditte individuali (sarebbe bene estendere a tutti i cittadini, tanto più che l’emendamento parla anche di “crediti per servizi professionali”, che non obbligano alla forma societaria); d. i crediti si riferiscono a tutta la pubblica amministrazione, quindi sono compresi gli enti locali e ogni altra amministrazione, anche autonoma; e. i crediti devono essere “certi”, vale a dire riconosciuti dall’amministrazione, anche mediante apposita certificazione (sarà bene aggiungere che l’amministrazione stessa è tenuta a certificare tutto quello che non intenda rigettare o contestare, magari pure con il silenzio assenso, altrimenti si apre una falla per pubblica inadempienza); f. la norma non è immediatamente operativa, perché il ministero dell’economia ha 90 giorni per emanare un apposito decreto attuativo (meglio chiarire, dunque, che l’anno decorre dal decreto, altrimenti va a finire che la novità vive solo per sei mesi).

Dentro le parentesi c’è il lavoro ancora da fare, ma fuori da quelle ci sono principi e previsioni più che giusti. L’amministrazione fiscale dovrà fare i conti con un gettito inferiore al previsto, ma è bene sottolineare che quello mancante era una rapina ai danni di un sistema produttivo cui s’intima di dare e s’impedisce di avere. Una negazione di diritti che getta una luce losca sui doveri. Il decreto attuativo non complichi le cose, magari paventando che potrebbero esserci abusi e imbrogli. L’amministrazione fiscale ha tanti di quei dati, su cittadini e imprese, che non è ammissibile non sappia subito riconoscere le pretese fondate da quelle fraudolente. E se non ci riesce deve prendersela con i propri dirigenti e dipendenti, non con chi ne subisce le inefficienze.

Tanto sono solari l’ovvietà e la fondatezza di questo emendamento, che i relatori lo hanno fatto proprio. Tale solarità, però, abbaglia per il fatto che si sia dovuta attendere l’iniziativa di un gruppo parlamentare nuovo, a fronte di un problema antico. A nulla sono servite le “sentinelle delle tasse” (come s’è definito il Nuovo centro destra), i cultori del rigore (come si descrivono quelli di Scelta civica), o i predicatori dell’equità (come amano pensarsi quelli del Partito democratico). Tutti seduti al governo, tutti fra i compitatori del decreto, nessuno in grado di cimentarsi con l’ovvio.

Ma le colpe (gravi) non sono solo politiche. Perché questa iniziativa ortottera ha subito avuto ascolto e risalto, anche da parte di un sistema dell’informazione che, invece, è stato omertoso sul caso della Banca d’Italia. Segno che quando non ci si trova in conflitto d’interessi si riesce anche a ragionare e non si sente il bisogno di latrare ai latranti.

L’odierno plauso ai pentastelluti cancella l’orrore per certi loro eloqui esaltati e deprimenti? Niente affatto. Però aiuta a capire che il dialogare civile consente di convenire e dissentire, senza per questo iscriversi alla categorie di adoranti e odianti. E aiuta a vedere che se le parole intollerabili è giusto condannarle, sarà anche bene prendere atto che l’ondata d’indignazione contro il frinire (a cura degli stessi che con quelli volevano fare il governo) è stata alta perché elevato era il bisogno di coprire i propri torti sostanziali con gli altrui torti verbali. Talché è da escludersi possa chiudersi con tonitruanti condanne la partita che ha scardinato la nostra banca centrale. Il tempo curerà di portare a galla i torti, le viltà, le complicità e le quintalate di moralismo senza etica.

Pubblicato da Libero

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