giovedì 30 gennaio 2014

Perché la sinistra è chic e la destra puah? Paolo Pillitteri

 


Ieri su “Il Giornale”, oltre ad un ottimo fondo sulla questione Giustizia del nostro direttore Diaconale, abbiamo letto con gusto, riflettendoci un po’ sopra, un articolo-saggio di un brillante Luigi Mascheroni che non si limita solo a prendere in giro la mainstream gauchista spalmata sui mass media, ma entra in medias res citando personaggi e luoghi (comuni) in cui le azioni e le reazioni degli addetti ai lavori di sinistra si comportano come un gruppo affiatato e scafato pur rimanendo, a ben vedere, nell’eterna, casereccia dimensione dei compagnucci della parrocchietta.

In effetti, e seguendo la riflessione di Mascheroni, uno dei pochi (e vedremo il perché) intellettuali non iscritti alla suddetta mainstream press, gli esempi offerti quotidianamente da quel sistema offensivo-difensivo spiegano tanti perché. Perché, infatti, un capace giornalista come Giovanni Toti - prestato alla politica di Forza Italia - se viene fotografato in tuta con a fianco il Cavaliere suo sponsor diventa automaticamente, per quei furboni della critica progressista, una macchietta, un cretinetti, mentre un altro non meno bravo giornalista come Gad Lerner (nel cui blog, detto inter nos, non mancano intriganti provocazioni) se fotografato in boxer a fianco di Carlo De Benedetti rimane, per antonomasia, l’intellettuale hipster.

È l’identico ragionamento provocatorio, au contraire, che ha suggerito alla bonomia di Paolo Liguori di aggiungere, sempre a proposito di Toti in tuta (bianca) che, se la indossa costui è un impresentabile, mentre Obama in tuta è un genio. E gli esempi continuano, si agganciano al super-medium televisivo nella cui offerta di giudizi incrociati - incrociati esattamente come le partecipazioni a talk, Twitter e blog - è facile rinvenire quella vena di appartenenza-supponenza che l’intellighenzia italiana nutre nei confronti degli altri, dei diversi, della destra. La quale si mostra a volte nella Rete 4, a volte altrove ma sempre e comunque sottoposta a una visione riduttiva, a una critica che è più un pregiudizio che un giudizio.

Mascheroni, implacabilmente, cita il caso della trasmissione di Formigli su “La7” che ha raggiunto, l’altra sera, il 5% ed è stata salutata come un successo; mentre il programma di uno che non è più una new entry ma una riuscita conferma come Paolo Del Debbio, pur avendo raggiunto il 6,5%, è considerato un imbarazzante turista per caso su una rete del Caimano. E così via, passando per le invasioni barbariche, gli otto e mezzo e il resto. Dopodiché e fermo restando gli opportuni appunti di Mascheroni che si aggiungono ai nostri da anni (si parva licet), dobbiamo comunque ragionare sul perché la sinistra, in Italia e soltanto in Italia, è sempre chic e la destra è sempre o quasi puah, impresentabile, imbarazzante.

Senza annoiarvi, dobbiamo per forza citare il lavoro di largo raggio e di lunga lena che dal dopoguerra i nipotini di Gramsci, Togliatti e Berlinguer hanno compiuto conquistando le “cittadelle borghesi” di cultura, arte, scuola, università, ricerca, editoria, giornalismo e, infine, tivù; il medium dove quel lavorio ha acquisito e contraddistinto in Rai, reti, telegiornali, programmi, talk e, in quelle private, l’intera La7 la cui informazione è marchiata indelebilmente da un caposcuola come Enrico Mentana, che non è certamente di destra. E perché? Perché da sempre, dal dopoguerra, da De Gasperi in poi, il centro, per non dire il centrodestra e figuriamoci la destra, non si sono mai occupati degli intellettuali, dell’arte, della cultura, spregiativamente definiti “culturame”.

La destra politica -e lo dice uno che è orgoglioso di essere un socialdemocratico senza tessera - non conosceva fino a una ventina di anni fa neppure Karl Popper, mentre uno dei pochissimi, autentici pensatori di quell’area, il grande filosofo cattolico Del Noce, è sempre rimasto una sorta di mosca bianca. E arriviamo a Berlusconi. La storica indifferenza del Cavaliere per la cultura fa da pendant, nel suo pensiero, con l’idiosincrasia per la parola partito, benché, col tempo, anche le sue televisioni hanno fatto passi in avanti in quell’ambito. Ma siamo ai passetti, Toti in tuta compreso. Perciò, direbbero i due indiscutibili opinion maker radiofonici, Cruciani e Parenzo: di che stiamo parlando?

(l'Opinione)

 

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