martedì 17 febbraio 2009

Stupri e fisco. Davide Giacalone

C’è un filo rosso che lega gli stupri al fisco, quello dell’impotenza e dell’incattivimento sociale. Meno si è capaci di rimediare, più si sollecitano esagerazioni. Circa gli stupri le si spara sempre più grosse: ma sì, lasciamo che la gente metta le mani addosso a questi animali, castriamoli, così volendo tener duro rispetto al dilagare dell’immigrazione clandestina, volendo preservare le nostre specificità culturali, accediamo direttamente alle punizioni corporali, di marca islamica. Alziamo il tiro, lo dice anche il governo: niente arresti domiciliari per gli stupratori. Giusto, bene, in galera, e buttiamo la chiave. Già, ma chi sono, gli stupratori? Di norma, nel mondo civilizzato, sono quelli di cui è stata riconosciuta la colpevolezza, a seguito di un regolare processo. E quelli, anche da noi ed a legislazione vigente, non stanno a casa, ma in carcere. Solo che, piccolo particolare, noi il processo non sappiamo farglielo.
Le condanne, se arrivano, raggiungono persone libere, che magari hanno stuprato altre volte. E non importa un fico secco se la custodia cautelare l’hanno fatta in carcere od a casa, tanto saranno poi liberati. Far funzionare la giustizia, però, richiede riforme serie, risposte dure alle corporazioni, che hanno strarotto l’anima. Non se ne è capaci? Allora si fa credere al popolo irato che inasprendo le pene si otterrà qualche cosa. Falso.
La Cgil vuol aumentare le tasse ai redditi alti. Non sono sindacalisti, piuttosto cimeli della lotta di classe. I redditi alti, oggi, non sono tassati, sono espropriati. I cittadini onesti lasciano al fisco più della metà di quel che guadagnano. Ma che ne sanno, i papaveri sindacali? Campano a spese della collettività, facendo i nababbi scarrozzati, con redditi falsamente bassi. La progressività della tassazione è un principio giusto, oltre che costituzionalizzato, ma le aliquote sono da rapina. Se avessero sale in zucca, questi burocrati della rendita, dovrebbero chiedere meno tasse per tutti, a cominciare dai più disagiati. Il che comporta meno spesa pubblica e riforme serie. Siccome non sanno neanche pensarle, ecco che soffiano sul fuoco dell’invidia sociale.
La congrega degli incapaci sollecita la rabbia collettiva, per indirizzarla contro fantocci ideali. Allevano un mostro, che non sapranno gestire.

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