lunedì 9 marzo 2009

8 marzo. Davide Giacalone

Mimosa per tutte, auguri. C’è poco da festeggiare, però, perché le donne sono la misura di quanto sia arretrato il nostro mercato del lavoro e umiliato il merito. Per metterla in positivo: sul lavoro femminile potrebbe misurarsi la volontà e la capacità di cambiare l’Italia, rendendola più giusta e più ricca. Quel che segue non ha nulla di politicamente corretto.
Le lavoratrici italiane godono di molte protezioni, con il risultato che sono poche. In Europa solo Malta ha una percentuale inferiore di donne al lavoro. Dal punto di vista culturale battiamo i Paesi islamici, ma già perdiamo con l’Africa sub sahariana. Restano forti sperequazioni interne: il nord sarebbe sopra la Spagna, il sud sprofonda. In Francia, per citare un esempio, le lavoratrici hanno meno garanzie, anche per la maternità, ma sono più numerose. Il loro interesse e quello del mercato coincidono: non si deve proteggere “quel” posto di lavoro, ma offrire a chi lo desidera la possibilità di lavorare. Le protezioni che abbiamo adottato si ritorcono contro le donne, ma prima di tutto ne sanciscono la sconfitta culturale, perché presuppongono che la figliolanza sia faccenda loro. Una specie di angelo del focolare in salsa welfare state. Invece si deve investire nel sostegno alle famiglie, con più attenzione ai figli, cui offrire scuole selettive, non depositi.
Poche sono le lavoratrici in posti di comando. Perché, fra l’altro, da noi la relazionecrazia soffoca la meritocrazia, ed i maschi sono, fra loro, più solidali delle femmine, e perché molte lavoratrici si trovano nel settore pubblico, pensando al reddito ed al momento d’uscire. Fra qualche anno avremo, nelle aule di giustizia, i tribunali al femminile e l’avvocatura a tradizionale prevalenza maschile. Non vocazioni contrapposte, ma lavoro protetto contro libera professione. Nelle scuole è già accaduto. Posto che, mediamente, le ragazze escono dagli studi meglio preparate dei ragazzi, dovrebbero essere in prima fila a chiedere di premiare chi sa e sa fare, a parità di diritti e doveri, quindi anche di protezioni.
E’ stupido, invece, difendere il pensionamento anticipato delle statali, perché conferma il peggio di quanto detto, facendo coincidere femminilizzazione con statalizzazione. Prospettiva orrida, che costa a tutti e penalizza le donne.

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