venerdì 4 settembre 2009

Tremonti, giudizio duro da estendere ai media. Daniele Capezzone

Giulio Tremonti è stato molto duro nei giorni scorsi, qualificando come maghi (rectius: come illusionisti) buona parte degli economisti italiani. È davvero difficile dare torto al ministro dell’Economia su un punto di fondo, che illustra l’incompetenza o la scarsa buona fede di tante “analisi”: perché quelli che oggi ci assillano - quando un po’ di luce si rivede finalmente all’orizzonte - per tentare di convincerci che tutto va male e che la ripresa è lontana, non sono stati così bravi da avvisarci uno o due anni fa del possibile arrivo della crisi finanziaria internazionale? Sono fatti così alcuni “esperti”: quando c’era un pericolo reale, lo hanno ignorato o non hanno saputo riconoscerlo; e ora che invece i guai sono forse finalmente alle spalle, continuano a raccontarci che il peggio deve ancora arrivare. Inutili prima, dannosi adesso.

Ma un giudizio così severo va probabilmente esteso anche al sistema dei media, il cui ruolo è stato ed è essenziale nell’amplificare alcune tendenze. Stanchi o soprattutto incapaci di prevedere il futuro, infatti, molti analisti e con loro buona parte del sistema dei media preferiscono “prevedere” il passato. Da parte mia, non si tratta di una battuta o di un esercizio di sarcasmo contro troppi “esperti” o sedicenti tali: è l’amara constatazione di quello che accade ai cittadini, ai lettori dei giornali, agli utenti dell’informazione in genere, i quali sono quotidianamente sottoposti ad una vera e propria valanga di dati, elaborazioni, statistiche, che - per lo più - confondono e stordiscono, anziché informare: eludono le questioni di fondo, non aiutano a capire i reali trend in atto, e - a ben vedere - finiscono inevitabilmente per alimentare un’atmosfera ansiogena. E così, tra un futuro che non si sa davvero anticipare e un passato vivisezionato fino all’inverosimile e senza sintesi efficaci, resta proiettata sul presente - su chi in quel momento legge, ascolta, vede - un’ombra cupa di incertezza, di negatività.

Oppure, un altro esempio. Perché, venendo alla specifica situazione italiana, è così difficile sentire illustrato e ribadito l’elenco dei nostri punti di forza? I punti di debolezza ci vengono masochisticamente ripetuti ogni giorno: debito pubblico elevatissimo, spesa pubblica alta, e così via. Ma, se è giusto avere a mente le cose che dobbiamo correggere, sarebbe altrettanto saggio tenere in considerazione alcune “poste attive” di bilancio che mettono il nostro Paese in una condizione molto migliore di molti altri: abbiamo una grande tenuta della famiglia italiana, che assicura a quasi tutti una prima e naturale rete di protezione e assistenza (eppure, i media vi parleranno solo del “familismo amorale” degli italiani, oppure di un Paese di “mammoni”); abbiamo l’85 per cento degli italiani che sono proprietari della prima casa (e che quindi, in un anno difficile, non hanno avuto affitti da pagare); abbiamo una fortissima tendenza al risparmio, che fa delle nostre famiglie delle buone amministratrici di se stesse (e ci consentono di avere uno dei più bassi livelli pro-capite di debito privato); abbiamo una strepitosa rete di oltre 5 milioni di piccole e piccolissime imprese, che, in tempi di crisi dei castelli di carta della finanza, ci hanno fornito un solido ancoraggio all’economia reale. Perché tutto questo non fa mai notizia?

Un altro aspetto paradossale riguarda più specificamente i dodici mesi appena trascorsi, che certamente non sono stati facili. Eppure, in questo stesso periodo, a ben vedere, circa 14 milioni di italiani (i lavoratori dipendenti) hanno usufruito di dinamiche salariali legate agli anni precedenti, con aumenti del 3-4 per cento, proprio mentre l’inflazione scendeva, e hanno così visto aumentare - sia pure magari di poco - il loro potere d’acquisto. E lo stesso discorso si può riproporre per 16 milioni di pensionati. Morale: pur in un anno difficile per l’economia mondiale, 30 milioni di italiani non hanno subito alcun peggioramento della loro condizione. Non sono certamente diventati più ricchi: ma non si sono neppure ritrovati più poveri. Eppure il sistema dei media, con poche e coraggiose eccezioni, ha cercato di disincentivare i consumi, o di suggerire uno stile di vita più misero ed impaurito.

Fortunatamente, i cittadini sono stati e sono più saggi, e - pur tra spinte e controspinte - hanno continuato ad agire in modo razionale. Anche il Governo ha operato con ragionevolezza: garantendo i risparmi degli italiani; tenendo sotto controllo i conti pubblici (non oso pensare cosa sarebbe successo se, al posto della mai abbastanza elogiata finanziaria triennale, ci fosse stata una legge finanziaria tradizionale, con l’ormai abituale “assalto alla diligenza” in Parlamento); stanziando oltre 9 miliardi per gli ammortizzatori sociali (il decuplo di quanto era stato fatto in precedenza); e ora adottando misure (dagli 8 miliardi garantiti dalla Cassa depositi e Prestiti fino alla moratoria di un anno dei debiti delle aziende) volte a garantire maggiore liquidità al sistema delle imprese. E, non dispiaccia a troppi corvi, l’Italia ce la sta facendo. (il Velino)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

good start