martedì 19 aprile 2011

Il Colle e i magistrati. Roberto Bianchi

Personalmente non mi entusiasmano le prese di posizione che il presidente Napolitano assume con discreta regolarità. L’ultima in ordine di tempo è stata originata, sembrerebbe, dall’iniziativa privata, esageratamente audace e fuori luogo, di un cittadino milanese inquisito ed arrestato prima di essere assolto da ogni accusa: l’assoluzione non gli è bastata a ricostruire il pezzo di vita che l’uomo si è trovato a vedere disintegrata da cinquanta giorni di galera ingiustificati. Se rimangono inaccettabili le parole scritte sui manifesti, quindi, certamente alla luce della vicenda privata del suo estensore possono acquisire un significato nuovo. Un estensore comunque non anonimo che con dei manifesti firmati ha esercitato, in maniera certamente rozza, un diritto di critica costituzionalmente riconosciuto.
La riflessione del Presidente, tuttavia, non si è fermata alla solidarietà all’ordine dei magistrati, ma ha riservato qualcosa di più. Quando ha affermato: «Nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull’amministrazione della giustizia, si sta toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti», appare evidente a chiunque come l’obbiettivo della sua reprimenda siano le parole che il Presidente del Consiglio ha recentemente riservato ad una parte della magistratura.
Evidentemente uno scatto di sensibilità finora sopito. Mi chiedo, infatti, come mai il Presidente così attento nella difesa della magistratura che è un ordine dello Stato non sia stato altrettanto sensibile verso il Presidente del Consiglio, che dello Stato è la quarta carica. Come Presidente del Csm avrebbe potuto dire qualcosa sulle garanzie da riservare a qualsiasi indagato (anche a Silvio Berlusconi), sulla liceità delle intercettazioni telefoniche non autorizzate (anche se si è tentato di scavalcare abilmente la norma sostenendo che si stessero intercettando le persone con cui l’on. Berlusconi chiacchierava al telefono e non lo stesso B.), sulla barbarie di atti d’indagine sbandierati di qua e di là, messi addirittura in rete per chi magari li avesse persi sulla stampa. Su quel tema il silenzio è stato totale , così come sul tema della carcerazione preventiva, una barbarie indegna di uno Stato civile.
Invece, in questa circostanza, le parole ci sono state e ciò che ne emerge indiscutibilmente è un rilievo al solo Silvio Berlusconi: almeno in teoria, infatti, le “contrapposizioni elettorali” non dovrebbero riguardare i magistrati. Non dovrebbero.
Allora è forse legittimo pensare che la presa di posizione del presidente Napolitano, in presenza di quelle “contrapposizioni elettorali” di cui sopra, possano essere interpretate come una presa di posizione su un attore di quelle “contrapposizioni elettorali”. Non so se questa possa essere una prassi del tutto corretta. (the Front Page)

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