venerdì 21 giugno 2013

Il volto della nostra giustizia

di Valter Vecellio
21 giugno 2013
«Le nazioni hanno il volto della propria giustizia», scriveva Albert Camus, su “Combat” del 5 gennaio 1945. Che volto ha il nostro paese? Che volto mostra, da anni, all’Europa e al mondo, l’Italia? Basterebbe fare una semplice operazione d’archivio: prendere le relazioni in occasione dell’apertura dell’Anno Giudiziario dal 2000 a oggi. Cambiano i Procuratori Generali, ma il contenuto delle relazioni, nell’essenza, dicono sempre le stesse cose, denunciano la stessa, grave situazione… «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». La Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha disposto risarcimenti a persone riconosciute vittime di violazioni per 176 milioni di euro. Di questa rispettabile cifra, circa il 70 per cento (120 milioni di euro), sono a carico dell’Italia. Al secondo posto la Turchia, con 23 milioni: e poi la Russia, con 7 milioni di euro. Si tratta di cifre ufficiali contenute nel “Rapporto del Consiglio d'Europa sull'esecuzione delle sentenze della Corte” (Supervision of the execution of judgments and decisions of the European Court of Human Rights. 6th Annual Report of the Committee of Ministers).

Milioni di euro, e ovviamente chi paga è il contribuente. A causa delle sentenze inapplicate il nostro paese è inoltre nel gruppo di testa dei "sorvegliati speciali" dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. I 120 milioni di euro di indennizzo che l’Italia è condannata a pagare sono la cifra più alta mai pagata da uno dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa. L'Italia resta anche nel 2012 lo Stato membro del Consiglio d'Europa con il più alto numero di sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo ancora da eseguire: ben 2.569. Dietro il nostro paese ci sono la Turchia con 1.780 sentenze non eseguite, e la Russia con 1.087. «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». Il “piano” risale al giugno del 2010; poi è stato rivisto e attualizzato nel 2011, dal Comitato di indirizzo e controllo. Si prevedeva la programmazione di risorse per 675 milioni di euro e la conseguente realizzazione di 11 nuovi istituti (secondi padiglioni per complessivi 9.150 posti detentivi).

“Piano”, a quanto pare, abortito, comunque mai partito. Il CIPE ha tagliato i fondi e rimodulato il piano senza valutare l’urgenza che attiene al trattamento penitenziario. Inoltre sono stati eliminati i finanziamenti per la sopravvivenza degli istituti esistenti. Emblematico quanto denuncia la UIL Penitenziari Sicilia: “Nel 2012 la polizia penitenziaria siciliana ha effettuato 18.230 servizi di traduzione per un totale di 45.064 detenuti tradotti per un costo complessivo che si può prefigurare tra i 4 e i 4,5 milioni di euro”. Una movimentazione di carcerati enorme: più di quattro al giorno, domeniche e feste comprese. “Detenuti tradotti per motivi sanitari 7.566, per permessi con scorta 4.595. Le traduzioni con autoveicoli 17.374, quelle per via aerea 606, per via mare 171, pedonali 87.

I detenuti tradotti classificati comuni o a media sicurezza sono stati 30.398, quelli classificati ad Alta Sicurezza 13.739, i detenuti tradotti e sottoposti al 41-bis, 17, i collaboratori di giustizia o loro familiari 117, gli internati 810”. A fronte di questo colossale via-vai, le unità di polizia penitenziaria impiegate in servizi di scorta sono state 77.168: una media di 1,2 unità di polizia penitenziaria per detenuto tradotto. Non solo: circa l’60 per cento degli automezzi destinati alle traduzioni sono fuori uso, un altro 30 per cento è da considerarsi illegale perché privo dei collaudi di affidabilità o perché quei collaudi non sono stati superati: insomma in tutta la regione su 140 mezzi destinati, ne funzionano solo 50. Appunto: «Le nazioni hanno il volto della propria giustizia…». (l'Opinione)

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