venerdì 17 giugno 2011

Mi dispiace, cocchi de mamma, ma Brunetta ha ragione. Aldo Reggiani

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Ora che Brunetta ha detto ai dei fastidiossissimi e beceri “Precari Organizzati” ciò che moltissimi, a destra come a sinistra, pensano, e cioè che sono la parte peggiore del Paese, apriti cielo.
Condanne da tutte le parti, perché i precari italiani sono diventati come i “Disoccupati Organizzati” napoletani, una categoria di Madonne Pellegrine che la demagogia cattocomunista, da Santoro a Ballarò, porta in giro per colpevolizzare l’egoista Società capitalistica di non aver abbastanza a cuore i loro destini. Non se ne può più di gente che ti prende d’assalto e ti piazza le proprie telecamerine in faccia convinta di esser gli inviati di Striscia la Notizia, per poi mandarti su internet a raccogliere sputi e sbertuli da parte di una categoria tra le più socialmente inutili: quella di coloro che si sentono importati perché pubblicano i loro onanistici filmati su YouTube.

D’altronde non a caso Andy Warhol profetò che “La Televisione è quella cosa che renderà tutti (quasi tutti), famosi per quindici minuti”. Figuriamoci Internet.

Ma cosa volete che risponda uno come Brunetta che non ha fatto obiezioni a dare una mano fin da ragazzino e suo padre, ambulante veneziano, mentre studiava e si faceva largo nella vita, a piangenti italiche mamme che gli chiedono cosa possano fare i loro superdotati figlioli, che a petto del loro quoziente intellettivo, secondo le mamme, che Einstein era un minorato mentale, non trovano lavoro?
Esattamente quello che risponderei io: vadano a scaricare frutta e verdura ai mercati generali. Poi da cosa nasce cosa.
Visto che a petto di tanta piangente disoccupazione giovanile, godiamo di più di quattro milioni di immigrati che fanno lavori che i nostri cocchi de mamma si schifano di fare.
E la matematica non è un’opinione.

Chi, come un superintelligente e pozzo infinito di cultura del calibro di Oscar Giannino, si è fatto il culo partendo da condizioni sociali disperate, non può rispondere che la stessa cosa a beceri disoccupati palermitani che durante una trasmissione de “L’Ultimaparola”  battevano i piedini per terra perché non volevano andare a lavorare fuori città.
In una trasmissione successiva Giannino venne insultato e minacciato da un esponente della categoria di tali “disoccupati-precari”.

Perché questi disoccupatosi e precariosi hanno in comune  che sono maleducati e violenti, per il fatto che trasmissioni del cosiddetto “Servizio Pubblico” radiotelevisivo, come quella di Santoro,  li usano come utili idioti (per poi magari togliere loro di brutto il microfono quando si prendono un po' troppo spazio), e hanno loro insegnato che solo facendo un gran casino e insultando riescono ad emergere e, forse, a farsi sentire.
E loro possono dire e fare tutto perché sono “Vittime della Società”.

Beh, mi dispiace, ma  uno come il sottoscritto, che cominciò quindicenne a non solo  sgambettare sui palcoscenici, ma anche a imbottigliar medicamenti veterinari in oscure cantine o a battere a macchina paghe e contributi in grigi uffici di periferia, perché la famiglia stava andando in rovina (anche il mutuo da pagare) per via che il padre di famiglia, ottimo Perito Industriale Edile,  a causa di vecchie ferite e traumi di guerra, cadde malato per alcuni anni  e a differenza degli impiegati pubblici non godeva di stipendio assicurato sempre e comunque;  che a diciassette già guadagnava quanto il genitore, lavorando come un ciuco, in Teatro e altrove,  senza mai lamentarsi e maledire Vita e Società, anzi divertendosi un mondo a fare sempre nuove esperienze, non può che condividere le diagnosi di quelli come Brunetta e Giannino: si mettano un’elica tra le chiappe e si diano da fare.
Altro che gioventù senza un futuro.

Ma “sociologicamente” (ah ah) parlando, la faccenda di questa massa di imbecilli che magari hanno fatto l’università e che, come si è visto durante le ultime becerate studentesche contro la salvifica  Riforma dell’Università della geniale Gelmini, in un comunicato stampa di quattro frasi semplici semplici, sono riusciti ad infilare sei strafalcioni che una volta non sarebbero stati condonati in seconda media,  la dobbiamo a quella penetrazione gramsciana di concetti comunistici nella nostra Società, per cui uno che si è appena diplomato ragioniere, dà per scontato che deve trovare subito un bel posto, magari fisso, e lautamente pagato.
Di tirocinio non si parla più.
Perché lo Stato Mammo ha da garantirti pane, companatico, e oggi anche spinello.
Comunque.
Beh, mi dispiace tanto: io sono d’accordo con quanto diceva un maestro indiano.
“Vivi la tua vita come tu fossi una cascata di scintille”.

Queste becere e spossate masse, non hanno neanche la voglia di metter a frutto il tempo che passano su Internet per inventarsi qualcosa da fare.
Come ha fatto, con molto successo,  la famiglia della bella Kate che recentemente ha impalmato un Principe Azzurro inglese.
Invece abbiamo una razza di segaioli che, sia che lavorino o non lavorino, passano il tempo on-line per insultare e dire cazzate immani, scambiando la libertà di parola per il diritto di dire parole in libertà.
Per poi affollare fino alla sei di mattina  le Colonne di San Lorenzo a Milano o Campo de’ Fiori a Roma.

Un grande filosofo contemporaneo, Marlene Dietrich, osservava che l’umanità è fatta da “confortable and uncofortable persons”.
E che quelle confortevoli fungevano da locomotive.
Mentre le altre si fanno faticosamente trainare come vagoni, cigolando e lamentandosi magari perché la locomotiva va troppo veloce.

Questa società comincia ad esser troppo affollata da vagoni cigolanti e sgarrupati già a vent’anni. (Legno Storto)

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