domenica 11 settembre 2011

Capire Berlusconi. Gianni Pardo

  

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La stampa offre due articoli preziosi per capire il fenomeno Berlusconi. Angelo Panebianco imputa al Cavaliere un difetto caratteriale che è l’opposto di ciò che si è sempre detto in giro. La vulgata ha sempre sostenuto che Berlusconi non ascolta nessuno; che è circondato da una corte di servi sempre pronta a dire di sì; che lo stesso Pdl è un partito senza democrazia interna, dove non si ha diritto di dissentire e si fa solo ciò che dice il Capo. Ora Panebianco - non in  una frase di passaggio, ma in un intero articolo - sostiene ripetutamente e vigorosamente la tesi opposta: il difetto di Berlusconi è quello di non saper comandare.
“Il vero vizio d’origine di questo governo consiste nella incapacità dimostrata da Berlusconi, in questa esperienza di governo, come, del resto, nella precedente (quella del 2001/2006), di imporre una propria egemonia sulla compagine governativa nel suo complesso e, di riflesso, sulla maggioranza”. Dunque egli non comanda né a Palazzo Chigi né nel Pdl. Le stesse esitazioni sul contenuto della manovra nascono dal fatto che non l’ha decisa o imposta lui, ma ha lasciato fare, fino al caos che abbiamo visto. Come se non bastasse, la maggior parte dei provvedimenti, essendo di sapore nettamente socialista, sono stati contrari alle sue idee: “cosa c’entrano quelle cose con Berlusconi, con ciò che lui è, e con l’elettorato che lo ha fin qui seguito? La risposta è facile: nulla, assolutamente nulla. Eppure, è stato proprio il governo Berlusconi a proporle”. Il governo nel suo complesso, dunque, non certo chi ne presiedeva le riunioni. Dov’è dunque finito l’autocrate di Arcore, l’uomo che è sembrato essere, da solo, la causa e l’origine di tutto, quello alla cui volontà si inchinava l’intera Italia, tanto che il suo regime è stato paragonato ad una dittatura morbida?
La colpa è comunque sua: “Berlusconi ha sottovalutato, fin dall’inizio della sua esperienza, il fatto che avrebbe dovuto costruire «anticorpi» in grado di assicurargli una autentica egemonia sul governo”. Fa proprio effetto, dopo anni ed anni di accuse in un senso,  vedere accusare qualcuno del suo assoluto, incompatibile contrario.
Panebianco tuttavia non delira e fornisce a prova della sua tesi il rapporto con Giulio Tremonti. Si sapeva sin dall’inizio che l’amico aveva idee vagamente “socialiste”. Le sue proposte “di sinistra” non sono stupefacenti e la colpa di Berlusconi è presto descritta: “Anziché fare del ministro dell’Economia, come di solito avviene, un proprio collaboratore in materia economica, egli accettò che Tremonti ne diventasse il dominus”; “solo in extremis, sfruttando le pressioni della Banca centrale europea e le sollecitazioni del presidente della Repubblica, Berlusconi sia riuscito a recuperare un certo personale controllo sulla manovra”. E allora bisogna chiedere agli italiani: troppo comando o troppo poco comando? Collaboratori servi o collaboratori riottosi? Berlusconi dittatore o Berlusconi testa di turco?
Il secondo articolo, di Francesco Verderami, si segnala invece perché ci mostra che cosa ha imparato il Cavaliere in materia di politica. Pare che la diplomazia segreta del Terzo Polo e del Pd abbia seriamente proposto a Berlusconi il classico “passo indietro” per formare un nuovo governo senza di lui, pur consentendogli di designare il nuovo Premier. Qualcuno dunque pensa che sia ancora l’uomo del 1994 ed ha dimenticato che Silvio forse è un ingenuo ma non è uno stupido. Ciò che gli si propone l’ha già vissuto nel 1994 e non ha dimenticato né l’inganno di Scalfaro né il distacco di Dini. Chi abdica è spesso tradito da chi gli subentra sul trono.
Ma c’è di più. Lo scopo sarebbe stato quello di consentire la nascita di un nuovo governo “per portare a compimento la legislatura e garantire il traghettamento del Paese verso la «terza Repubblica» con una serie di riforme strutturali sul versante economico e su quello istituzionale”. Una serie di riforme? Ma quali, esattamente? E con quale preciso contenuto? E quale garanzia si potrebbe mai fornire sulla loro realizzazione? E che cos’è la Terza Repubblica se non aria fritta, una rimasticatura di sogni giornalistici?
Un altro specchietto per le allodole è pure la promessa più o meno esplicita che, facendosi da parte, Berlusconi non sarebbe più perseguitato dalla magistratura. In primo luogo la minoranza ha sempre negato che egli sia stato perseguitato, e questa proposta equivale invece ad un riconoscimento del fatto; in secondo luogo la promessa implicherebbe che c’è una parte politica che ha i magistrati al guinzaglio. Ma Berlusconi, che non è completamente rimbecillito, avrebbe detto: “Eppoi comunque non si fermerebbe la caccia all'uomo contro di me da parte della magistratura”.
Questi due articoli ci dicono che Berlusconi è tutt’altro che quel “padrone” che tanti si sono compiaciuti di descrivere: soltanto, non è più quell’ingenuo che era nel 1994.

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