martedì 15 novembre 2011

Il governo tennico. Christian Rocca

Dunque. Dicevano che bastava annunciare le dimissioni di Berlusconi che lo spread sarebbe sceso di almeno cento punti. Quello ha annunciato le dimissioni, ma lo spread non è sceso. Allora hanno detto che Berlusconi faceva finta, in realtà non si voleva dimettere e tramava qualche diavoleria, ecco spiegato perché lo spread non rispondeva agli editoriali di Repubblica. Berlusconi però non faceva finta, l’ha scritto subito il Quirinale e l’ha ribadito il giorno dopo. Eppure Mr. Spread se ne è impipato lo stesso. Allora si è detto che no, non bastavano le dimissioni di Berlusconi, ma la chiave di volta sarebbe stato l’annuncio di Monti, una persona seria, credibile e riconosciuta dai mercati. È arrivato Monti, con loden e trolley (Monti è incolpevole, ma gli articoli sul significato salvifico del loden e del trolley resteranno nella storia del giornalismo italiano e forse anche nordcoreano), ma caspiterina niente, niente di niente, lo spread sempre più su, nonostante qualche frettoloso editorialista avesse già festeggiato i meno 100 punti di spread esattmente come aveva festeggiato Berlusconi alla fine del primo tempo della finale di Coppa dei Campioni, poi persa contro il Liverpool.
No, un attimo, è stata l’ulteriore spiegazione, Monti non ha ancora ricevuto l’incarico, vedrete quando lo ricevera, e poi avete visto che bel loden? L’incarico è arrivato, ma lo spread ha ripreso ad aumentare (in questo momento è a 520, e Repubblica esulta "spread sotto 520", mentre quando era a 300 sembrava l’Apocalisse). Ora è il momento che no, non ci vuole un governo tecnico, ma politico. E allora vai con Monti che non vuole un governo tecnico, ma un governo politico, con i partiti, ma senza i voti popolari, con i voti degli altri (altri pensatori contemporanei direbbero "col culo degli altri"). Intanto lo spread continua a fare come crede. Il nuovo mantra è stato: lo spread sale perché il Pdl mette i bastoni tra le ruote a Monti. Ora invece pare sia il PD. E tutti convinti che lo spread dipenda dai retroscena del bravissimo Francesco Bei.
Seguiranno altre scuse. Incrociamo le dita.
Il punto è che mentre da noi si assicurava che sarebbe bastato l’addio del Cavaliere e l’arrivo del principe azzurro per calmare i mercati e rimettere le cose a posto, tutti i grandi giornali del mondo, finanziari e no, e tutti gli esperti, insigniti o meno del Nobel, dicevano altro: dicevano che Berlusconi non era più credibile come riformatore del sistema economico e produttivo (e peraltro nemmeno l’opposizione), dicevano che l’Italia era solvibile, dicevano che i nostri fondamentali erano a posto, dicevano che il problema interno era la crescita, dicevano che il problema esterno era la Banca Centrale che non difende la moneta, dicevano che per fermare lo spread la Bce avrebbe dovuto fare da prestatore di ultima istanza.
Noi, invece di batterci su cose serie come queste, di fare pressioni sull’Europa e sulla Germania, di chiedere alla Banca centrale di fare il suo dovere di Banca centrale, l’abbiamo buttata in politica, abbiamo indossato la sciarpa e siamo entrati in Curva sud a regolare i conti. Abbiamo scelto di usare la contingenza finanziaria per combattere la battaglia finale per far fuori il Caimano (che, beninteso, si meritava di essere fatto fuori). Abbiamo grottescamente creduto di essere a Piazza Tahrir, nella più grande mistificazione giornalistica dell’ultimo decennio (dopo Calciopoli). (Camillo blog)

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