lunedì 4 gennaio 2010

Con lo scudo fiscale tre entreranno 1,4 miliardi necessari per le riforme. Giuliano Cazzola

E’ veramente difficile da comprendere l’ostilità, un po’ becera, con cui i partiti d’opposizione continuano a criticare lo scudo fiscale anche dopo che a tutti è evidente che l’operazione è riuscita ben oltre le aspettative.

Il rientro di 95 miliardi di euro consentiranno di avere a disposizione 4,7 miliardi di entrate (ovvero un gettito aggiuntivo maggiore di quello preso a riferimento nella legge finanziaria) da destinare – come prevede la legge stessa - alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e pensionati. Ulteriori entrate verranno dalla prima riapertura dello scudo (1° gennaio-28 febbraio 2010, con un’aliquota del 6%): è prevista un’emersione di 10 miliardi a cui corrispondono entrate fiscali per 600 milioni.

Con lo "scudo tre" (dal 1° marzo al 30 aprile, con aliquota del 7%) si ipotizza un’ulteriore emersione di 20 miliardi con ricadute fiscali di 1,4 miliardi.

Questi extragettiti potrebbero andare a sostegno delle imprese e di politiche attive del lavoro. Ovviamente non c’è da fare del trionfalismo: tutti sappiamo che si tratta di ingenti capitali esportati illegalmente. Giulio Tremonti è stato tanto onesto da evocare l’idea di un "male necessario". Ma il successo dell’operazione testimonia che l’intuizione era giusta. In nessun altro modo sarebbe stato possibile recuperare, in meno di un anno, risorse ingenti che serviranno a fornire liquidità alle banche (e quindi alla capitalizzazione delle aziende) e a rimpinguare le casse dell’erario, per finanziare, prioritariamente, quelle riforme che il presidente della Repubblica ha auspicato per il 2010 (a partire dal riordino degli ammortizzatori sociali).

Non è la prima volta che un Governo si è avvalso dello scudo per recuperare risorse senza fare ricorso al prelievo fiscale sui contribuenti onesti. Ma nessuna altra operazione ha mai conseguito il risultato di adesso.

Nel 2001 e nel 2003 (l’aliquota era del 2,5%) - con lo scudo uno e due - emersero 78 miliardi di euro e vi fu un extragettito per lo Stato di 2,4 miliardi. Va da sé che somme tanto ingenti non aspettano che torni al potere una maggioranza di centro destra per uscire dal Paese. Le responsabilità sono sicuramente bipatisan.

Il merito dell’attuale Governo è quello di riuscire a far rientrare questi capitali e non accontentarsi soltanto delle solite prediche contro l’evasione. Fenomeni tanto complessi non si possono contrastare facendo la "faccia feroce", minacciando a vuoto ritorsioni contro gli evasori o imponendo penali tanto poco convenienti da far fallire l’operazione in partenza. Non a caso le risorse recuperate costituiscono l’equivalente di quattro anni di lotta all’evasione. In proposito, occorre tener conto che non è sempre agevole recuperare quanto viene accertato dagli uffici. Ed è bene ricordare che il Governo è impegnato sullo scenario internazionale nel condurre una lotta ai paradisi fiscali.

Senza un’effettiva concertazione di iniziative e di obiettivi (in verità c’era maggiore impegno degli Stati quando ancora infuriava la crisi dei mercati finanziari) è difficile vincere questa battaglia. (l'Occidentale)

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